(Contributo al dibattito
del Preside Marino Cecchetti)
Ringrazio per questa
opportunità di dire qualcosa sulla nostra Scuola Secondaria Superiore. Qualcosa
di personale: è da troppo poco che ci lavoro, per poter svolgere
considerazioni che vadano oltre il piano personale. Ho preso servizio nel
gennaio di quest’anno. E, proprio in questi pochi mesi, sono state prese o
annunciate tante e tali trasformazioni in ambito scolastico, all’esterno di
San Marino, con rilevanti ripercussioni all’interno, che queste hanno finito
per assorbire tutta l’attenzione.
Di
una cosa però sono certo, e la affermo in piena convinzione: una riflessione
seria, approfondita, concreta sulla Scuola Secondaria Superiore Sammarinese
occorre farla, e subito. Non può più essere rimandata.
Intendo dire che la
Secondaria Superiore sta attraversando un periodo particolare, per cui ha
bisogno di una attenzione particolare, all’interno del sistema scolastico
sammarinese. A volte succede anche in famiglia che, anziché i piccoli, siano i
grandi a trovarsi in maggiori difficoltà, specie se nella delicata fase dello
sviluppo.
La
Secondaria Superiore Sammarinese è una scuola in sviluppo. O comunque è una
scuola che deve e che vuole crescere. Crescere anche numericamente. Per troppo
tempo il numero degli iscritti al primo anno è rimasto stazionario: da quasi
quindici anni la nostra Superiore raccoglie appena 1/3 degli alunni che escono
dalla scuole medie, nonostante l’attivazione, in questo arco di tempo, di
nuovi indirizzi. Ed è rimasto praticamente fermo agli anni ’70 il numero dei
diplomati prodotti: una trentina circa all’anno. Mentre è cresciuto
enormemente, nel frattempo, il numero dei giovani sammarinesi che vanno a
diplomarsi fuori territorio: oltre 150 all’anno.
Solo
fra tre anni il numero dei diplomati della Secondaria sammarinese crescerà fino
a 60, per l’apporto del Liceo Scientifico ancora in fase di
completamento.
In
questo stato di cose, mi è sembrato opportuno cominciare il nuovo lavoro col
proporre, fin dai primi incontri con gli insegnanti, una ipotesi di sviluppo
della Scuola.
(Permettetemi un inciso:
ho trovato una scuola con insegnanti volenterosi, desiderosi di affrontare e
risolvere problematiche vecchie e nuove; cito un dato: in questi pochi mesi
abbiamo lavorato come Collegio dei Docenti ben 12 volte, ed in modo costruttivo
e, credo, per tutti, gratificante)
Solo
per motivi contingenti, piovutici, come ho già detto, da fuori San Marino, non
è stato possibile, all’interno del Collegio dei Docenti, approfondire l’esame
del progetto e tradurlo in proposta operativa da sottoporre all’attenzione
del Deputato già nell’anno scolastico 1993/94.
Fino
agli anni ’60 il Liceo Classico, da solo, è stato in grado di soddisfare
gran parte del fabbisogno di scolarità secondaria proveniente dal paese. Non
così nei decenni successivi. Soprattutto a partire dagli anni ’70, in numero
via via crescente, i giovani sammarinesi hanno cominciato a fare scelte anche
diverse, rivolgendosi, necessariamente, fuori territorio. La Secondaria
sammarinese rimase ingessata a quell’unico indirizzo, segnava il passo, in
attesa, come tutti, di una riforma della secondaria italiana puntualmente
annunciata nel programma di ogni nuovo governo e puntualmente lasciata
abbozzata ad ogni crisi di governo.
Agli
inizi degli anni ’80 San Marino rompe gli indugi e decide di allargare la
sua Secondaria Superiore, senza attendere ulteriormente. Ma è vincolato, nelle
scelte, dai rapporti con l’Italia. Il riconoscimento, da parte dell’Italia,
degli studi portati avanti in scuole sammarinesi, si fondava ancora su due
articoli di un Regio Decreto del 1925 (la cosiddetta riforma Gentile). In
pratica il sistema scolastico sammarinese poteva, al più, continuare a
produrre studenti per il sistema scolastico italiano. Insomma San Marino non
era ancora nelle condizioni di rilasciare propri titoli di studio finali: i
giovani sammarinesi, per avere un titolo di studio avente valore legale,
dovevano comunque iscriversi prima o poi a scuole o università
italiane.
Per
questa ragione, negli anni ’80, si sono potuti aggiungere all’antico Liceo
Classico solo indirizzi che, come il Liceo Classico, preparano giovani per le
università italiane (Liceo Linguistico e Liceo Scientifico) oppure immettono
giovani in scuole secondarie italiane, come il primo Biennio dell’Istituto
Tecnico Industriale. Anzi, si è partiti proprio da quest’ultimo.
Ora
i rapporti con l’Italia sono cambiati, esistono le condizioni per un salto,
che potremmo dire, storico: è possibile attivare anche corsi che si
concludono con il rilascio di un titolo di studio sammarinese, spendibile
anche oltre il territorio sammarinese. Infatti uno specifico accordo, entrato
in vigore nel 1985, regola i rapporti fra Italia e San Marino in materia
scolastica, con modalità del tutto nuove: la materia scolastica è diventata
oggetto di convenzione.
Ebbene tale accordo,
benché siano passati ormai dieci anni, ancora non è stato utilizzato per
creare indirizzi terminanti con il rilascio di un titolo di studio sammarinese,
pur essendo questo l’aspetto più pregnante dell’accordo stesso.
Il
progetto di sviluppo della Scuola Secondaria Superiore Sammarinese, di cui
dicevo poc’anzi, invece, ne tiene conto. Per esempio, propone, proprio sulla
base di tale accordo, l’attivazione di un indirizzo completamente nuovo, quello
economico. Si tratta di un indirizzo molto richiesto, oggetto, fra l’altro, di
una specifica deliberazione del Consiglio Grande e Generale approvata in data il
27 gennaio del 1992 a larghissima maggioranza (33 voti a favore, 8 contrari ed 1
astenuto).
Le
scelte di base del progetto: rimpinguare i corsi già esistenti e crearne di
nuovi nel solco della migliore tradizione scolastica sammarinese, quella
liceale che ci proviene dalla ‘Congregazione Belluccia’, e facendo tesoro della
esperienza organizzativa maturata dopo gli anni ’80, con l’attivazione del
Biennio dell’Istituto Tecnico e poi dei licei Linguistico e Scientifico.
Con
questo progetto si fa realistica la prospettiva della riduzione di quella
assurda emorragia di giovani che continua a caratterizzare negativamente il
nostro paese, per la fascia dai 14 ai 19 anni. Nemmeno quando San Marino aveva
serie, vere difficoltà economiche era tanto sbilanciato il rapporto fra gli
studenti in territorio e quelli fuori territorio. Sì, perché anche allora
San Marino mandava suoi studenti fuori, ma ne calamitava pure da fuori, nel
solco della tradizione proveniente dal Collegio Belluzzi.
Oggi, invece, San Marino
non è punto di riferimento per il circondario. La Scuola Secondaria Superiore
Sammarinese, in questa seconda metà del secolo, si è isolata rispetto al
circondario, si è, per così dire, arroccata. E proprio nel momento in cui
la facilitazione dei trasporti andava favorendo la libera scelta delle
scuole.
L’arroccamento, in una
situazione di libero mercato, è in genere foriero di errori perché accresce il
rischio di sfornare prodotti o troppo nuovi o superati, comunque fuori
mercato.
La
Scuola Secondaria Superiore Sammarinese ha bisogno di stare sul mercato. Il
servizio che eroga non è del tipo di quello dell’anagrafe o del catasto, cui
necessariamente ci si deve rivolgere per avere un determinata certificazione.
Come la sanità pubblica, la scuola, specie se non dell’obbligo, ha bisogno della
fiducia dei cittadini, altrimenti i cittadini si rivolgono altrove. C’è quindi
un motivo in più per la Secondaria Superiore per essere efficiente, moderna,
cioè camminare al passo dei tempi: un motivo in più, rispetto ad altri servizi
dello Stato, ed anche rispetto ad altre scuole della Repubblica.
Mentre nelle altre scuole
della nostra Repubblica il benessere economico di questi ultimi trent’anni si è
tradotto anche in strutture moderne o comunque adeguate, così non è stato per
la Scuola Secondaria Superiore. Tutti sanno, ad esempio, che gli spazi fisici
della Superiore sono insufficienti, che la collocazione nell’ex-ospedale non
è funzionale: le aule e gli altri locali adibiti alla didattica sono al di
sotto dello standard delle scuole sammarinesi. Purtroppo, talvolta, anche le
attrezzature, i laboratori, i mezzi a disposizione della Scuola sono carenti.
In
un sistema scolastico aperto alla concorrenza, anche piccoli inciampi possono
pregiudicare la riuscita di iniziative pur valide. La vicenda del Liceo
Linguistico dovrebbe esserci di monito. Quest’indirizzo è sorto in un momento
favorevolissimo, in un “contesto già predisposto”, come è scritto nella
relazione che accompagna la legge istitutiva.
San
Marino andava intensificando i suoi rapporti con gli stati d’oltralpe,
cominciava ad entrare negli organismi internazionali, aspirava a sbocchi
internazionali per il suo commercio.
Attorno a San Marino non
c’erano licei linguistici statali e quelli privati, allora più di adesso, erano
costosissimi. Sicché sembrava fondata l’aspettativa di studenti provenienti
anche dall’esterno. Non è andata così. Hanno influito negativamente molte
circostanze. Ne richiamo solo una, all’apparenza banale: la mancata
organizzazione di soggiorni all’estero durante l’anno scolastico, soggiorni
invece che, per una qualsiasi scuola di lingua, fanno parte del normale
curriculum, anzi ne costituiscono il fiore all’occhiello.
Per
mettersi sul mercato non è sufficiente provvedere a esigenze materiali, che
comunque esistono e vanno soddisfatte. E’ necessario che la Secondaria
Superiore ripensi se stessa, in termini di qualità del servizio che eroga, per
non rischiare di divenire una scuola residuale, cioè che sopravvive per
inerzia. Per le scuole residuali lo spazio si fa ridotto. Nuove ragioni
spingono verso una intensificazione della concorrenzialità.
Alla
fine degli anni ’60, in Italia, si è favorito in ogni modo l’accesso
all’università: ai diplomati di qualunque indirizzo fu concesso di accedere a
qualsiasi facoltà di qualsiasi università. Da qualche anno il cambiamento di
rotta: le università ergono sbarramenti, introducono limitazioni, filtrano
le iscrizioni con severe prove di ingresso, veri e propri test
selettivi.
Si
ha motivo di credere che la tendenza a selezionare i propri studenti da parte
delle università si estenderà fino a divenire prassi normale, quando sarà
varata la riforma degli esami di maturità, che prevede che le commissioni
siano costituite pressoché integralmente da membri interni. Di fatto, ciò
comporta una ulteriore riduzione del ruolo selettivo degli istituti secondari
e crea la premessa giustificativa per la introduzione generalizzata degli
esami di ammissione alle università.
I
risultati conseguiti negli esami di ammissione all’università dagli studenti
di una scuola secondaria diventano di per sé una misura della efficienza di
quella scuola. Il confronto fra le scuole, allora, sarà immediato.
E
ciò vale anche per la nostra scuola. E sarà un confronto a tutto campo:
strutture, capacità organizzativa, ma soprattutto capacità didattica. Il
reclutamento del personale non potrà più avvenire, ad esempio, come ora, cioè
col solo criterio dell’anzianità.
Ma
alla nostra scuola si chiede di più. La Scuola Secondaria Superiore
Sammarinese, oltre a dimostrare, come una qualsiasi scuola secondaria italiana,
la sua efficienza, nel suo ambito di competenza specifico, quello della
formazione dei giovani, deve assolvere un ulteriore impegno, che le deriva
dall’essere la scuola più alta in grado del nostro Stato.
Questa scuola ha sempre
rappresentato il luogo in cui si esprime la cultura del paese-stato San
Marino. E’ stata, per San Marino, una fucina di idee. I suoi insegnanti
costituivano un corpo propositivo ed attivo, l’intellighenzia del paese, tanto
che avevano il singolare privilegio di esprimersi direttamente (e lo hanno
fatto tavolta con accenti severi) nella stessa sala del Consiglio Grande e
Generale, nelle cerimonie di ingresso degli Ecc.mi Capitani Reggenti.
Oggi si è persa quella
tradizione. La cultura e l’istruzione sembrano essere state relegate a un ruolo
secondario rispetto all’economia, come se dell’economia la cultura e
l’istruzione non fossero la premessa e la base, ma un corollario. Sembra
verificarsi, nel nostro paese, il contrario di quel che avviene nei paesi
veramente avanzati, i paesi che fondano il loro benessere su basi veramente
solide, cioè sulla materia grigia della propria gente, anziché sull’effimero
contingente indotto dai segni dei codicilli (che tutti sappiamo quanto siano
volubili).
Pare, a me, ancora valida,
l’affermazione di Marino Fattori, vecchia di quasi un secolo e mezzo, fatta
nella sala del Consiglio, in un discorso per l’ingresso dei nuovi Capitani
Reggenti: la “speranza di prosperità” per un paese come il nostro va riposta
“nella virtù della saviezza e dell’istruzione”.
Il Prof. Marino Fattori
parlava in un momento storico delicato: San Marino, da enclave del sonnolento
Stato Pontificio si era trovato di colpo enclave del nuovo effervescente Stato
Italiano. Oggi San Marino, che ha scelto di non aderire alla CEE, sta
diventando enclave di un’Europa unificata, inserita in un contesto di cultura
da villaggio globale. Ha bisogno di rinvigorire la sua identità. E’ assurdo che
continui a rinunciare, pur avendone i mezzi, a formare direttamente i suoi
giovani fino alla maturità.
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