San Marino dichiara guerra a 3200 aziende “fasulle”. Gerardo Adinolfi. Il Fatto Quotidiano

San Marino dichiara guerra a 3200 aziende “fasulle”. Gerardo Adinolfi. Il Fatto Quotidiano

Il Fatto Quotidiano

 

San Marino dichiara
guerra  a 3200 aziende “fasulle”

Gerardo
Adinolfi

 

A San Marino sarebbero da chiudere 3200 aziende“. A lanciare l’allarme è Marco Arzilli, segretario di stato all’Industria della Repubblica.
“Tremiladuecento imprese, spiega Arzilli “ che sono senza dipendenti”.

In sostanza scatole vuote, registrate solo per assicurarsi sgravi fiscali.
“Quello delle aziende senza dipendenti non è un’anomalia per San Marino”, ha affermato Carlo Giorgi, segretario generale dell’Associazione
nazionale dell’industria sammarinese
, “ci sono immobiliari,
piccoli artigiani o holding trasformate in srl, con i titolari neanche in busta
paga”. Sono società legali, assicura Giorgi  ”ma 3200 è un numero molto
elevato e bisogna fare chiarezza”.

Fare chiarezza vuol dire chiudere le aziende fantasma. Attraverso controlli
sistematici per adesso sono state chiuse 54 società. Tra queste anche una
presente a San Marino da 12 anni, e che, pur essendo senza dipendenti, aveva un
giro di esportazione verso l’Italia di 80
milioni di euro
. “Una tale cifra è impossibile da raggiungere
senza avere una struttura forte alle spalle”, dice Giorgi, “aziende del genere
vanno chiuse immediatamente perché danneggiano lo Stato e l’economia legale”.

Riciclaggio, denaro sporco, criminalità
organizzata.
Il piccolo Stato a confine con la provincia di
Rimini “ha fatto per anni da collante per la criminalità organizzata perché per
anni non c’è stato alcun controllo sul denaro in entrata”, dice Paolo Giovagnoli, procuratore capo di Rimini.

Dal 2009 al 2011, secondo i dati forniti dal commissionario della legge della Repubblica
di San Marino, Rita Vannucci,
ci sono stati oltre 10 milioni di euro sequestrati dalla magistratura
nell’ambito di indagini sul riciclaggio di denaro sporco. Un paradiso fiscale
per le mafie che cercano di introdursi nel tessuto economico riminese e trovano
in San Marino il luogo ideale per riciclare denaro. “Fino al 2008 la struttura
normativa che avrebbe dovuto regolare il sistema bancario era inesistente”,
dice il magistrato. Qualcosa è cambiato quando gli organismi internazionali
hanno chiesto a San Marino di potenziare i controlli sul denaro in entrata ed
in uscita sgretolando parzialmente il segreto bancario.

“Negli ultimi 3 anni si sono avute diverse segnalazioni dall’Aif”, spiega
Vannucci,  ”e solo negli ultimi 3 mesi sono state emesse 3 ordinanze di
rinvio a giudizio. Una riguardante un malavitoso, in carcere all’estero per
traffico di stupefacenti, i cui familiari avevano ottenuto un mandato
fiduciario per trasferire 1 milione di euro su un conto del Titano. Altre per
due casalinghe che avevano aperto “conti dove erano confluiti somme ingenti di
denaro, provenienti da attività illecite”.

“San Marino deve diventare un posto dove non è vantaggioso portare i soldi
della criminalità”, dice Giovagnoli. “Lo strumento migliore per combattere le mafie
è attaccare i patrimoni mafiosi”, ha affermato il procuratore di Bologna Roberto Alfonso. E proprio a
San Marino, mentre nel 2008 non sono state effettuate confische, nel 2009 sono
stati confiscati 1 milione di euro di beni, nel 2010 6 milioni per effetto di
rogatorie e 2 milioni e 180 mila euro per indagini interne. Nel 2011, in pochi
mesi sono già pari a 826 mila euro per rogatorie e a 1 milione e mezzo per
indagini interne i beni confiscati”.

Uno dei clan che hanno insidiato il territorio sammarinese e quello riminese è
la famiglia dei Vallefuoco,
originario di San Antimo e Afragola in provincia di Napoli. I Vallefuoco,
presenza nuova anche nella Riviera romagnola, sono stati coinvolti in un giro
di estorsioni e usura nel riminese e, prima di essere fermati dall’operazione
Vulcano, stavano tentando di allargarsi a San Marino dove avrebbero voluto
acquistare la finanziaria Fincapital.

Ma i Vallefuoco a San Marino sono conosciuti anche per un forno, che per un
intero anno, il 2009, ha rifornito tutte le mense della Repubblica. I
proprietari del forno, Giuseppe e Angelo
Vallefuoco
, non sono coinvolti ufficialmente nelle indagini
della Dda di Bologna, ma le vicende a loro legate sono sono ancora sotto la
lente d’ingrandimento della magistratura. Il 16 novembre 2009 hanno
improvvisamente  chiuso l’attività e rinunciato a nuovo appalto. Ma fino a
quel giorno non s’ è mai capito come l’azienda, con un solo dipendente, abbia
potuto vincere appalti per rifornire tutte le mense delle scuole di San Marino.
Inoltre erano diventati fornitori della Camst,
ditta che rifornisce le mense per la provincia di Bologna, e della reggiana Cir Food, che dopo aver saputo
dell’inchiesta hanno preso le distanze dall’impresa dei fratelli Vallefuoco.

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