San Marino. Giovagnoli (PSD): “Legge elettorale, un’esigenza non rinviabile per la nostra politica”

San Marino. Giovagnoli (PSD): “Legge elettorale, un’esigenza non rinviabile per la nostra politica”

“Tra le riforme istituzionali importanti che dovranno essere affrontate nella prossima legislatura, quella della legge elettorale è improcrastinabile. Non è all’apparenza una esigenza del paese, ma lo è dal punto di vista democratico e della qualità della politica”.

Lo afferma il Segretario del PDS, Gerardo Giovanoli.

Per Giovagnoli “l’attuale di legge, frutto di contraddittorie riforme, incomprensibile ai più perché inutilmente complicata, prevede una serie di passaggi che, inevitabilmente conducono a tatticismi esasperati ed alimentano la conflittualità politica.

La settimana scorsa ogni coalizione o lista ha infatti dovuto pensare a chi escludere dal dialogo per la formazione del governo dopo le elezioni: la coalizione o lista che ha preso più voti dovrà cercare di mettere assieme tante forze politiche al fine di arrivare a 35 seggi, ma solo con quelle indicate nel modulo consegnato al più tardi sabato scorso”.

Aggiunge Giovagnoli: “Il primo problema da segnalare è quello dell’ostacolo frapposto ad uno dei primi doveri della politica che è quello del dialogo: la possibilità di confrontarsi, di dialogare tra le forze politiche, tutte, che dovrebbe essere favorito, non impedito. Con l’attuale legge invece, per motivi in sostanza meramente tattici ed elettoralistici, pur di ottenere qualche voto in più, si sceglie di escludere (o no) qualche forza politica.

Il nostro è un sistema sostanzialmente proporzionale, con tante forze politiche, tutte a questo punto sono state al governo, proponendo quasi tutti gli incroci possibili: è chiaro che affermare di non potersi alleare con qualche forza politica vuol dire semplicemente tentare di riacquistare una “verginità” politica o innescare battaglie in campagna elettorale di contrapposizione, utili al voto, poco al Paese.

Non dovrebbe essere questo il senso dell’identità politica e della necessaria formazione delle alleanze di governo, visto che nessuna forza politica arriva, nemmeno lontanamente, al 50% dei voti.

Peraltro, se le condizioni politiche e la strettoia determinata da questa dichiarazione di affinità anticipata, non permettessero di arrivare al fatidico numero di 35 parlamentari di maggioranza (sia conferito il mandato alla prima coalizione o lista, sia alla seconda), si andrebbe al ballottaggio tra queste due”.

Conclude Giovagnoli: “Questo è il secondo problema: uno scempio democratico, che se succedesse mi sentirei di denunciarlo al Consiglio d’Europa, perché determinerebbe un Consiglio Grande e Generale totalmente diverso da quello votato al primo turno. È già successo nel 2016, la coalizione vincente al secondo turno, quella che arrivò seconda al primo turno, passò da 20 seggi a 35; quei 15 di differenza furono tolti alla opposizione. In nessuna parte del mondo funziona così: se un premio di maggioranza è legittimo che ci sia, non lo è invece il fatto che i tanti parlamentari attribuiti in più siano a scapito della opposizione, nel caso si devono cambiare i numeri del parlamento, non debilitare la minoranza.

È necessario tornare ad una legge elettorale pienamente proporzionale, adatta ad un sistema inevitabilmente multipolare come il nostro, giacché non c’è modo di forzare con la legge un sistema bipolare, tant’è che il tentativo fatto con il sistema elettorale del 2007 ha dato l’esito opposto a quello sperato (più travasi di parlamentari, più partiti divisi di quelli uniti, nessuna coalizione riconfermata alle elezioni seguenti).

Si tolga il premio di maggioranza, sparisca di conseguenza la cervellotica dichiarazione di affinità post elettorale, salti l’immondo ballottaggio, e si rimetta al centro dell’attenzione la capacità di dialogare politicamente e di confrontare i programmi, se ciò avviene anche tra forze politiche lontane, non è un problema democratico, semmai il contrario, è la capacità, o almeno il tentativo, di trovare sintesi per un fine superiore di bene comune.”

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