San Marino. “Fantasticata onnipotenza”, editoriale di Antonio Fabbri

San Marino. “Fantasticata onnipotenza”, editoriale di Antonio Fabbri

L’ultimo comunicato di Rete è l’emblema di cosa siano andati a testimoniare in tribunale Ciavatta e la  Tonnini:

semplicemente le loro congetture per fare fuori giornalisti e magistrati, puntellando di fatto la denuncia di Gabriele Gatti. Bisogna dire che son bravi a inventarsi collegamenti inesistenti

Antonio Fabbri

Ma sono ancora più bravi a convincersi che siano veri e a darla a bere ai loro superficiali adepti… e pure ai più boccaloni degli altri partiti. Loro credono, nel fantasticato delirio di onnipotenza e di immacolata concezione di se stessi che li pervade, che chi non è con loro, chi li contesta, chi mette in evidenza le loro contraddizioni, chi li critica, chi è coerente con la propria linea – perché loro non lo sono mica! – abbia per forza un germe di sporca illegalità, perché l’autoproclamata natura divina di Rete non è in discussione. I loro dogmi sono tre. (…)

Primo dogma: Ciavatta è nella mandorla, onnipotente e onnisciente signore, e qualunque cosa venga detta su di lui deve essere usata dagli alfieri contro chi la proferisce.

Secondo dogma: Unica depositaria della verità è Rete e solo Rete, con il suo sacerdote Ciavatta e il cerchio magico adorante. Quindi chi li denuncia perché insultano, minacciano, dicono e scrivono cose false, non può che essere un delinquente e marrano da abbattere. Ancora di più, per loro, è delinquente chi esercita l’azione penale obbligatoria e li rinvia a giudizio perché son stati denunciati. Ovviamente anche chi non li denuncia e, prove alla mano, attesta che dicono falsità, va eliminato e le prove annientate con la propaganda, preferibilmente denigratoria e canzonatoria.

Terzo dogma: il terzo pilastro della vulgata retina è il sano vittimismo del perseguitato. “Fanno così perché di noi hanno paura”; “dossieraggio”; “ci querelano”; “ci intimidiscono”; “sono delinquenti”; “ma noi non abbiamo paura”… e invece paura ce l’hanno, eccome. Hanno paura della verità, perché nel merito non rispondono mai. Nel merito non criticano mai. Nel merito non smentiscono mai. Screditano, punto. Non dicono: “Ciò che è stato detto non è vero per questo motivo”. No. Dicono: “E’ stato detto questo perché chi lo sostiene  è…” beh, qui la gamma è lunga: prezzolato, corrotto, pagato, schiavo, servo, prono, piegato…

Poi, rigorosamente, non provano con i fatti ciò che dicono, ma ammonticchiano una serie di collegamenti, fasulli, che loro si convincono essere la prova regina delle loro panzane e della sporcizia di tutti gli altri. Ecco che allora parte il sistematico annientamento delle persone sulla base di falsità che, attenzione attenzione, fanno circolare subdolamente di bocca in bocca, prima di tutto fra gli adepti che vengono mandati in giro on-line e per il Paese a spargere il verbo. Quando le falsità sono minimamente digerite, scatta il comunicato e, se del caso, il riversamento delle illazioni in atti giudiziari. Il che fa capire molto bene chi ha lavorato per scardinare la giustizia per poi sostenere che occorra metterci mano.

La pericolosità di Rete per la Democrazia, sta qui: la loro autoproclamazione come esseri superiori. Adesso hanno messo la pelle dell’agnello e il vestito buono: Ciavatta urla di meno e usa una dizione con una “esse” più suadente in televisione. Però nel loro agire c’è il sistematico annientamento di tutti quelli che ritengono siano loro ostili. Il relativismo e il sincretismo vengono predicati solo come parvenza di inclusività. Ma alle fondamenta c’è un manicheismo del “o con noi, o traditore” che poggia su premesse false e falsificate, funzionali all’accentramento del potere nelle mani di pochi che apparentemente condividono, sì, informazioni, ma in una versione spesso artefatta e mirata alla distorsione della realtà in senso funzionale al disegno di potere (questa frase gli altri retini se la facciano spiegare da Ciavatta, che lui ha fatto filosofia).

In sostanza, danno ad intendere con costrutti fasulli la versione che fa loro più comodo. Sulla base di questa “asfaltano” – come dice il fido Zeppa – gli altri. E quel che è peggio, piegano al loro volere e destrutturano le istituzioni, che non rispettano proprio per niente. La base dell’autoritarismo pare già nel Dna di Rete, per come è organizzata, si travasa nel loro agire pubblico, che nella migliore delle ipotesi deride e bullizza chi non la pensa come loro, mentre può arrivare a giustificare le peggiori nefandezze di chi è con loro.

Nell’ ultimo comunicato di Rete – ma gli altri non sono tanto meglio – ogni tre frasi circa ce n’è una falsa e una che è un collegamento inventato. Non c’è molto altro da aggiungere, perché il fatto che siano sostenuti strenuamente anche da condannati per riciclaggio e millantatori, dice già abbastanza.  

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