Schiavoncini presenta il suo ultimo libro al Museo di Rimini il 17 febbraio

Schiavoncini presenta il suo ultimo libro al Museo di Rimini il 17 febbraio

Venerdì 17 febbraio presso la Sala del Giudizio del Museo della Città di Rimini sarà presentato pubblicamente alle ore 17.30 l’ultimo libro del “riminese a oltranza” Ariodante Schiavoncini, “Il segreto di Danilo. Novant’anni di pagine”, con la prefazione di Marco Missiroli, appena uscito per le Edizioni Chiamami Città.

Dopo il saluto del Sindaco Andrea Gnassi a parlarne, insieme ad Ariodante Schiavoncini, saranno Giuseppe Chicchi, Sindaco di Rimini negli anni Novanta, Daniele Susini, Presidente ANPI Provinciale e Stefano Cicchetti, direttore del giornale Chiamami Città, di cui Ariodante è stato tra i primi collaboratori.

L’incontro del 17 febbraio non vuol essere solo la presentazione del bel libro di “un artigiano” della scrittura “che azzarda”, ma anche un momento di riflessione sul valore politico della memoria di quelle autentiche “biblioteche” che sono i protagonisti delle fasi più drammatiche della nostra storia e delle lotte politiche e sociali che hanno costruito l’Italia libera e democratica.

Un percorso che va testimoniato e difeso con forza perché la lotta non è ancora finita.

“Il segreto di Danilo” testimonia lo sguardo sull’oggi di uno scrittore “proletario riminese DOC” che nei suoi novant’anni ha molto vissuto e scritto da “fabbricante di storie che intarsia scampoli di esistenze, trasformandoli in quotidianità epiche”.

Quattro racconti “per far riflettere” sul razzismo, sull’intolleranza, sul valore dell’accoglienza dell’altro e 35 poesie “che ricorderanno” le vicende storiche da lui attraversate, prime fra tutte la Resistenza e l’impegno politico.

Perché nei suoi libri ci sono sempre “la storia, le radici. Non si può evitare di fare i conti con un passato che per Ariodante è sempre stato ossatura morale delle sue vicende descritte: la politica, la società e i soprusi ai più deboli. Il riscatto dei ‘miserabili’ rispetto a chi tiene stretto il potere, è questo uno dei fini della scrittura di Dante che non scivola mai nel patetismo, semmai in una disillusione che si fa nostalgia”.

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