Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: “Verga
omnes”
Fino a poco tempo fa i lavoratori dell’industria, che sono quelli in numero maggiore nel paese, non avevano un contratto. Anzi, ce l’avevano, ma scaduto da un pezzo. Ora, giusto per non farsi mancare niente, ne hanno addirittura due. E siccome il troppo stroppia, deve intervenire la legge perché in altri ambiti viene meno il buon senso. Sia chiaro, non è che la legge abbia sempre per definizione più buon senso di chi ne difetta, ma semplicemente a un certo punto, per schiantarla, qualcuno deve pur decidere. Così, come in una sorta di imbuto comunitario dove percolano problemi da delegare ad altri perché non ci sono le capacità o volontà per risolverli da soli, il mos partium et factionum che caratterizza l’indole clanistica di San Marino si riversa a palazzo di giustizia. Questo costume di parti e fazioni che pur essendo sintomo di pluralismo democratico è però capace di far serpeggiare il malessere nelle comunità, pervade ogni ambito.
Allora se per principio, ma molto più spesso accade per attriti personali, non mi va bene l’associazione, il partito, il sindacato al quale appartengo, me ne vado e ne fondo un altro. Il problema in senso opposto è lo stesso: se non ti va bene quello che propone la linea dominante, che non sempre e non necessariamente è quella maggioritaria, sei libero di andartene e farti la tua associazione. Il risultato sta sotto gli occhi di tutti. Undici liste alle elezioni, tre sindacati, cinque associazioni di categoria, fazioni nella gendarmeria, fazioni in polizia civile, fazioni nella tv di stato, fazioni in consiglio, fazioni nello stesso partito. Fazioni negli uffici. Fazioni tra avvocati, tra medici, tra giornalisti e qualche fazioncina c’è pure in tribunale.
L’emblema delle divisioni è quanto sta accadendo pure nella formazione del nuovo governo. Anche qui è necessario l’erga omnes, cioè una soluzione che valga per tutti ma, soprattutto, che vada bene a tutti. Però se nell’ambito del diritto del lavoro quando le parti non si accordano l’ultima parola la dice, piaccia o non piaccia, il giudice, in ambito politico gli equilibri se li sono dovuti cercare da soli, in un tira e molla che finalmente arriva al termine. E meno male, perché francamente la pantomima sulla squadra di governo è durata un po’ troppo. Anche considerato che una mediazione iniziale poteva essere comprensibile, 18 giorni dalle elezioni per una squadra che doveva essere già bell’e pronta da tempo, non sono per niente pochi. (…)
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