L’Informazione di San Marino: Frodi carosello, tempi duri per i Furbetti. scatta la
presunzione di colpevolezza per tutti i soggetti implicati / Recente sentenza della cassazione stabilisce che il famoso meccanismo evasivo dell’iva, tanto noto anche sul Titano,
presuppone la piena conoscenza e partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, compreso quello finale anche se in regola
La Corte di cassazione ritiene
fondato il ricorso, affermando
che le frodi carosello possono essere contestate dall’Amministrazione finanziaria per il recupero
dell’Iva indebitamente detratta
anche dando prova dei fatti mediante presunzioni semplici. A
tal fine, l’assenza di magazzino
del fornitore e la non coincidenza della data delle fatture, emesse
antecedentemente alla consegna
della merce, sono sufficienti a
fondare la validità dell’atto impositivo.
La sezione tributaria ha, così,
statuito l’indetraibilità dell’Iva
qualora le attività di acquisto e rivendita, oggetto degli atti impositivi, siano rivelatrici di una frode
carosello.
Al riguardo, si deve intendere che in base all’articolo 19 del
Dpr 633/1972, non correttamente applicato dalla Commissione
regionale, relativamente all’acquisto – apparentemente effettivo, contabilmente e fiscalmente
regolare – compiuto da un’impresa, ultima beneficiaria di una
filiera di società, appositamente
costituita per “regolarizzare” una
serie di operazioni in evasione o
elusione dell’Iva (un acquisto che
realizza esso stesso la comune
intenzione fraudolenta dell’intero meccanismo, creato proprio
in vista di questo risultato), l’Iva
non è detraibile dal beneficiario
finale dell’intero apparato fraudolento, anche se le fatture e l’intera documentazione contabile
relative alle operazioni commerciali dallo stesso effettivamente
compiute sembrano perfettamente regolari (cfr Cassazione,
sentenze 4306/2010, 9107/2012 e
10167/2012). (…)
fondato il ricorso, affermando
che le frodi carosello possono essere contestate dall’Amministrazione finanziaria per il recupero
dell’Iva indebitamente detratta
anche dando prova dei fatti mediante presunzioni semplici. A
tal fine, l’assenza di magazzino
del fornitore e la non coincidenza della data delle fatture, emesse
antecedentemente alla consegna
della merce, sono sufficienti a
fondare la validità dell’atto impositivo.
La sezione tributaria ha, così,
statuito l’indetraibilità dell’Iva
qualora le attività di acquisto e rivendita, oggetto degli atti impositivi, siano rivelatrici di una frode
carosello.
Al riguardo, si deve intendere che in base all’articolo 19 del
Dpr 633/1972, non correttamente applicato dalla Commissione
regionale, relativamente all’acquisto – apparentemente effettivo, contabilmente e fiscalmente
regolare – compiuto da un’impresa, ultima beneficiaria di una
filiera di società, appositamente
costituita per “regolarizzare” una
serie di operazioni in evasione o
elusione dell’Iva (un acquisto che
realizza esso stesso la comune
intenzione fraudolenta dell’intero meccanismo, creato proprio
in vista di questo risultato), l’Iva
non è detraibile dal beneficiario
finale dell’intero apparato fraudolento, anche se le fatture e l’intera documentazione contabile
relative alle operazioni commerciali dallo stesso effettivamente
compiute sembrano perfettamente regolari (cfr Cassazione,
sentenze 4306/2010, 9107/2012 e
10167/2012). (…)
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