San Marino. Tetto massimo di 100mila euro, non solo Bcsm sfora

San Marino. Tetto massimo di 100mila euro, non solo Bcsm sfora

L’Informazione di San Marino

Stipendi in deroga alla legge, non c’e’ solo la fondazione di Bcsm 

Sono numerose le posizioni che sforano il tetto massimo di 100mila euro previsto dalla norma

Antonio Fabbri

E’ emersa in questa Sessione del Consiglio la questione degli emolumenti della Fondazione di Bcsm, sollevato in ambito del Consiglio dei XII, che ha riproposto il tema del tetto massimo degli stipendi . Non c’è, però, solo la Fondazione di Banca Centrale, ma già dall’anno scorso avrebbero dovuto livellarsi al tetto massimo di 100mila euro lordi annui, tutti gli stipendi dei dipendenti pubblici. Su questo non è dato sapere, però, se i sindaci di Bcsm abbiano fatto rilievi, considerato che Via del Voltone annovera parecchie posizioni con remunerazioni superiori a 100mila euro. Né è noto se, per tutti gli altri settori pubblici, siano stati fatti rilievi per lo sforamento. Andando per gradi occorre partire dalla decisione referendaria del maggio 2016. Dei quattro quesiti, tra quelli che passarono, c’era appunto quello del tetto massimo di 100mila euro. Ebbene, anche in quel caso il recalcitrare della politica nel redigere la norma che recepiva il quesito emerse dal fatto che il Collegio Garante di Costituzionalità delle Norme bocciò la prima stesura della legge. Quella norma, infatti, non comprendeva, tra gli ambiti cui applicare il tetto massimo, il Tribunale e altri enti che invece erano specificati espressamente nel quesito.

Non che oggi una certa indulgenza sugli stipendi del settore pubblico superiori ad una certa soglia sia scemata, dato che, al di là dei casi bersagliati, a quanto pare più per ragioni di lotta politica che di reale volontà di applicazione delle norme, né dall’opposizione né dalla maggioranza ci si è sperticati più di tanto per dire che la legge seguita al referendum andava applicata da subito (settembre 2016) e anche sugli stipendi già in essere, il che significa tagli.

L’iter della norma Dopo il sì al referendum del maggio 2016 era stata stesa la norma che avrebbe dovuto recepire il quesito. Sottoposto al parere del Collegio Garante di Costituzionalità delle Norme, quel provvedimento venne però bocciato, perché non conforme alla richiesta referendaria. Infatti la prima stesura della legge prevedeva due articoli: il primo che sanciva il tetto di 100mila euro lordi annui per il personale dipendente dello Stato di Enti statali o a partecipazione statale comprese le posizioni apicali. Il secondo articolo definiva l’ambito di applicazione limitando le disposizioni ai dipendenti “della pubblica amministrazione, ai dipendenti degli Enti ed Aziende del settore pubblico allargato e di ogni altro Ente e Società partecipati, ove ci sia una partecipazione maggioritaria dello Stato, già costituiti o che si costituiranno dopo l’entrata in vigore della presente legge”.

Così una norma che doveva essere semplice semplice, era diventata complicata con la definizione dell’ambito di applicazione. A dirlo è stato lo stesso Collegio Garante che bocciò la norma sostanzialmente per due motivi: il primo l’aver previsto che il tetto riguardasse tutti gli enti a partecipazione “maggioritaria” dello Stato, mentre il quesito prevedeva chiaramente la semplice partecipazione statale; il secondo l’aver escluso dal tetto retributivo il “Tribunale Unico”, cui il quesito faceva esplicito riferimento. “Se nell’articolo 1 si fa riferimento in generale al personale dipendente dello Stato – rilevavano i Garanti – nell’articolo 2 si limita l’applicazione della norma ai dipendenti delle Pubblica Amministrazione”.

La nuova stesura La pronuncia dei Garanti ha costretto il Governo e la maggioranza della scorsa legislatura a redigere e approvare la legge numero 113 del 23 agosto 2016 che recita, questa volta in un solo articolo, “1. Per la retribuzione del personale dipendente dello Stato di Enti statali o comunque a partecipazione statale, delle Aziende Autonome di Stato, dell’Istituto per la Sicurezza Sociale, del Tribunale Unico, della Banca Centrale della Repubblica, comprese le posizioni apicali degli Enti citati, è fissato un tetto massimo di euro 100.000,00 annui lordi, comprese indennità e consulenze”.

L’articolo due semplicemente stabilisce l’entrata in vigore il quindicesimo giorno dopo la pubblicazione. Quindi, all’incirca a metà settembre 2016 la norma era pienamente in vigore. A questo punto, sia per Bcsm ma anche per tutti gli altri settori della pubblica amministrazione, già dallo scorso anno la norma si  sarebbe dovuta applicare. A maggior ragione nel 2017. Cioè, alla fine di quest’anno, chi prendeva oltre 100mila euro lordi doveva vedere livellato il proprio stipendio. Non è dato sapere, però, se questo sia avvenuto. Non è dato sapere ad esempio – visto che il caso particolare recentemente sollevato riguarda Banca Centrale – se i sindaci abbiano posto l’accento anche sui diversi stipendi lordi superiori a 100mila euro di casa in Via del Voltone.

Quali stipendi riguarda la norma I dati a disposizione sono relativi al 2015, pubblicati a suo tempo su queste pagine, ma difficilmente si discosteranno, e con tutta probabilità non al ribasso, dalle attuali remunerazioni lorde. Sono almeno cinque gli stipendi dei dipendenti di Bcsm il cui lordo supera il 100mila euro. In certi casi anche abbondantemente se si conta che le cinque remunerazioni più cospicue vanno dai 108mila ai 203mila euro che quindi si aggiungono, come importi che superano la soglia di legge, a quelli che i sindaci di Bcsm hanno segnalato al Consiglio dei XII.

Anche negli altri settori statali si contano, però, stupendi lordi che sforano il tetto dei 100mila euro: così in Tribunale e nell’Iss.

Ora, non risulta che la legge sul tetto degli stipendi lordi sia oggi applicata, nemmeno per il 2017 seppure in vigore da settembre 2016. Le buste paga mensili, infatti, se si fosse voluto rientrare nel parametro, avrebbero dovuto subire un alleggerimento, ma nessuno si è lamentato né alcuno ha dato pubblica notizia della decurtazione. Se così non è stato c’è da chiedersi perché e, a questo punto, come si debba procedere, non solo per gli stipendi evidenziati dai sindaci di Bcsm quanto alla Fondazione di Via dei Voltone, ma per tutti gli stipendi di enti pubblici o a partecipazione pubblica che hanno sforato il tetto – se non in violazione – in deroga alla legge adottata per volontà popolare diretta, considerato che è emanazione di un referendum.

 

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