Patrizia Cupo di Corriere Romagna San Marino sulla conclusione del processo Biagioli, dopo aver riferito sulle motivazioni delle condanne, appena depositate: «Ma aveva una piena consapevolezza dell’illeceità e del disvalore della sua condotta»
(…) Quella falsificazione, sancisce il giudice, riesaminando le perizie grafologiche ma anche rileggendo la sentenza di Perugia (che chiarisce come «la prova dell’alibi assume concretezza» solo «a metà dell’anno 2002»), è possibile datarla tra il marzo e il luglio del 2002, quanto basta per scongiurare in primo grado la prescrizione.
Sotto la lente, anche la condotta «reticente» del colonnello Biagioli che, sentito a Perugia, chiarì di non conoscere dove fosse a Borgo Maggiore la via XXVIII Luglio, ossia la strada principale del Titano, la consolare. Disse «di non averne idea».
Insomma: che Biagioli senior e figlio sapessero a chi fosse indirizzato quel piacere, non è dato sapere. Il tribunale di San Marino ha indagato sulla falsità e non sulla ricerca di un collegamento (mai emerso dalle carte) tra l’ex comandante e alcuni amici vicini alla banda della Magliana: di certo era consapevole di stare compiendo un falso.
«L’intensità del dolo – ravvisa il giudice – va considerata come affatto secondaria: le qualità soggettive degli imputati, rispettivamente comandante del corpo della gendarmeria e professionista del settore giuridico, impongono di rinvenire in capo agli stessi non soltanto la rappresentazione esatta e la conseguente volizione della condotta criminosa tenuta, ma anche una piena consapevolezza dell’illeceità e del disvalore della medesima».
Ora, l’appello: sui termini incombe la prescrizione.
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