Domani 12 maggio 2010, ricorrono i cento anni della prima legge organica approvata a San Marino. E’ forse un centenario che nessuno conosce e che potrà sembrare paradossale ricordare in questi tempi, in cui la Repubblica ha tante gatte da pelare. Io lo voglio in qualche modo celebrare, perché è proprio nei momenti di crisi finanziaria e di bancarotta degli Stati,che ci si ricorda degli impiegati pubblici. E non per la loro importanza istituzionale, ma per essere taglieggiati nei loro stipendi, considerati il pericolo numero uno della finanza pubblica. Basta vedere quanto sta succedendo in Grecia.
Ma, a parte questo spunto polemico,desidero parlare d’altro.
Cento anni fa, il clima di forte spinta verso il rinnovamento radicale della Repubblica voluto dall’Arengo del 1906, non si limita alla ricerca di un sistema democratico, mediante la profonda revisione del vecchio ordinamento istituzionale. I movimenti progressisti e i cittadini più illuminati, capiscono che è giunto anche il momento di rinnovare l’amministrazione dello Stato sammarinese, di mettere mano alla “macchina dello Stato”,come si diceva allora. Per mettere un po’ d’ordine nella grande disorganizzazione degli uffici,senza capitolati, senza un’autorità centrale,senza un orario di lavoro codificato. E per gli oltre cento impiegati dei primi anni del Novecento, non esisteva una regolamentazione dei diritti e dei doveri, restando soggetti ad antiche prassi paternalistiche, spesso in balia delle “palle bianche o nere” dei consiglieri. La “questione dell’organico” è stata nell’agenda del Consiglio per oltre un decennio e trovò soluzione con l’adozione della prima legge organica,approvata due anni dopo un analogo provvedimento italiano.
Il mio personale modo di celebrare il centenario, è la pubblicazione di una Storia dell’amministrazione sammarinese, prevista per la fine del mese, a cura della Casa Editrice AIEP.
Argomento del libro, al quale ho dedicato due anni di ricerca documentale, è una biografia della Amministrazione sammarinese,a partire da quel 1910. Nel fluire di questi ultimi cento anni, viene intercettato e seguito il filo della riforma della pubblica amministrazione, attraverso la narrazione dei fatti e degli interventi normativi principali. Ci si sofferma sul dopo legge organica, un periodo nel quale amaramente si prende atto che la grande vittoria dell’organico non aveva trasformato la macchina dello stato; sui provvedimenti amministrativi del ventennio, che ha in modo maldestro copiato il tentativo di “fascistizzazione” della burocrazia italiana; sulla lunga notte della stagione del “caro viveri” e delle difficoltà di trovare i soldi per sfamare gli impiegati, durata fino agli anni sessanta. Si raccontano le due leggi organiche del 1962 e del 1972 che hanno completato il disegno amministrativo,fino alla Ristrutturazione degli anni ’80, la più grande occasione perduta di riforma strutturale. Perché ad onor del vero, le altre riforme si sono limitate a trattare degli impiegati e non della Amministrazione dello Stato.
Dalla storia raccontata nel libro si può, forse, capire perché e che cosa ci ha portato alla organizzazione di oggi. Capire i piccoli successi e le occasioni perdute di “acchiappare” quella riforma dell’amministrazione, che ogni volta sfuggiva proprio quando ci si illudeva di averla stretta fra le mani. Per capire quale dovrà essere il cammino verso il futuro, per evitare errori e avere successo.
Obiettivo della pubblicazione è anche ricostruire “l’albero genealogico dell’impiegato”, per restituirgli la dignità di una storia e di una funzione storica. Perché talvolta è apparso un personaggio minore, senza radici, senza un album di famiglia da mostrare, anche con orgoglio.
L’imperatore d’Austria,Giuseppe II, scriveva al suo cancelliere: “ La macchina del nostro Stato è costituita come Lei sa: anche le piccolezze diventano questioni centrali. E questo perché i troppi impiegati vogliono dimostrare di essere necessari e di avere qualcosa da fare. Per il momento mi limito a mettere una goccia d’olio qua e là dov’è neces¬sario, per avere il tempo di pensare al modo di dare a que¬sta macchina una semplificazione di movimento”.
Con una battuta, potrei dire che questo libro insegna che anche gli amministratori sammarinesi,nei numerosi tentativi di riforma, si sono limitati a mettere qua e là qualche goccia d’olio. Non si sono mai trasformati in grandi meccanici, capaci di far marciare a pieno ritmo la macchina amministrativa,con una radicale revisione del motore.
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