“Abbiamo accolto la notizia della chiusura della nostra scuola a livello emotivo con enorme dispiacere e dolore ma, a livello razionale non possiamo negare che questo dibattito ci accompagna da tempo”.
Lo affermano gli insegnanti in servizio alla Scuola Elementare “La Sorgente”, i quali affermano, in una lettera rivolta al segretario di Stato per l’Istruzione e la Cultura, Andrea Belluzzi, al dirigente della Scuola Elementare, Francesco Berardi, e ai concittadini di San Marino, di avere “grande stima sia dei colleghi di Murata, sia degli insegnanti dell’Istituto musicale” nonché di essere “consci che intraprendere una qualsiasi cieca battaglia potrebbe danneggiare loro, se non anche altri plessi scolastici che vivono le nostre stesse condizioni”, per cui cercano, “per quanto umanamente attuabile”, anche in considerazione del fatto che sono dipendenti pubblici, “di accettare, con tutta la serenità di cui siamo capaci, la decisione presa”.
“È necessario porre nelle proprie azioni e nelle considerazioni il massimo dell’equilibrio possibile, in modo che anche gli alunni che ci vengono affidati vivano in un ambiente tranquillo e sappiamo benissimo che le nostre azioni si riflettono su di loro. Inoltre, pensiamo che i dipendenti dello Stato prima di tutto debbano concorrere al bene comune – sottolineano nella missiva -. È inutile nascondere che da più parti ci vengono chieste le motivazioni del nostro silenzio, quindi in assoluta trasparenza abbiamo voluto chiarire che esso è ispirato sia al naturale dolore che proviamo, sia al rispetto di tutte le componenti coinvolte”.
Inoltre, gli insegnanti della Scuola Elementare “La Sorgente” si dicono “contrari al fatto che alcune classi rimangano in sede due o tre anni mentre è già stabilito che la scuola chiuderà: troviamo che per loro, che già vivono una diminuzione della socialità e condizioni di distanziamento dovuti alla pandemia in corso, assistere esclusivamente all’uscita di classi, senza vederne l’arrivo, non sia formativo e rispettoso della loro crescita e dei loro diritti”.
“Avremmo preferito un’organizzazione diversa, programmata tenendo conto certamente dei numeri che diminuiscono, ma parimenti pensata sui bambini già presenti, che non possono pagare condizioni sociali che non hanno causato loro. I bambini hanno i loro diritti, non sono solo numeri”, rimarcano gli autori della lettera.
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