San Marino. Società del Titano utilizzata per taroccare griffe importanti

San Marino. Società del Titano utilizzata per taroccare griffe importanti

L’informazione di San Marino

Utilizzavano società del Titano per taroccare griffe importanti /Perquisizioni in Repubblica in capannoni e in una tipografia: sigilli a capi d’abbigliamento macchinari e prodotti per la falsificazione Trovati 300mila euro 

Proprietà bloccate ad un riminese tra cui sei immobili a Riccione e quote azionarie per un valore complessivo di 1,7 milioni di euro

Avevano escogitato un sistema per far denaro con i marchi falsi. Utilizzavano, cioè, società di diritto sammarinese per poi commercializzare in Italia capi d’abbigliamento con griffe taroccate. L’attività era andata avanti per anni fino al 2017 quando la Guardia di Finanza di Rimini ha iniziato ad indagare ed appurare, così, quanto stava accadendo. Nel mirino è finito un imprenditore riminese al quale, ieri, sono state sequestrate quote azionarie e sei immobili a Riccione per un valore di 1.7 milioni di euro, l’equivalente del profitto illecito. Ad apporre i sigilli alle proprietà del riminese sono stati i finanzieri del Comando provinciale di Rimini che hanno dato attuazione ad un provvedimento di sequestro preventivo del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini, Sonia Pasini, su richiesta della Procura della Repubblica. Il provvedimento è stato emesso a seguito delle risultanze investigative emerse nell’ambito dell’operazione “Eden brand”, scaturita da autonomi interventi di iniziativa avviati nell’autunno 2017 dal Nucleo di Polizia EconomicoFinanziaria di Rimini per risalire la “filiera del falso”, e nel corso della quale, nel mese di febbraio scorso, le Fiamme Gialle avevano ricostruito un vasto giro d’affari legato alla produzione su larga scala di abbigliamento contraffatto, che gli indagati commercializzavano su tutto il territorio italiano, anche utilizzando società di diritto sammarinese, a loro, di fatto, riconducibili. In quella circostanza erano state eseguite, con l’impiego di oltre 1000 finanzieri appartenenti a 130 reparti della Guardia di Finanza, oltre 300 perquisizioni su tutto il territorio italiano e, per rogatoria, attivata dalla Procura della Repubblica di Rimini, alcune anche nel territorio della Repubblica di San Marino dove, a seguito delle operazioni di polizia giudiziaria compiute dalle Autorità del Titano, erano stati individuati 5 capannoni industriali e una tipografia e sequestrati oltre 400 mila capi d’abbigliamento, accessori e semilavorati contraffatti, centinaia tra macchinari, lucidi e cliché, nonché disponibilità finanziarie per oltre 300 mila euro. 

Complessivamente all’esito di tale articolata attività di polizia giudiziaria condotta dalle Fiamme gialle, coordinate dal pubblico ministero, Paola Bonetti, si è giunti all’esecuzione del sequestro penale, confermato anche in sede di Riesame in Italia e Appello a San Marino, di circa 500 mila capi d’abbigliamento contraffatti (prevalentemente riconducibili al noto marchio “Thrasher”), decine di migliaia tra cliché, lucidi, telai e macchinari per la produzione del “falso”, per un valore stimato di oltre 6 milioni di euro. Alcuni negozianti che avevano acquistato e rivenduto in buona fede la merce nelle proprie boutique si erano resi addirittura disponibili a risarcire i loro clienti tratti in inganno dalla presunta genuinità del prodotto.

Gli accertamenti economico-finanziari sviluppati successivamente dai finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Rimini hanno consentito di ricostruire l’illecito giro d’affari milionario messo in piedi in poco più di un anno, quantificato in circa 1,7 milioni di euro.

Perciò, a completamento di questa ulteriore fase d’indagine, gli stessi militari della Guardia di Finanza, in ottemperanza a quanto disposto dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Rimini, hanno dato seguito all’esecuzione del relativo decreto di sequestro preventivo per equivalente di disponibilità finanziarie, in sei immobili ubicati a Riccione e quote azionarie di tre società, per un valore complessivo di circa 1,7 milioni di euro, l’esatto valore dell’illecito profitto consumato dall’imprenditore

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