L’informazione di San Marino: “Il PF chiede la condanna per Buriani e Celli e assoluzione per i giornalisti. La difesa smonta tutte le accuse”

L’informazione di San Marino: “Il PF chiede la condanna per Buriani e Celli e assoluzione per i giornalisti. La difesa smonta tutte le accuse”

Rassegna Stampa – Chiesti 4 anni e 3 mesi per il Commissario e un anno e 4 mesi per l’ex Segretario di Stato

ANTONIO FABBRI. Nuova udienza ieri, davanti al giudice Adriano Saldarelli, del processo a carico del Commissario della legge Alberto Buriani, di Simone Celli e, in un procedimento riunito, di direttore e caporedattore di questo giornale, accusati di pubblicazione di atti coperti da segreto per aver pubblicato notizie pubbliche. Ieri è stata la volta delle conclusioni della Procura fiscale e della difesa Buriani.

La procura fiscale Il procuratore del fisco del fisco Roberto Cesarini, ha esordito premettendo di avere una certa inquietudine avendo condiviso battaglie “per le quali pago ancora allusioni da parte di imputati in vari processi”. Ma “da parte mia, da questa sedia, ho sempre sostenuto le tesi in cui ho sempre creduto, dicendo il mio parere e tenendo l’atteggiamento richiesto ai magistrati in generale. Ma quello che viene richiesto ai giudici – ha detto citando le parole di Rosario Livatino – sono comportamenti espressi con parole che poi ho riletto anche in sentenze della Cedu, ovvero che il giudice oltre che essere, deve anche apparire indipendente”. Quindi, ha proseguito, “l’indipendenza del giudice è anche al di fuori delle mura del proprio ufficio, ma anche nella normalità delle sue relazioni e delle sue manifestazioni nella vita sociale, nella scelta delle sue amicizie. Solo se il giudice realizza questa imparzialità, la società potrà tollerare che il giudice possa avere sugli altri un potere così grande come quello che ha”, ha detto concludendo la lettura della citazione. Una premessa del Pf per poi affermare: “Viviamo in un Paese dove non passano inosservate certe situazioni, certi rapporti. Se c’erano queste maliziose insinuazioni e se c’erano queste illazioni, e certe voci c’erano in questi casi, alcuni procedimenti non andavano trattati. Ci si doveva astenere. Non metto le mani mai in una questione in cui è interessato qualcuno con cui poi non ricordo nemmeno di avere fatto una vacanza insieme”, ha detto il Pf .

Quindi la Procura fiscale ha ricalcato la narrazione fatta dalle parti civili e quella, in sostanza, riportata nella relazione della Commissione di inchiesta su BancaCis circa le vicissitudini dell’istituto di credito e gli avvicendamenti in Banca centrale. “Si è arrivati al punto in cui il Cis aveva due scelte: o essere ceduta o chiudere. A quel punto c’era proprio la necessità di intervenire. Quindi quando vedo che viene imputata una concussione, credo che emergano elementi tali, di rapporti tenuti da un Commissario legge con esponenti politici, con gli stessi esponenti di BancaCis, incontri poi negati, dove quelle chiacchiere trovano fondamento che porta a rivalutare anche tutto l’operato precedente. Nel momento in cui nei confronti di un giudice emergono queste prove, emerge attività di apertura di un fascicolo, con un interessamento di un politico che all’epoca era Segretario alle finanze poi dimessosi, ma che è stato braccio armato dello stesso giudice… Si parla di concussione tentata, perché poi Tomasetti non ha aderito. A fronte dell’apertura del fascicolo… non vorrei ripetere quello che hanno già detto le parti civili… non è il Commissario della legge che fa le richieste, ma le fa fare a chi ha rapporti. Quindi è credibile da questo punto di vista l’interessamento ci sia stato. Abbiamo incontri, telefonate… E’ credibile che si sia arrivati a fare riferimento a chiusura dello stesso. E’ credibile quello che è successo in questa occasione, perché era questione di vita o di morte o del Cis”.

Sta di fatto che per il Pf: “Tutto questo è di una gravità estrema più che per un politico, per un magistrato”.

Poi il Pf ha richiamato il procedimento cosiddetto “Dughera” e si è detto “perplesso” della sentenza del giudice di terza istanza Oliviero Mazza, che ha dichiarato inutilizzabili le registrazioni. Nonostante questo, il Pf ha sostenuto che sia comunque da prendere in considerazione quella registrazione e che sia integrato quindi l’abuso di autorità. “Ci sono queste dichiarazioni registrate – ha detto – abbiamo questa prova e non se ne può non tenere conto”.

Quanto al divieto di pubblicazione il Pf ha detto “Il giornalista che fa il suo lavoro, fa una richiesta e viene autorizzato, prende appunti. Tra l’altro ci sono diverse pronunce di archiviazione laddove ci sono state pubblicazioni, anche di atti segretati, quando è stata riscontrata la sussistenza dell’interesse pubblico. Non si può pensare alla responsabilità di chi svolge il suo lavoro, fa una richiesta e viene autorizzato. Non c’è punibilità per questi fatti nei confronti dei due giornalisti”, ha detto anticipando le richieste finali.

Quanto al secondo punto, relativo alla pubblicazione di atti coperti da segreto bancario o d’ufficio di Banca Centrale, ha aggiunto “non ho visto la pubblicazione di questi atti segreti. Quello che non è stato pubblicato non può essere oggetto di contestazione”. Quindi le richieste della Procura fiscale che, complessivamente, ha chiesto per il Commissario Buriani la condanna a 4 anni e 3 mesi di prigionia, interdizione per cinque anni, multa a giorni 50 pari a 5.000 euro e multa di 12mila euro. Per Simone Celli ha chiesto un anno e 4 mesi di prigionia, la multa a giorni 30 pari a 3.000 euro e all’interdizione per due anni.

Per entrambi i giornalisti, Carlo Filippini e Antonio Fabbri, il Pf ha chiesto l’assoluzione, per uno dei punti contestati – la pubblicazione del verbale del congresso – per mancanza dell’elemento psicologico; per la pubblicazione di atti coperti da segreto bancario o da segreto d’ufficio di Banca Centrale, il Pf ha chiesto l’archiviazione perché il fatto non sussiste. Questo perché quegli atti non sono stati mai pubblicati. Il che fa riflettere sul fatto che i giornalisti si trovino sotto processo per pubblicazione di atti asseritamente segreti… che però non hanno mai pubblicato.

La difesa Buriani Diversamente dalle narrazioni generiche della “vulgata popolare” richiamate dalle parti civili e dalla Procura fiscale – per la verità senza portare analiticamente a supporto dei fatti contestati prove che potessero integrare la fattispecie di reato – il legale di Alberto Buriani, l’avvocato Michela Vecchi, ha esaminato ogni singola contestazione, smontando uno per uno i mattoni, a ben vedere piuttosto sconnessi, del castello accusatorio. Lo ha fatto portando a supporto dati, tabulati, documenti, testimonianze anche di quelli che sarebbero dovuti essere testimoni di accusa ed evidenziando le numerose contraddizioni della deposizione della presidente di Banca centrale, Catia Tomasetti; confutando quelle che sono state le impressioni, l’unione di puntini, il “percepito”, della stessa. Inoltre ha demolito totalmente l’attendibilità dei testimoni Federico D’Addario ed Emilio Gianatti. Se tutto questo sarà sufficiente, si vedrà, sta di fatto che l’avvocato ha parlato per circa sei ore senza mai perdere il filo, esponendo con estrema chiarezza la sua arringa.

“Spiace constatare a questo difensore – ha esordito – che nell’antica Terra della Libertà, dove dovrebbe allignare l’albero della sovranità del diritto, esso abbia ceduto il passo alla vulgata popolare, al materiale inutilizzabile e a supposte telefonate inesistenti che dimostrerebbero i contatti tra il dottor Buriani, Daniele Guidi e Marino Grandoni. Si pretende di tradurre la vulgata popolare in prova, si pretende forzatamente, insistentemente e insubordinatamente rispetto alle statuizioni del Giudice superiore, di continuare a utilizzare materiale inutilizzabile e si evocano telefonate che dimostrerebbero contatti tra Buriani, Guidi e Grandoni inesistenti. Perché io non ho sentito citare una sola telefonata risultante dai tabulati telefonici, tra Buriani e Grandoni. Non una sola telefonata tra Guidi e Buriani; ci sono telefonate tra Buriani e Celli, di cui abbiamo spiegato. La vulgata popolare, il vociare del popolo che si è preteso di reinserire attraverso la testimonianza del variopinto D’Addario”. Quanto alle accuse mosse, per lo più basate sulle affermazioni della presidente di Bcsm Catia Tomasetti, che sono il tema del processo, “non ho sentito spendere una parola, né dalle parti civili né dalla Procura fiscale, rispetto alla tenuta logica delle situazioni percepite dall’avvocato Tomasetti – ha detto l’avvocato Vecchi – a questo suo percepito soggettivo. E voglio fare mio un termine dell’avvocato Tomasetti: questo appartiene al ‘Manuale delle giovani marmotte’ del piccolo penalista. Perché se un avvocato non si confronta con le dichiarazioni della parte offesa che costituiscono l’unica prova a carico dell’imputato, penso che potremmo tranquillamente toglierci la toga e uscire da quest’aula”.

Smontata punto su punto la concussione, citando le dichiarazioni del testimone Giuseppe Ucci, vice direttore di Bcsm, che hanno contraddetto il “percepito” della presidente Tomasetti. Sulle dichiarazioni della stessa, l’avvocato Vecchi ha messo in fila una serie di locuzioni usate dalla presidente di Bcsm: “I miei neuroni abbinavano stratosgiudice; il mio stato emotivo può sicuramente avermi portato a ingigantire le cose; metafore, metafore; il mio cervello registrava un allarme; io ho messo i puntini in fila; era la mia impressione che ci stesse facendo delle pessioni; è stata la mia interpretazione vista la concomitanza delle date”. “E allora dobbiamo fare una prova di resistenza – ha aggiunto l’avvocato Vecchi – per vedere se il percepito dell’avvocato Tomasetti è idoneo a sostenere una sentenza a carico del dottor Buriani”. E la prova di resistenza è stata fatta dalla difesa, dato che tutte le affermazioni della presidente di Bcsm sono state confutate con documenti e testimonianze. “Dal percepito dell’avvocato Tomasetti, che da ora in poi definirò il dispercepito, emergono due dati certi: quando l’avvocato Tomasetti parla gli altri non la capiscono e quando gli altri parlano ella non li capisce”. Succede con i Segretari di Stato e il famigerato verbale, sul quale la difesa Buriani ha citato diverse affermazioni contraddittorie della Tomasetti e la differenza tra la ricostruzione fatta dai Segretari di Stato, contenuta nel verbale del Governo, e le dichiarazioni della presidente di Bcsm. Ha poi citato l’informativa del colonnello Tomassini della Gdf di Roma, che smentisce di fatto le dichiarazioni della Tomasetti che aveva sostenuto di non avere avuto interlocuzioni informali con autorità investigative, mentre ebbe “contatti tramite whatsapp” con gli incaricati di indagini romane.

Demolite, poi, le testimonianze “del variopinto D’Addario e del dipendente infedele Gianatti. Il bidente dell’accusa è particolarmente poco fruttuoso di risultati”, ha detto l’avvocato Vecchi richiamando alcune affermazioni di D’Addario rese davanti al Commissario Battaglino: “Ha detto che la commissione di inchiesta ha montato un castello per salvare Podeschi; la commissione di inchiesta gli ha tirato fuori il nome di Buriani”. Poi la smentita alle affermazioni di D’Addario, circa la presenza di Buriani allo spoglio elettorale del 2008, fatta dal testimone Gilberto Ghiotti, che ha recisamente escluso che ci fosse Buriani. Anche l’attendibilità del testimone Gianatti è stata demolita dalla difesa, in quanto testimonianza interessata vista l’implicazione dello stesso “in plurimi procedimenti penali e che quindi potrebbe avere interesse a rendere dichiarazioni compiacenti o, peggio ancora, negoziate per ottenere benefici”, ha rilevato l’avvocato Vecchi sottolineando anche diverse archiviazioni di cui Gianatti avrebbe beneficiato. Smentiti, tabulati alla mano, i contatti telefonici. Gianatti, che tra l’altro dopo una lite con Guidi nel 2015, con lo stesso non aveva più rapporti da quell’anno, ha parlato di incontri tra il 2014 e il 2018 presso la villa di Guidi, che però non frequentava più dalla lite.

Insomma, l’intero impianto accusatorio è stato contestato citando numerose prove documentali e testimoniali a discarico, cosa che, per contro, non è stata fatta dalle parti avverse che hanno mosso le accuse, ma non sono andate oltre la “vulgata popolare”. L’avvocato Vecchi ha quindi chiesto l’assoluzione da tutti i capi di imputazione.

Il processo è stato aggiornato al 7 dicembre quando farà l’arringa finale l’avvocato Enrico Carattoni, difensore di Celli e dei giornalisti.

Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23

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