San Marino. Aborto, Comitato “Uno di noi” si presenta

San Marino. Aborto, Comitato “Uno di noi” si presenta

Comitato “Uno di noi”: “Orgogliosi che nel nostro stato la vita sia difesa fin dal primo momento”

“Siamo preoccupati. L’accoglimento del quesito spingerebbe il paese in una direzione fortemente abortista”

Antonio Fabbri

“Noi siamo orgogliosi che nel nostro paese la vita dell’essere umano sia difesa dal primo momento, non capiamo perché questo principio non possa essere tutelato dall’ordinamento”. Così dal Comitato contrario al referendum sull’aborto, presentatosi ieri, e che già nel nome che si è dato riassume le finalità della propria battaglia: “Uno di noi”.

“Il nostro comitato contrario rispetto a proposta referendaria – dice Marina Corsi, legale rappresentate – vuole dare significato e tutela al soggetto nell’esistenza embrionale e fetale, soggetto che invece è misconosciuto da chi sostiene le tematiche a favore dell’aborto. La donna non deve essere mai lasciata sola – aggiunge – Crediamo in una società inclusiva tale per cui non venga mai posta la madre contro il proprio figlio. Stiamo affrontando una rivoluzione culturale, spesso la donna viene messa contro la propria femminilità e la madre contro il proprio figlio. Noi non vogliamo che questo accada”.

Dal punto di vista tecnico è Antonella Mularoni a spiegare quella che il comitato per il “no” ritiene la pericolosità del quesito. “Siamo particolarmente preoccupati, poiché se il quesito venisse accolto spingerebbe il paese in una direzione fortemente abortista – spiega Antonella Mularoni – Il sostegno a questo referendum, e alla depenalizzazione, viene spesso motivato con il pericolo di vita della donna, argomento contenuto nel quesito, ma che è un aspetto già disciplinato dal nostro ordinamento in forza dell’articolo 42 del codice penale vigente (stato di necessità) che prevede infatti la non punibilità di condotte poste in essere in ragione della necessità di salvare dalla morte o dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. E, dunque, il Giudice, sulla base della certificazione prodotta dal medico, autorizza l’aborto. Per questo quella parte del quesito trova già nell’ordinamento la sua risposta, ma a questo viene agganciato, in modo non casuale, tutto il resto, facendo passare che per il pericolo di vita della donna a San Marino non si possa abortire, mentre così non è. Viene allora previsto che per la malformazione del feto sia permesso alla donna di abortire fino al nono mese. Non accade in nessun altro stato. Nemmeno si parla di “gravi anomalie”, come era nel testo di legge presentato nel 2019, ma semplicemente di “anomalia”. Termine non scientifico nel quale può rientrare tutto e pertanto il testo è stato ulteriormente indebolito, anche rispetto alla proposta di legge del 2019. La stessa cosa si può dire laddove si parla della “salute psicologica” della donna. Qui ci si può fare entrare tutto, fino al nono mese. Noi siamo fortemente preoccupati, perché riteniamo che la vita dell’essere umano vada tutelata dal primo all’ultimo giorno. Il quesito spingerà ad avere un legislazione che si porterà oltre. Tutto questo ci induce a dire a tutti, che questo è un quesito pericoloso”.

“Non vorremmo sentire dire – aggiunge Marina Corsi – che si parla di un grumo di cellule. La scienza ha già definito da anni che la vita inizia da subito. Oggi, con le indagini ecografiche, si ha la certezza che il bimbo sia da subito un essere umano distinto dalla mamma. Alla sesta settimana si vede il suo cuoricino che batte. Inoltre, i progressi della neonatologia consentono al bimbo di sopravvivere anche se partorito a 23 settimane. Se il bimbo viene partorito a 23 settimane viene rianimato, assistito ed intubato. Inoltre, a 23 settimane il 50% dei neonati oggi sopravvive. Queste sono evidenze che non si possono negare, come non si può negare che il bambino, anche se nel grembo della mamma, è un essere umano distinto dalla mamma dal momento del concepimento. Con diritti naturali che non si possono trascurare solo perché fa comodo non considerare il bimbo concepito come un essere umano, una persona”. Significative, poi, le testimonianze.

“Siamo genitori adottivi di uno splendido bimbo di 4 anni – racconta Chiara Benedettini – La nostra scelta è frutto di un “sì” alla vita. La sua mamma naturale ha scelto per la vita, ha dato la possibilità di vivere e di crescere. Quel “sì” detto, ha permesso a noi di diventare genitori. Penso che in cuor suo sia felice perché quel giorno ha deciso per la vita di quel bambino. A prescindere dalla motivazione che possa fare all’aborto, che sia frutto di violenza, anche sessuale, indigenza, difficoltà… ma scegliere per la vita è sempre un valore aggiunto. Non sappiamo che destino avrà quel bambino, ma deve avere la possibilità del suo futuro. Sono orgogliosa del nostro Stato perché tutela la vita dal concepimento fino alla sua naturale fine. Scegliere l’aborto significa portare la morte nel cuore. Scegliere la vita è sempre premiante”.

Altrettanto significativa la Testimonianza di Chiara Notarnicola “La mia presenza qui non è scontata – dice – Se sono qui, lo devo a mia madre e a un medico coraggioso che, anche contro il parere dei suoi colleghi, è riuscito a salvare la mia vita. Mio fratello era nato con una forte disabilità. Successivamente mia sorella Lucia, è nata morta. I medici avevano sconsigliato a mia madre di affrontare una nuova gravidanza. Accaddè, però, che mia madre rimase nuovamente incinta. Il primario le disse: se mia moglie fosse nella sua condizione, la farei abortire. Mia madre non prese in considerazione questa scelta. Eppure il suo coraggio non sarebbe stato sufficiente, se non avesse incontrato un giovane medico che tentò il tutto per tutto e riuscì a trovare il modo di effettuare delle trasfusioni in utero. Per quattro mesi mia madre restò in ospedale, Mentre mio padre restò a casa ad occuparsi di mio fratello. E’ grazie alla tenacia di mia madre e di mio padre che oggi io sono qui. Però purtroppo non tutti i nascituri hanno questa fortuna. Penso che debbano essere tutelati, la vita dei nascituri non vale meno di quella di tutti coloro che sono qua”.

“La vita di un uomo e una donna è relazione – aggiunge Matteo Tamagnini – entrambi vivono con il figlio che attendono. Nel caso di situazioni di maternità difficili, occorre che tutta la comunità, a partire dal padre, se ne faccia carico, per non lasciare la donna sola coi suoi problemi. Occorre introdurre altre norme per la promozione della maternità e della paternità. Un esempio. La donna che aspetta un bimbo, sul lavoro non sempre è tutelata, anzi. La maggior parte delle volte la maternità diventa un limite che viene posto nel lavoro. In questo momento ci interessa, per i motivi esposti, che non passi il referendum. Poi occorrerà un cambio di mentalità”.

Un riferimento anche all’affermazione che sostiene che vi sarebbe ipocrisia nella contrarietà al referendum perché comunque chi non può abortire sul Titano si reca fuori.

“Quanto alle Sammarinesi che decidono di abortire in altri paesi, lo fanno per loro scelta e a loro spese. Non vi è dunque un’ipocrisia nell’ordinamento sammarinese, come vogliono lasciar intendere le sostenitrici del referendum, bensì una scelta deliberata di tutela della vita, dal primo all’ultimo giorno. All’interno del territorio sammarinese l’interruzione volontaria di gravidanza è punita (fatta salva l’ipotesi di pericolo per la vita della madre) e dunque l’interruzione volontaria di gravidanza non si pratica, né autorizzata né clandestina”, afferma il “Comitato uno di noi”.

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