San Marino. Consiglio Grande e Generale, resoconto seduta del 18 ottobre mattina

San Marino. Consiglio Grande e Generale, resoconto seduta del 18 ottobre mattina

CONSIGLIO GRANDE E GENERALE, SESSIONE 17 – 21 OTTOBRE

-MARTEDI’ 18 OTTOBRE- Seduta della mattina

In mattinata i lavori consiliari ripartono dal comma 6, relativo ai decreti legge e decreti delegati: viene in primis ratificato con 23 voti a favore e 5 contrari il decreto legge n.13 Modifiche alle disposizioni di carattere generale legate all’attuale stato pandemico da COVID-19”. Come spiega il Segretario di Stato per la Sanità, Roberto Ciavatta, il decreto, con un unico articolo, pone fine alla restrizione- per i non vaccinati ‘covid’- “relativa alla possibilità di prestare opera nella Repubblica di San Marino, in struttura pubblica e privata, sia per quanto riguarda il corpo sanitario sia per le badanti, per cui vanno a cadere le misure precedenti”. Il Sds Ciavatta auspica inoltre che “nel breve periodo anche l’Italia voglia seguire questa strada- aggiunge- noi li abbiamo anticipati e abbiamo fatto un provvedimeto assolutamente necessario”.

Segue la ratifica all’unanimità dei decreti successivi: il n. 133 “Rinnovazione delle iscrizioni ipotecarie”; il n.135 “ Proroga delle disposizioni del Decreto Delegato 28 aprile 2022 n. 71 – Riduzione delle aliquote dell’imposta speciale sulle importazioni di benzina, di gasolio e di gas di petrolio liquefatti (GPL) ad uso carburante e conseguente adeguamento dei provvedimenti fiscali di cui al Decreto Delegato 6 agosto 2012 n.114 e sue successive modifiche” ; il decreto n.141 Trasferimento transfrontaliero di denaro contante.
In particolare, sul decreto n.135- provvedimento che proroga la riduzione delle accise sul costo finale di benzina e gasolio al 30 novembre prossimo- si apre un dibattito in cui i consiglieri di opposizione, Nicola Renzi, Rf, e Alessandro Bevitori, Libera, tornano a sollecitare l’Esecutivo per interventi più incisivi contro il caro-energia. “S
tiamo iniziando a scoprire che il tanto sbandierato contratto energetico evidentemente non dà gli effetti sperati o non c’è proprio”, manda a dire Renzi. Mentre Bevitori punta il dito contro la mancanza di ‘un progetto Paese’ e ricorda la possibilità di usare l’Icee, quale strumento per calibrare aiuti e incentivi ed evitare interventi a pioggia. Sollecitato sul rialzo dei costi energetici e delle bollette, il Segretario di Stato per le Finanze, Marco Gatti, prova a spiegarne i motivi: “Nel 2021 avevamo una tariffa ferma da oltre 10 anni e il costo del gas andava a 18 centesimi. Alla fine del 2021 il costo è schizzato, è arrivato a 80- 90-100 centesimi, noi siamo arrivati con l’operazione di Swap a bloccare il prezzo a 43 centesimi, ma a conti fatti da 18 a 43 è quasi tre volte in più.” Eppure la tariffa per i sammarinesi non è triplicata, puntualizza. “C’è stata un’assunzione da parte dell’azienda di alcuni costi, di una parte rispetto le tre volte in più effettive”, chiarisce. “Ci sarebbe piaciuto non aumentare le tariffe- chiosa- ma avrebbe voluto dire far saltare l’azienda”.

L’Aula passa quindi al comma 8, con l’esame in seconda lettura del Pdl Riforma delle norme di disciplina per i dipendenti pubblici”, presentato dalla Segreteria di Stato per gli Affari Interni. Obiettivo della Riforma, come spiega il Sds Elena Tonnini, è quello di “raggiugere un unico procedimento disciplinare rispetto alla situazione attuale, dove esistono due tipi di procedimenti distinti, a seconda del rapporto di lavoro, pubblico impiego o contratto privatistico, che hanno procedimenti diversi (il primo con tempi allungati, l’altro permette di decidere in pochi giorni)”. Così, il nuovo testo “sceglie un unico iter a prescindere dal contratto, per addivenire al risultato del procedimento disciplinare in tempi congrui a tutela del dipendente e dell’amministrazione, cercando il punto di equilibrio tra i due regimi esistenti oggi e cercando di garantire il dipendente pubblico nel contradditorio”. Le novità introdotte riguardano la composizione della Commissione della disciplina, in cui è eliminata la presenza di un magistrato, come da indicazione del Greco. Inoltre “si individua il dirigente quale titolare dell’avvio dell’azione disciplinare, assegnandogli in realtà una maggiore autonomia”, spiega il Sds Tonnini. Infine, viene introdotta la possibilità di licenziare “a causa dell’insufficente rendimento del dipendente, che deve essere protratto per due anni di servizio”.

I lavori della mattina si concludono quando è in corso l’esame dell’articolato del provvedimento, all’articolo 15, esame che riprenderà nel pomeriggio.

Di seguito un estratto degli interventi della mattina al Comma 8.

Comma 8.Progetto di legge “Riforma delle norme di disciplina per i dipendenti pubblici” (presentato dalla Segreteria di Stato per gli Affari Interni) (II lettura) arrivati ad articolo 15.
Riccardo Stefanelli, Pdcs relatore di maggioranza
In data 22 settembre 2022 la Prima Commissione Consiliare Permanente ha preso in esame, in sede referente, il progetto di legge “Riforma delle norme di disciplina per i dipendenti pubblici” assegnato alla suddetta Commissione in occasione dell’esame in prima lettura da parte del Consiglio Grande e Generale nella seduta del 15 giugno 2022. Di seguito si riporta una sintesi dei lavori: in avvio di dibattito generale il Segretario di Stato per gli Affari Interni Elena Tonnini illustra gli aspetti principali del progetto di legge evidenziando le motivazioni che hanno portato alla sua presentazione. In sintesi, come messo poi in evidenza anche dagli interventi di alcuni Commissari dei gruppi di maggioranza, viene evidenziato quanto segue.

Le norme di disciplina dei dipendenti pubblici sono attualmente regolamentate dalla Legge n.106 2009, ma già nella Legge n.188 2011, all’art. 43 era stata prevista una delega per modificare, attraverso decreto delegato, alcune parti che avevano evidenziato delle criticità. La delega tuttavia non è stata finora esercitata. Nel momento in cui all’interno dei gruppi di maggioranza si è iniziato ad esaminare la possibilità di emettere tale decreto delegato, ci si è resi conto che le modifiche, rese necessarie per tenere conto di alcuni rilievi presentati dal Greco e di alcune sentenze del Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme, sarebbero state di portata tale da rendere maggiormente opportuno procedere con un rifacimento dell’intera normativa attraverso un testo di legge completo ed organico, piuttosto che con interventi parziali emanati per decreto.

Ciò ha portato a redigere una prima bozza, poi affinata in seguito ad un ampio e fattivo confronto sia all’interno dei gruppi di maggioranza sia con le organizzazioni sindacali, confronto da cui è scaturito il progetto di legge in discussione che presenta, in sintesi, i seguenti aspetti principali. Il testo cerca di trovare un punto di equilibrio fra due esigenze: disporre di un sistema di regole più efficace, preciso e rapido rispetto a quello attuale e salvaguardare principi di tutela, di difesa e di contraddittorio in ogni fase del procedimento. AI fine di garantire uniformità di trattamento, si è inoltre ritenuto opportuno applicare la presente normativa a tutti i dipendenti del Settore Pubblico Allargato, compresi quindi i dipendenti rientranti nel contratto privatistico.

II progetto di legge si articola in 35 articoli suddivisi in sette Titoli:

nel Titolo Primo sono raccolte le finalità della legge, una riformulazione delle sanzioni disciplinari che vengono meglio precisate sia a livello di individuazione delle fattispecie sia in termini di individuazione della corrispondente sanzione, i termini di prescrizione, i rapporti con il procedimento penale.

II Titolo Secondo tratta della Commissione di Disciplina modificandone la composizione che viene stabilita in forma numericamente paritaria fra rappresentanti nominati dalle organizzazioni sindacali e rappresentanti nominati dal Congresso di Stato scelti, questi ultimi, fra dirigenti della Pa con un’anzianità di dirigenza di almeno tre anni, fra essi il Direttore della Funzione Pubblica a cui viene attribuito il ruolo di Presidente della Commissione. Vengono normate inoltre l’astensione e ricusazione dei Membri della Conlmissione e disposte le funzione e le modalità operative stabilendo, in particolare, che in caso di parità di voti nelle decisioni, prevale quello espresso dal Presidente.

Il Titolo Terzo regola le procedure per l’applicazione delle sanzioni e l’impugnazione dei provvedimenti disciplinari, stabilendo la titolarità dell’azione disciplinare al Dirigente ma con l’obbligo di acquisire parere vincolante del Direttore Ruo per la sanzione della censura oppure di inviare gli atti alla Commissione di Disciplina per sanzioni più gravi. Viene altresì garantita la possibilità di difesa, la salvaguardia del contraddittorio e la possibilità di acquisire testimonianze.

Il Titolo Quarto si occupa delle misure cautelari ridefinendo l’intera materia e prevedendo una disamina caso per caso, escludendo gli automatismi previsti dalle norme attualmente in vigore; è prevista inoltre la possibilità di ricorso al Giudice Amministrativo d’Appello.

Il Titolo Quinto tratta della trasmissione degli atti al Direttore Ruo da parte del Tribunale in caso di procedura penale riguardante un pubblico dipendente.
Nel Titolo Sesto sono raccolte le disposizioni finali garantendo, in particolare, il diritto del dipendente interessato a farsi assistere e rappresentare e ad essere audito durante il procedimento.

Infine il Titolo Settimo detta le disposizioni transitorie e le abrogazioni, stabilendo in particolare, per i procedimenti attualmente in corso, l’applicazione della normativa più favorevole al dipendente nonché le conseguenze delle sanzioni disciplinari ai fini di avanzamenti di carriera.

Durante il dibattito generale è stato espresso da tutte le componenti un giudizio generalmente positivo sul progetto di legge, ritenendolo migliorativo rispetto alle norme in vigore; tuttavia sono emerse divergenze fra maggioranza ed opposIzione sull’art. 13 concernente la composizione della Commissione di Disciplina e la nomina dei sui componenti.
I Commissari di opposizione hanno infatti fortemente criticato il fatto che la nomina dei membri della Commissione sia effettuata dal Congresso di Stato, piuttosto che dal Consiglio Grande e Generale come avvenuto finora. Hanno inoltre contestato la proposta di assegnare la presidenza della Commissione al Direttore della Funzione Pubblica, il cui voto avrebbe valore prevalente in caso di parità, ritenendo necessario invece che il Presidente risulti figura terza fra le parti e sostenendo altresì che, in questo modo, si concentrerebbe un potere eccessivo in capo allo stesso Direttore della Funzione Pubblica. È stato anche contestato dall’opposizione il fatto che i membri designati dal Congresso di Stato siano scelti fra Dirigenti della Pubblica Amministrazione.

Su questo articolo, da parte dei Commissari di maggioranza ed anche del Segretario di Stato Tonnini è stata espressa la disponibilità a trovare ipotesi condivise, precisando che la proposta di modifica deriva da quanto già previsto dall’art. 43 della Legge n.188 2011, che anzi prevedeva una composizione della Commissione di Disciplina ancora più sbilanciata a favore della Dgfp, composizione che si è ritenuto opportuno modificare anche in relazione alle osservazione del Greco. Viene inoltre sottolineato come la presenza del Magistrato quale Presidente della Commissione, previsto dalla Legge n.106 2009, aveva comportato il fatto che i ricorsi presso il Tribunale Amministrativo fossero limitati ad un solo grado di giudizio, mentre il progetto di legge, modificando la figura del Presidente, ora non più Magistrato, ripristina la possibilità di ricorrere usufruendo dei due gradi di giudizio amministrativo ed eventualmente, in caso di sentenze difformi, del terzo grado.

Si è poi passati all’esame dell’articolato e dei relativi emendamenti.
Da parte del Governo sono stati presentati diversi emendamenti, ma solo con carattere tecnico e formale, mentre sono stati presentati due emendamenti sostanziali all’articolo 13: uno da parte del gruppo di Rf soppressivo dell’art. 13 stesso, e due da parte del gruppo di Libera, il primo che ripropone le modalità di nomina e la composizione della Commissione così come previsto dalla Legge n.106 2009, l’altro, in subordine, che si limita a prevede di mantenere la figura del Magistrato quale Presidente della Commissione. Tutti gli articoli vengono approvati con i relativi emendamenti proposti dal governo, senza voti contrari, con solo alcuni voti di astensione da parte di Commissari di minoranza ad eccezione dell’art. 13, di cui si precisa in seguito, nonché degli articoli 29 e 34.

Per quanto riguarda l’art. 13, vista la disponibilità dei Commissari, si è lavorato nel tentativo di elaborare un testo condiviso; obiettivo solo parzialmente raggiunto in quanto, mentre si è ottenuta una condivisione sulle modalità di nomina della Commissione, non si è riusciti ad individuare una figura diversa per ricoprire la funzione di Presidente.

Si è così giunti alla formulazione di un emendamento che conferma, come già previsto attualmente, la competenza del Consiglio Grande e Generale di nominare la Commissione di Disciplina su designazione dei rispettivi membri da parte del Congresso di Stato e delle Organizzazioni Sindacali, restando invariato il resto dell’art. 13.

Tale emendamento è stato sottoscritto dai Commissari dei gruppi di maggioranza e dai Commissari del gruppo Libera i quali, tuttavia, hanno mantenuto la presentazione del loro emendamento relativo alla composizione della Commissione ed alla figura del Presidente, ritirando quello da loro presentato in subordine.

L’emendamento di Libera è stato respinto, mentre è stato approvato quello presentato insieme dalla maggioranza e da Libera. Quindi l’art. 13 è stato approvato, a maggioranza, con l’emendamento accolto.

Terminato l’esame degli articoli e relativi emendamenti si è passati alle dichiarazioni di voto. I gruppi di maggioranza si sono espressi per un voto favorevole all’approvazione del progetto di legge ritenendo che esso rappresenti un miglioramento della normativa riguardante questa delicata materia, raggiungendo un buon equilibrio fra le esigenze delle parti e rendendo più precisa e celere l’intera procedura. I gruppi di opposizione, pur riconoscendo aspetti positivi negli articoli approvati, hanno annunciato un voto di astensione riferendosi in particolare alla questione della Commissione di Disciplina.

L’intero progetto di legge è stato quindi approvato dalla Prima Commissione Permanente con i voti favorevoli dei Commissari di maggioranza presenti (10) e l’astensione dei Commissari di opposizione (5). Infine sono stati designati il Commissario Maria Katia Savoretti come relatore di minoranza ed il Commissario Riccardo Stefanelli conle relatore di maggioranza.

Maria Katia Savoretti, Rf, relatore di minoranza

Il presente progetto di legge è stato depositato dalla Segreteria di Stato per gli Affari Interni, la Funzione Pubblica, gli Affari Istituzionali e i rapporti con le Giunte di Castello in data 6 giugno scorso, è stato poi presentato in questa aula in prima lettura precisamente il 15 giugno ed è stato esaminato in sede referente dalla Commissione Consiliare Permanente, Affari Costituzionali ed Istituzionali; Pubblica Amministrazione il 22 settembre 2022. Il progetto di legge interviene sulle norme di disciplina per i dipendenti pubblici abrogando di fatto la Legge 30 gennaio 1987 n. 16 e la Legge 31 luglio 2009 n.106. Il dibattito che si è svolto in Commissione è stato vivace e intenso, dai banchi dell’opposizione, – che non ha minimamente partecipato al processo di stesura del testo originario, in quanto, come di prassi sulle norme di modifica della Pubblica Amministrazione, non coinvolta -, sono state portate all’attenzione dei Commissari presenti in aula, numerose criticità insite in tale Riforma rispetto alla normativa vigente, considerata più garantista e tutelante delle parti in parola.
Le forze di opposizione hanno valutato attentamente l’intero progetto di legge nella sua nuova formulazione e nonostante nel suo complesso abbiano definito il testo accettabile nella forma, hanno più volte ribadito come sia pericoloso, a prescindere da chi ne ricopra il ruolo, l’assunzione di poteri totali e spropositati in capo alla direzione generale della funzione pubblica, annullando da un lato l’autonomia dei dirigenti, e dall’altro sottomettendo alle proprie decisioni i dirigenti, i funzionari e i dipendenti. Si è altresì evidenziato che, se la volontà è quella di avvicinare il settore pubblico al settore privato, non è questa Riforma lo strumento più adatto e idoneo per attuarlo, contrariamente a quanto invece è stato più volte ribadito dal Segretario di Stato proponente
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La maggioranza da parte sua ha presentato emendamenti all’articolo 1, comma 1, all’articolo 12 comnla 2, lettera a), e comma 5, all’articolo 13, comma 6, all’articolo 14, comma 1, all’articolo 18, comma 1, lettera b), all’articolo 20, comma 2, all’articolo 23, comma 2, all’articolo 32, comma 1, all’articolo 34, comma 1, e all’articolo 35, comma 1, tutti emendamenti formali e non sostanziali allo scopo di rettificare alcune imprecisioni e porre rimedio ad alcune incongruenze. Su tali emendamenti da parte dell’opposizione non c’è stato nulla da eccepire.

La discussione si è invece concentrata sull’articolo 13, comma 1 e comma 2, del progetto di legge “Composizione e tenuta degli atti”, dove sono emersi pareri e visioni contrastanti e proprio su tale articolo sia RF che Libera hanno presentato emendamenti, Repubblica Futura ha depositato un emendamento abrogativo dell’intero articolo, mentre Libera ha depositato un emendamento parzialmente modificativo dei commi 1, 2, e 3 e un emendamento parzialmente modificativo in subordine. L’articolo 14, comma 1 della Legge 2009 n. 106 recitava “La Commissione di Disciplina per i dipendenti dello Stato è nominata dal Consiglio Grande e Generale ed è così composta”. La nuova formulazione dell’articolo 13, comma 1 recita: “La Commissione di Disciplina per i dipendenti dello Stato è composta”.
L’opposizione in questo caso ha da subito contestato il fatto che i membri della Commissione di Disciplina non fossero più nominati dal Consiglio Grande e Generale ma dal Congresso di Stato attribuendo pertanto pieni poteri al Governo in grado di decidere in maniera del tutto autonoma e a propria discrezione chi nominare. Forti critiche poi sono state espresse a seguito della scomparsa, al punto 1, comma 1 del medesimo articolo, tra i membri della Commissione di Disciplina, della figura di un Magistrato del Tribunale con funzioni di Presidente, figura necessaria in quanto garanzia fino ad oggi di trasparenza e d’imparzialità nelle decisioni assunte essendo una figura esterna alla P.A., e invece sostituito completamente con le medesime funzioni dal Direttore della Funzione Pubblica.
Dopo ampio e approfondito dibattito, dal quale sono state accolte alcune delle considerazioni proposte dall’opposizione la maggioranza ha cercato di riformulare l’articolo 13, comma 1, 2, e 3, trovando ampia condivisione da parte del gruppo politico di Libera e non di Repubblica Futura che nonostante abbia ritirato il proprio emendamento abrogativo dell’intero articolo 13, non ha ritenuto soddisfacente la nuova formulazione dei primi tre commi, rispetto ai vari suggerimenti presentati alla maggioranza e pertanto si è astenuta dalla votazione dell’emendamento.
Il gruppo politico di Libera nonostante abbia sottoscritto e votato favorevolmente la nuova forrnulazione dell’articolo 13 non ha ritirato il suo emendamento parzialmente modificato che è stato quindi sottoposto a votazione ed è stato poi bocciato dalla maggioranza. AI termine dell’esame di tutto l’articolato il progetto di legge è stato approvato con voti favorevoli dalla maggioranza e con l’astensione delle forze di opposizione.
Elena Tonnini, Sds per gli Affari Interni
E’ un progetto di vera e propria riforma sulla norma di disciplina dei dipendenti pubblici. C’era la possibilità di intervenire su questo tema con l’applicazione di una delega della legge del 2011 In realtà si è deciso, a seguito dei confronti con sindacati e maggioranza, di procedere con lo strumento del progetto di legge come opportunità di rivedere l’intero impianto normativo e trattare l’argomento in modo organico. Questo evita una certa dispersione normativa. E ha permesso di avviare un confronto fattivo con le organizzazioni sindacali e, con loro, di trovare aspetti migliorativi e di sintesi. Sottolineo i principali obiettivi di questa riforma: attraverso questa legge si riesce finalmente a raggiugere un unico procedimento disciplinare rispetto alla situazione attuale dove esistono due tipi di procedimenti distinti, a seconda del rapporto di lavoro, pubblico impiego o contratto privatistico, che hanno procedimenti diversi (il primo con tempi allungati, l’altro permette di decidere in pochi giorni). Il nuovo testo sceglie un unico iter a prescindere dal contratto, per addivenire al risultato del procedimento disciplinare in tempi congrui a tutela del dipendente e dell’amministrazione, cercando il punto di equilibrio tra i due regimi esistenti oggi e cercando di garantire il dipendente pubblico nel contradditorio. Già nei primi articoli si nota un chiarimento rispetto a chi si applica questa norma, alla quasi totalità del lavoratore alle dipendenze del datore di lavoro pubblico, e va a chiarire da parte di chi si avvia il procedimento disciplinare. In questo caso l’avvio avviene sempre da parte del Dirigente- che acquisisce un ruolo di maggiore autonomia- e viene anche da lui decisa la sanzione, se si tratta di ammonizione e censura. In caso di censura il dirigente è tenuto a sentire il parere del direttore delle Rue, Risorse umane Organizzazione. Se si tratta di sanzioni superiori invece è sempre il dirigente che avvia l’azione ma a decidere è la Commissione di disciplina. Le tempistiche vengono scandite nel titolo 3° del Pdl, ad oggi l’iter è molto lungo ed è la conseguenza della composizione della Commissione di discipina attuale che vede la presenza di un magistrato che la presiede e assume perciò la tempistica tipica dell’udienza in tribunale. E’ stato uno degli elementi maggiormente approfonditi sia dai sindacati sia dalla commissione in Aula, ma il punto principale è stato quello di andare a modificare la composizione della Commissione di disciplina. Attualmente c’è a capo un magistrato, un membro per ogni organizzazione sindacale e tre membri designati dal congresso di Stato e uno dalla Segreteria di Stato Affari interni. Già nel 2011 il Greco avevo incoraggiato le istituzioni ad andare a riformare i meccanismi disciplinari. A fronte di questa valutazione, il governo di allora aveva inserito una delega nell’articolo 43 nella 188 del 2011 che dava l’avvio per realizzare un decreto delegato per riformare la commissione e dava indicazione su come doveva essere formata: in via paritetica da Direzione generale della Funzione pubblica e dai rappresentnati delle organizzazioni sindacali e presieduta dal direttore della Funzine pubblica, eliminando la presenza del magistrato, principio accolto favorevolmente dal Greco. Peccato sia rimasto inattuato fino ad oggi. Il nuovo Pdl non raccoglie solo quelle indicazioni ma va a limitare la presenza della Dgfp a un solo membro che funge da presidente e va integrare con dirigenti pubblici di almeno tre anni di anzianità. E vengono rafforzati tutti i passaggi relativi al conflitto di interesse e la possibilità per i dipendenti di ricusare i membri della commissione. Vengono mantenute le tipologie attuali di sanzione, si va da ammonizione a censura, alla sospensione al licenziamento, ma vengono introdutte importanti novità: individua il dirigente quale titolare dell’avvio dell’azione disciplinare, assegnandogli in realtà una maggiore autonomia. Finora i dirigenti hanno svolto un ruolo di segnalanti, senza alcuna responsabilità, su avvio e applicazione della sanzione disciplinare. In questo caso l’avvio avviene sempre dal dirigente. Altro elemento innovativo consiste nell’introduzione tra le fattispecie del licenziamento della possibilità di licenziare a causa dell’insufficente rendimento del dipendente, che deve essere protratto per due anni di servizio. E’ un elemento innovativo. Sarà oggetto di procedure specifiche che andranno concordate con le organizzazioni sindacali, ma è un elemento che si pone in linea con quello che è già stato individiato per i dirigenti pubblici.
Nicola Renzi, Rf
Possiamo dirci subito che nel campo della gestione della Pa purtroppo noi abbiamo delle idee diametralmente opposte. Siamo ispirati dagli stessi principi, ma come sono messi in pratica non ci può trovare d’accordo. Questo è un tema che riguarda la valutazione anche dell’operato dei dipendenti pubblici, spero possiate essere clementi con me, se faccio un discorso più ampio che fa capire le nostre argomentazioni sulle modifiche recenti. Il presupposto è che noi siamo favorevoli alla valutazione del lavoro svolto dei dipendenti, è un dato fondamentale. Ora l’impostazione data in questa legislatura ha sempre più condensato nella mani della Dgfp (Direzione generale della Funzione pubblica) una miriade di facoltà e di possibilità di azione sulla pubblica amministrazione. A noi non interessa chi pro tempore ricopre una determinata carica, a noi interessa la valutazione generale. Se si vuole creare un organismo valutativo terzo, noi siamo favorevoli, ma non può essere questo concentramento continuo dei poteri che fa il paio con la totale precarizzazione dello svolgimento di un ruolo dirigenziale nella Pa. Questo non significa decidere sull’inamobilità dei dipendenti. Il metodo organizzativo non può essere quello da voi proposto. Dietro lo schermo della valutazione ci può infatti essere quello della ricattabilità dei dirigenti, dei 9° livelli e dei dipendenti, tutti sottomessi al volere della Dgfp, nominata dal congresso di Stato.
Vladimiro Selva, Libera
Non disconosciamo che ci sono aspetti positivi nel provvedimento, ma c’è un elemento cruciale nella composizione della commissione della discipina. Dovevamo trovare forme possibilmente in autonomia in capo all’amministrazione, cercare di definire dirigenti che per anzianità e competenza potessero fare parte di quella commissione. E la convocazione per un determinato procedimento si dovrebbe trovare in modo modo che ci sia terzietà dal governo. La norma non è stata fatta in questi termini e il nostro parere da questo punto di vista non è positivo.
Carlotta Andruccioli, Dml
Una riforma e interventi futuri dovranno prevedere un rafforzamento dei processi di formazione dei dipendenti pubblici, qui previsti solo in parte. Una riforma deve prevedere la responsabilizzazione dei dirigenti e c’è un primo step in questa proposta di legge che introduce una certa autonomia per loro. Sulla valutazione anche io mi pongo il problema. Non può essere chi pone gli obiettivi a valutarli, deve esserci una valutazione esterna, se no ‘ce la si suona e ce la si canta’, ma è apprezzabile l’aspetto di responsabilizzazione dei dirigenti. Noi come istituzioni dobiamo portare avanti il cambiamento e farci portavoce di nuova mentalità, del principio che ‘nessuno è intoccabile’, su questo ci sono dei passi avanti. Qualche perplessità resta invece sulla commisione.
Giuseppe Maria Morganti, Libera
Avremmo preferito che la commissione avesse una conformazione ‘terza’, invece è una replica delle professionalità della Dirigenza pubblica, ed essendo colui che è autorizzato ad avviare procedimenti disciplinari ed essendo quello chiamato a giudicarli, si manifesta un conflitto di interesse evidente e siamo assolutamente contrari. Una commissione che deve esaminare una questione relativa alla vita di un dipendente deve avere carattere di terzietà che purtroppo questa commissione non ha più. Ciò nonostante riconosciamo alcuni elementi di positività nel pdl che ci ha portato all’astensione in commissione.
Alberto Giordano Spagni Reffi, Rete
Questo Pdl è un passo importante percè porta a una Pa che tenta di essere più efficiente e al servizio della cittadinaza e in questo caso, per certi versi, si avvicina più al settore privatistico. Concordo e credo anche io non si possa parlare mai di una pubblica amministrazione ‘privatizzata’ per le normative, ha funzione diversa, non di fare profitto, ma di elargire servizi ai cittadini, per cui è comunque giusto che abbia regole differenti per i suoi dipendenti. E in questo caso si parla di disciplina, in questo caso vede un avvicinarsi al privatistico, ove qualcuno commetta un errore si introduce una procedura migliore di irrogazione della sanzione e viene tolto il magistrato che c’era prima ed è un elemento positivo. Non è corretto che da subito sia presente un magistrato che non afferisce alla Pa. Il compito di un magistrato è piuttosto quando la sanzione viene traslata e il dipendente vuole ricorrere contro nelle sedi preposte. Allora il dipendente si reca in tribunale e nelle forme del ricorso si avranno due gradi di giustizio. E’ un iter più garantista. Nel complesso è una norma necessaria alla luce del riferimento del Greco ed è un ottimo passo avanti nella Pa. Anche grazie a un buon lavoro avvenuto in commissione, in cui si è potuto analizzare il testo di legge e approvare emendamenti migliorativi, si è arrivati quindi a questa legge che darà un contributo fattivo alla Pa.
Mirco Dolcini, Dml
Oggi con questo testo viene introdotto il licenziamento per insufficente rendimento del dipendente in due anni, si viene così a creare un circolo virtuoso. Un dirigente ha bisogno che gli obiettivi siano raggiunti e lo può fare con dipendenti competenti ed efficienti. Nel momento in cui si ritrova con dipendenti che non lo sono, potrà licenziarli. Si vuole creare un metodo di meritocrazia e lavoro di squadra tra dirigente e dipendente. Il risultato va di pari passo all’asticella messa per quel che riguarda gli obiettivi dei dirigenti e il rendimento dei dipendenti, sarà poi l’utenza finale a valutare il lavoro della Pa.
Paolo Rondelli, Rete
Finalmente abbiamo una proposta di legge organica che stabilisce un unico codice per varie tipologie contrattualistiche o di posizione nella Pa. Nel corso degli anni mi sono ritrovato a gestire vari provvedimenti disciplinari, dall’ammonizione al licenziamento, per dipendenti e mi sono dovuto sempre districare come dirigente tra diverse tipologie di legge. Finalmente questo testo costituisce un codice unico per varie tipologie di rapporto di lavoro nel settore pubblico allargato e si applica trasversalmente. E’ strumento di certezza e garanzia, sia per il contesto pubblico e poi per le persone coinvolte. Cito ad esempio un caso: due colleghe che hanno fatto ‘baruffa’ sul posto di lavoro, avendo due regimi disciplinari diversi, hanno avuto sanzioni diverse, una ha avuto la sospensione dal lavoro di un mese, l’altra se l’è cavata con un richiamo leggero, per la medesima istruttoria, non per situazioni diverse.
Non dobbiamo avere paura se finalmente c’è una responsabilizzazione dei ruoli. C’è una presidenza di cui tanti hanno paura, ma chi gestisce il personale deve avere cognizione di causa di come i dipendenti vanno trattati. Bene definire una presidenza in capo alla Direzione generale della funzione pubblica che deve gestire i dipendenti. Poi vengono dati incarichi chiari a chi deve avviare provvedimenti disciplinari che devono avere durata precisa. I singoli dipendenti, qualsiasi sia il loro ruolo, devono rispondere dei loro comportamenti e i dirigenti degli uffici devono andare a circoscriverli. Il ruolo della controparte sindacale non viene meno, tutto ci porta a un maggiore avvicinamento della Pa- fermo restando l’apparato burocratico e garantista del settore pubblico- a una struttura di mentalità privatistica.
Marica Montemaggi, Libera
I lavori in Commissione hanno visto un aspetto propositivo che abbiamo voluto rimarcare come gruppo. La normativa in sé ha alcuni aspetti positivi, ma è difficile parlare di riforma, si concentra su un aspetto disciplinare dei dipendenti pubblici. Non dobbiamo perdere di vista quella che è la migliore applicazione di un provvedimento disciplinare. Sulla commissione di disciplina abbiamo una visione diversa, deve rimanere terza per garantire trasparenza e imparzialità, così non è, i nostri emendamenit in commissione andavano in tal senso, mantenendo la figura del magistrato. Cosa rispetto cui non c’è stato alcun avvicinamento. C’è stato qualche aggiustamento nella nomina dei membri che avviene in consiglio, ma la designazione avviene comunque in congresso di Stato.

 

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