San Marino. Sentenza Conto Mazzini: “l’utilizzo dei media pro domo sua”

San Marino. Sentenza Conto Mazzini: “l’utilizzo dei media pro domo sua”

L’informazione di San Marino

Conto Mazzini e “l’utilizzo dei media pro domo sua” da parte di alcuni imputati

Antonio Fabbri

Nelle motivazioni del “conto Mazzini”, nella parte introduttiva, il giudice fa anche il punto su come da alcuni imputati siano stati usati mezzi di informazione compiacenti allo scopo, emerso con evidenza anche durante il processo, di delegittimare l’attività di indagine degli inquirenti e degli ausiliari del Commissario della legge e a fare passare come inconsistente l’impianto accusatorio. Una delegittimazione che parte dall’attacco verso chi ha dato conto della “tangentopoli sammarinese-conto Mazzini”. Premette il giudice nel trattare l’argomento: “Quanto al timore manifestato da talune procure circa possibili influenze sul giudice dettate dal contesto sociale, non si può che segnalare tale inconveniente come connaturato ad ogni decisione, ed al fatto che il giudice è un essere umano, che vive socialmente in un tempo ed in luogo. Purtroppo, ad oggi, non si sono trovati sistemi migliori – o non peggiori – di quello praticato a San Marino, basato sullo Stato di diritto, e quindi sull’ applicazione al caso concreto della legge attraverso un procedimento tecnico, da parte di un funzionario statale dotato di uno status di spiccata autonomia e indipendenza”. 

Poi il giudice parla della distorsione dell’informazione e viene dato conto anche di come ci sia stata una compiacenza di una parte dei media per veicolare una versione condizionata dei fatti . “Se invece il timore fosse stato rivolto al condizionamento postulato dalla esposizione e dalla replica mediatica delle vicende oggetto di giudizio, e dello svolgimento del giudizio stesso, non resta che rilevare come alcuni imputati – dice il giudice – fin dall’emergere della vicenda processuale, non abbiano lesinato alcun tentativo di utilizzazione, pro domo sua, della stampa. Dal cellulare di Claudio Podeschi si nota come, dopo il giorno dell’uscita della notizia del fatto che egli era indagato “su conto Mazzini” (sms del 31 maggio 2014, h. 4:48), e la solidarietà dimostrata il giorno stesso attraverso l’attacco ai giornalisti responsabili della pubblicazione della notizia (“maledetto Antonio Fabbri”, “bastardi… letto giornale!”, sms h. 5:47 e h. 9:18, il primo da parte di tale Michela), egli stesso si attrezzi per tentare di organizzare un argine mediatico all’incombente procedimento: il 10 giugno 2014 (h. 13:26) invia a Marco Severini – titolare di un blog informativo su San Marino – un sms che contiene il numero di cellulare di Carlo Romeo, direttore di San Marino RTV. Altri, invece, offrono spontaneamente i propri servigi di – si direbbe oggi – influencer, anche se non richiesti e con uno straordinario zelo. Così “Erik” ci tiene a far sapere all’imputato, il giorno stesso della pubblicazione della notizia riportante il suo coinvolgimento nel processo “Mazzini”, quanto segue: “ho letto tutto, dopo lunedì fai conferenza stampa su questa giustizia a orologeria e stai sereno. Ti sono vicino, Erik” (sms delle 16:45), per poi informare di avere già provveduto in prima persona, mediante un intervento su di un giornale locale: “oggi se ha letto Tribuna li ho asfaltati! Che ne dici? Erik” (sms del 6 giugno 2014, h. 14:55), mostrando anche una rilevante ansia da riscontro. Giorni dopo, il nostro “Erik” nuovamente si ripropone all’attenzione del navigato politico democristiano: “Se hai tempo e voglia leggi la mia lettera a Napolitano su SmOggi o su www.giornale.sm.Erik… (12 giugno 2014, h. 19:12). Si deve poi richiamare quanto si dirà infra, al paragrafo sub I, intorno all’intervento sul giornalista David Oddone di Tribuna da parte di Stolfi. Si può poi vedere anche l’intervento di Augusto Casali, sempre attraverso comunicati stampa commissionati (anche) da Claudio Podeschi, di cui si dice infra al paragrafo sub B. Quanto precede per segnalare che – almeno – la rappresentazione pubblica delle vicende oggetto di giudizio e del processo ha avuto anche manifestazioni che hanno riprodotto la posizione – come è giusto che sia, peraltro, seppur nei limiti del deontologicamente accettabile – degli imputati o di alcuni di essi”.

Di utilizzo dei media da parte degli imputati il giudice parla poi parla anche nelle pagine seguenti, quando descrive l’attività della “associazione a delinquere” e il suo utilizzo della stampa. Vengono citate alcune uscite mediatiche da parte di Enrico Lazzari di critica verso gli inquirenti su “la Voce di Romagna”, quando venne arrestato Podeschi.

Va rilevato – fuori dalla sentenza – come anche durante le fasi processuali ci sia stata una certa parzialità delle notizie dai medesimi mezzi di informazione utilizzati “pro domo sua” da alcuni imputati. A dirlo, all’epoca, fu il Consiglio giudiziario che in un comunicato del primo giugno 2016 scrisse: “Il Consiglio Giudiziario ha inoltre affrontato alcune questioni attinenti la divulgazione di versioni di parte sui processi in corso. A tal riguardo ha adottato raccomandazioni indirizzate agli organi competenti ed in primis alla Autorità Garante per l’Informazione, per la diffusione di notizie complete e veritiere sull’andamento dei procedimenti e sulle risultanze processuali e per il pieno rispetto del diritto dell’opinione pubblica ad una informazione quanto più obiettiva e corretta.

Con particolare riferimento ad alcuni articoli pubblicati dai media riguardanti piccole parti delle deposizioni degli organi ausiliari del giudice nella fase inquirente, sulla base dei riferimenti ricevuti, il Consiglio Giudiziario ha espresso piena considerazione per il ruolo che gli stessi hanno svolto e svolgono nei processi”.

Non si può non notare come diversi di quegli stessi soggetti e mezzi di informazione che nelle motivazioni del Conto Mazzini risultano come coloro che vennero contattati per fare da sponda agli imputati, oggi per altre vicende si trovino tra loro ancora sulla stessa lunghezza d’onda e tengano e abbiano tenuto una medesima linea sulle questioni che hanno riguardato l’amministrazione della giustizia e il Consiglio giudiziario plenario, e facciano da sponda – ad esempio sulla sparata del colpo di Stato – all’opposizione, compresa una parte di essa che su determinati comportamenti e appoggi dovrebbe quanto meno sospettare.

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