San Marino. Stefano Pagliai, avvocato di David Oddone, interviene dopo il pronunciamento della Cedu

San Marino. Stefano Pagliai, avvocato di David Oddone, interviene dopo il pronunciamento della Cedu

In data 17.10.2019 è stata depositata dalla I Sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo la sentenza di condanna della Repubblica di San Marino relativa al ricorso depositato dal sig. David Oddone, assistito e difeso dall’Avv. Stefano Pagliai, del foro di Firenze, per violazione dell’art. 6 della Convenzione. Il sig. Oddone era stato condannato dal Tribunale della Repubblica di San Marino, sia in primo grado che in appello, per il reato di truffa alle assicurazioni: la condanna era stata fondata sulle dichiarazioni accusatorie rese nella fase delle indagini da altri due coimputati nel medesimo procedimento. Al sig. Oddone non era stato consentito, in alcun modo ed in nessuna fase, di poter contro-esaminare i suoi accusatori le cui dichiarazioni, tuttavia, per la specificità dell’ordinamento sammarinese, erano state allegate al fascicolo del Giudice di primo grado che su di esse aveva fondato la propria decisione. La Corte Europea ha ritenuto che il procedimento seguito non abbia rispettato le garanzie dell’equo processo previste dall’art. 6 della CEDU.  In particolare, la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale della Repubblica di San Marino, oltre che fondata sulle dichiarazioni rese da soggetti a loro volta imputati, che non era stato possibile contro-esaminare, non dava conto di ulteriori elementi che confermassero e supportassero, dal punto di vista probatorio, le versioni fornite dagli stessi. Per tale ragione, secondo la Corte EDU, le dichiarazioni accusatorie rese dai coimputati del Sig. Oddone non possono ritenersi affidabili.

Infatti, i testimoni chiave non sono stati esaminati nel contraddittorio delle parti ed i verbali delle loro dichiarazioni, rese nella fase delle indagini, sono stati introdotti direttamente nel fascicolo del Giudice senza alcun vaglio dibattimentale. Nonostante questo, il Tribunale sammarinese ha attribuito pieno valore probatorio a tali dichiarazioni senza, come si legge nella pronuncia della Corte EDU, “adottare misure procedurali sufficienti per compensare l’impossibilità di esaminare direttamente i testimoni durante il processo”.  

Nella conferenza stampa svoltasi in data odierna l’Avv. Stefano Pagliai ha chiarito come verranno immediatamente azionati, appena sarà possibile, tutti gli strumenti, a partire dalla revisione della sentenza di condanna, per declinare anche in chiave interna la decisione della Corte di Strasburgo. Rileva anche il fatto che la sentenza della Corte EDU, pur partendo dal caso specifico, censura in maniera chiara la mancanza assoluta, all’interno dell’ordinamento processuale penale sammarinese, di regole e garanzie nel procedimento di formazione e valutazione della prova, oggi lasciato, per giurisprudenza purtroppo consolidata, al “libero convincimento del giudice”. Ha dichiarato il difensore di Oddone: “il principio del libero convincimento del giudice è principio sacro ed inviolabile. Ciò, tuttavia, non può significare, come riconosciuto e sancito dalla Corte Europea con questo provvedimento, che non debbano esistere criteri ben precisi che regolano la formazione e la valutazione delle prove: affichè la dichiarazione accusatoria resa da un coimputato possa assumere valore di prova dovrá essere adeguatamente riscontrata da altri elementi. E così, se un testimone riferisce di aver appreso una certa informazione da un’altra persona, dovrebbe indicare di chi si tratti per consentire alle parti di poter esaminare il teste c.d. diretto, pena l’inutilizzabilitá della decisione. Infatti, se una testimonianza, estremizzo il ragionamento, fosse stata estorta ricorrendo alla tortura, essa non potrebbe essere inserita senza filtri nel fascicolo e rimessa alla “libera valutazione del Giudice”: sarebbe radicalmente nulla e quindi non utilizzabile ai fini della decisione. 

Queste regole basilari di formazione del materiale probatorio, che ben conosciamo nella vicina Italia – e ne ho citate alcune in via esemplificativa – sono purtroppo sconosciute e non previste nel codice di procedura penale sammarinese. Invocarle non significa attentare alla libertà di convincimento del Giudice, ma solo auspicare l’introduzione di regole e principi di garanzia e legalità ove oggi vige il far – west. Da questo punto di vista non consideriamo quella di oggi come una vittoria contro la Repubblica di San Marino o contro il Tribunale o, men che meno, contro singoli Giudici, che si confrontano, anch’essi, con un codice risalente al 1875 che non poteva certo prevedere certe garanzie.  L’auspicio, al contrario, è che questa pronuncia possa rappresentare uno stimolo per le istituzioni sammarinesi per adeguare, dopo molti anni, l’ordinamento processuale penale sammarinese agli standard internazionali, giacchè al momento nongarantisce nè tutela i principi di equità del processo”.

 

Avv. Stefano Pagliai

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