San Marino. Caso Titoli, “si è dimenticato in questo processo che il Paese era in una situazione disastrosa”

San Marino. Caso Titoli, “si è dimenticato in questo processo che il Paese era in una situazione disastrosa”

RASSEGNA STAMPA – Ieri mattina le ultime arringhe degli avvocati difensori. Poi nel pomeriggio
la sentenza

ANTONIO FABBRI –  Ultimi interventi delle difese nel processo 500, quello sul cosiddetto caso Titoli e altre contestazioni, a vario titolo, nei confronti dei 12 imputati. Ieri è stata la volta delle arringhe conclusive degli avvocati di Raffaele Mazzeo, ex capo della vigilanza di Bcsm, di Daniele Guidi ex Direttore e amministratore delegato di BancaCis, e di Roberto Moretti, che ha terminato l’intervento iniziato venerdì scorso. In serata, poi, è arrivata la sentenza.

La difesa Mazzeo Il primo intervento della mattinata di ieri è stato quello dell’avvocato Giuseppe Gerbino, difensore assieme all’avvocato Massimiliano Rosti, di Raffaele Mazzeo. “In questo processo, incentrato su elementi di carattere tecnico del mondo bancario, abbiamo sentito parlare molti profani e pochi imparati”. Ed è sulla scorta di tale considerazione che l’avvocato Gerbino ha criticato il fatto che “in questo processo il profano si è messo in campo ed ha ritenuto di diventare un imparato e questo è diventato la cifra di tale processo.

Leggendo gli atti, soprattutto, in generale ho avuto la sensazione che si sia tentato di fare di finanza e diritto un tanto al chilo. Tutto quanto sostenuto è stato trattato come se si discettasse seduti in un salotto, come se a San Marino si fosse vissuta una situazione comoda e a un certo punto fosse arrivata una banda di delinquenti.

Si è dimenticato in questo processo che il contesto economico-finanziario di questo Paese fosse disastroso, laddove invece addirittura è stato necessario l’intervento del Fondo Monetario Internazionale. Quello di cui discutiamo va dunque calato in una situazione nella quale lo Stato di emergenza per la liquidità dei risparmiatori è il nodo. Il rischio del bail-in era concreto, cioè il rischio che al risparmiatore venisse sottratta la disponibilità del proprio denaro… e questa per un paese normale è una situazione intollerabile.

Quindi la sensazione e che questo nel processo abbia avuto una rilevanza non lucida. Anche le valutazioni di soggetti che hanno responsabilità tecniche, hanno dato risposte iniziando con ‘secondo me’… il ‘secondo me’ in banca e finanza è una aberrazione”, ha detto l’avvocato Gerbino criticando le deposizioni di taluni testimoni.

Il difensore ha quindi ripercorso i mesi di incarico di Mazzeo: “Non arriva qua perché individuato come ‘utile idiota’ per indurlo a cooperare con quella che è questa presunta banda. Non è stato chiamato qui come ‘utile idiota’, ma è chiamato qui perché ha una storia personale di tutto rispetto e assoluto valore. Arriva a San Marino senza conoscere alcuno dei soggetti con i quali si ritrova imputato. Non è il prodotto di questa ‘banda’. Arriva qua e conosce Moretti e Granata inevitabilmente, perché lavorano con lui. Non conosceva Confuorti. La sua nomina nasce solo ed esclusivamente dalle sue competenze e dalla sua storia professionale”.

Poi rigetta tutte le accuse, citando i documenti e le relazioni. “Mazzeo viene accusato di aver celato le criticità di BancaCis, procurando a questa banca i finanziamenti di Bcsm. Tutto questo è smentito dai fatti. Basta leggere i documenti e le relazioni rilasciate al Condir e si capisce che non c’è alcun intendimento di celare, né possibilità di nascondere alcunché. Tutto quello che riguarda le problematiche viene messo a conoscenza. Che BancaCis avesse un problema monumentale di liquidità, non dal momento in cui Guidi fa istanza di finanziamento bensì da tempo, era noto a San Marino pure alle pietre”.

Leggendo le carte l’avvocato ha sottolineato come fosse evidenziato che “al di là delle momentanee esigenze di liquidità” il problema sistemico esisteva. Quindi, dice l’avvocato Gerbino, “non è stato nascosto nulla. Il problema quale era? Che era fallita una banca, un’altra, stava andando a gambe all’aria, Carisp peraltro finanziata nello stesso modo di BancaCis. Se un’altra banca falliva sarebbe stato un problema di sistema. Se fosse fallita anche BancaCis qui sarebbe successo il finimondo. E il Sovig questo diceva”. Rigettate, dunque, tutte le accuse da parte del difensore di Mazzeo.

“Oggi il mio assistito viene a San Marino con la morte nel cuore. Spera invece di ricordare San Marino come posto da sogno quale è, e non come luogo in cui si è perpetrata ai sui danni una profonda ingiustizia”. “Dopo diffusa argomentazione anche in fatto – ha quindi verbalizzato il giudice Vico Valentini al termine dell’arringa – e dopo un’eccezione di inutilizzabilità già proposta in fase preliminare, l’avvocato Gerbino chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste o non lo ha commesso, o in estremo subordine, per difetto difetto elemento soggettivo del reato”.  Si è associato l’avvocato Massimiliano Rosti.

La difesa Guidi Per Daniele Guidi, l’avvocato Fabio Federico, affiancato dall’avvocato Luca Della Balda, ha preso in esame i punti contestati al suo assistito. Prima, però, ha fatto un accenno “alle suggestioni” che non dovrebbero albergare in un processo penale, “ma che hanno attecchito”.

“Questo processo in alcuni momenti a me è parso perdere il principio che gli imputati sono persone, che le pene sono sofferenze e che il giudice vigila perché siano rigorosamente rispettare le regole del gioco senza dimenticare l’equità di giudizio. Mi pare più recentemente di avere visto alcune conclusioni, provenienti dalla parte pubblica, ad esempio il Pf, che per Guidi è arrivato a chiedere il massimo: con il cumulo materiale sarebbero 18 anni. Le pene non sono numeri, ma comunque sofferenze, portato finale del processo penale.

Non è il numero, ma il modo che a me sembra significativo: si parte da una pena base per una contestazione che a Guidi non è stata mai mossa; viene chiesta condanna per dei capi che Guidi non ha in contestazione; il capo 4 riguarda crediti gestiti da Gianatti, autore materiale delle condotte, per il quale è stata chiesta l’assoluzione, mentre per quelle stesse condotte non sue è stata chiesta la condanna di Guidi: una richiesta di responsabilità per fatto altrui”.

Si chiede l’assoluzione di Gianatti per insufficienza di prove circa l’elemento psicologico del reato, “vuole dire – spiega l’avvocato Federico – che mentre Gianatti concedeva dei crediti esorbitando i propri limiti operativi, senza adeguate garanzie e senza merito creditizio, non avrebbe avuto consapevolezza di quello che stava facendo. Eppure Gianatti è la persona che, quando si è seduta davanti ai commissari della legge, ha detto: ho esperienza di incarichi dirigenziali in diverse banche in Italia e a San Marino, lunga esperienza di direzione e vicedirezione generale, competenze nel concedere crediti… e li rinnova senza affidamento? E si dice che deve essere assolto e Guidi deve essere condannato per le sue altrui.

Le sto dicendo queste cose – ha aggiunto l’avvocato Federico rivolgendosi al giudice – non per la logica dello scaricabarile, ma il tema è che in ogni processo se non si parte dagli accadimenti, da come sono andati, la verità a cui sia arriva è una non verità e la conclusione è l’ingiustizia”.

Quando in BancaCis emerse l’irregolarità dei crediti concessi da Gianatti “il Cda deliberò di dare mandato all’amministratore delegato di sottrarre il mandato a Gianatti che venne accompagnato alla porta e il Cda diede mandato all’amministratore di adottare l’unica soluzione possibile: rinegoziare quegli affidamenti sotto l’egida del Collegio sindacale e del Cda”.

I crediti contestati, quindi, furono concessi da Gianatti sottolinea la difesa. “L’unico rimasto da discutere era quello di Promovacanze, che però aveva a garanzia immobili del valore di 15 milioni, come stimano due tribunali italiani. Ma qua si vuol dire che non valgono niente… ma perché?”, chiede l’avvocato Federico. Rigettati anche gli altri capi di imputazione di Guidi, l’interesse privato in atti d’ufficio, che nei confronti di Guidi mancherebbe degli elementi essenziali del reato secondo la difesa; così pure la truffa allo Stato laddove la difesa contesta che vi sia stato qualsiasi raggiro sulle questioni di crisi di liquidità. L’avvocato Federico ha quindi chiesto l’assoluzione.

La difesa Moretti Ha concluso la mattinata di arringhe la difesa di Roberto Moretti, ex direttore di Banca Centrale, che aveva visto venerdì le conclusioni dell’avvocato Gianna Burgagni e ieri ha terminato con l’avvocato Paola Rubini.

“Una imputazione ipertrofica – ha definito il rinvio a giudizio l’avvocato Rubini – I capi d’accusa così come strutturati omettono di qualificare l’elemento oggettivo e soggettivo. Le imputazioni si perdono in rivoli complicatissimi riassunti in atti processuali. Si perde di vista la chiarezza dell’imputazione, si genera confusione e si ostacola l’accertamento del reato.

L’accusa è descritta con dati storici non necessari, c’è il richiamo ad atti di processi in cui Moretti non è coinvolto né direttamente né indirettamente. Narrative al limite dell’inammissibilità rispetto ai dettati della Cedu, che impone che l’imputazione sia formulata in modo chiaro e preciso”. Se questi sono gli elementi di nullità del capo di imputazione evidenziati dall’avvocato Rubini, nel merito ha sottolineato che “Moretti si è trovato in situazioni incardinate quando lui non c’era. Perché in questo processo non se ne è tenuto conto?”

Ha quindi parlato di una “testimonianza col paraocchi della presidente Tomasetti: andare ex post a sindacare ogni decisione, che si pone acritica ora per allora, è una posizione difficile da accettare”.

Quindi aggiunge: “Il periodo storico era dei più gravi. La percezione finale è che a Moretti venne dato un cerino acceso e siccome era l’ultimo della fila, è finito a processo. Ma qui non dobbiamo cedere alle suggestioni, dal punto di vista penale oggettivo, questi fatti non sussistono, neppure dal punto di vista dell’elemento psicologico. La presidente di Bcsm parla di rilievi nelle sue deposizioni, ma qui stiamo parlando di penale… ecco questo è il processo dei rilievi, delle critiche o delle opinioni”, ha detto l’avvocato ritenendo non sussitere le prove a carico del suo assistito e chiedendo l’assoluzione con formula piena e, in subordine, di tenere comunque conto della personalità del suo assistito, dell’età, della sua incensuratezza.

Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente il giorno dopo

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