San Marino. Processo Credito Sammarinese, parlano gli imputati

San Marino. Processo Credito Sammarinese, parlano gli imputati

L’Informazione di San Marino 

Processo credito sammarinese, parlano gli imputati tra dichiarazioni di innocenza e accuse incrociate 

Oggi l’udienza in cui si concluderanno le audizioni degli accusati, poi si passerà alle conclusioni con la requisitoria dal Pf e, di seguito, parola alle difese

Antonio Fabbri 

Si è aperta con le dichiarazioni di Domenico Lubiana, commercialista calabrese imputato nel processo del Credito Sammarinese assieme al fratello Salvatore Francesco Lubiana, l’udienza di ieri sul filone sammarinese del caso Decollo Money. I due professionisti calabresi misero in contatto Domenico Macrì e Barbara Gabba, ingaggiati dal Cs come promoter della banca verso il possibile ampliamento del portafoglio clienti, e Valter Vendemini, con Vincenzo Barbieri, dal quale provenivano gli 1,3 milioni di euro depositati presso il Credito sammarinese e attorno ai quali ruota la contestazione di riciclaggio.

Le dichiarazioni dei Lubiana Per Domenico Lubiana, ieri assente, ha letto in aula una dichiarazione scritta il suo avvocato, Francesco Stilo. Nella dichiarazione il commercialista di Nicotera si è detto “estraneo ai fatti contestati. Non li ho commessi, né ho concorso per agevolare o collaborare a qualsiasi operazione illecita. Nella mia vita – ha proseguito la dichiarazione – ho sempre tenuto una condotta irreprensibile. Per quattro anni sono stato anche sottoposto a misure di protezione nell’ambito dell’indagine ‘Decollo’. Nei sei anni precedenti ho avversato con segnalazioni e denunce persone che interferivano nella mi attività con intimidazioni e minacce. Non ho mai rivestito il ruolo di legalizzatore di attività finanziarie illecite”.

Domenico Lubiana ha dato la sua versione dei fatti, descrivendo la presentazione di Barbieri, l’incontro con Vendemini, l’incontro all’hotel King Rose. “Si parlò di finanziamento per terminare i lavori di ristrutturazione dell’Hotel, ma non si parlò di deposito”. Quello di contanti, insomma, che ha messo nei guai la banca e i suoi vertici. “Fino a marzo 2011 non venni a spere di altri passaggi di denaro. Solo allora venni a sapere del versamento di contante a favore di Giorgio Galliano, genero di Barbieri, come garanzia al finanziamento”. Proprio sull’operazione ha posto l’accento anche Francesco Lubiana, presente al processo, che si è sottoposto alle domande del Giudice, del Procuratore del Fisco, Giorgia Ugolini, e degli avvocati. “Quando venne prospettata l’operazione di versamento mi si accese il campanello d’allarme e dissi a mio fratello, che mi aveva chiesto di accompagnarlo a Bologna, che non avrei più voluto aver nulla a che fare con quell’operazione”Francesco Lubiana, rispondendo alle domande, ha detto di aver conosciuto Barbieri come avvocato difensore per una vicenda di traffico stupefacenti. Poi ebbi un incidente e dovetti lasciare la difesa. Seppi poi che, comunque, era stato assolto. Poi gli feci un ricorso amministrativo per una patente sospesa”.

L’avvocato Pier Luigi Bacciocchi, legale di Valter Vendemini, ha chiesto quali fossero le voci su Barbieri in Calabria: “Che fosse dedito a traffico di stupefacenti era una chiacchiera diffusa – ha risposto Lubiana – atteso che più volte era stato colpito da misure restrittive della libertà personale. Non si diceva che fosse parte di qualche cosca della locale criminalità organizzata, ma che agisse in proprio. I suoi coimputati nei procedimenti che lo hanno riguardato non erano appartenenti ad associazioni mafiose, né allo stesso è stato mai contestato il reato associativo”. L’avvocato Lubiana ha poi aggiunto di non aver mai conosciuto Lucio Amati e di aver conosciuto solo Vendemini. Lubiana si dice quindi innocente e richiama anche il suo ruolo, in passato, di sindaco di Nicotera, assessore e consigliere comunale. “Io ho assunto iniziative per contrastare le organizzazioni criminali, in relazione a eventi delittuosi nell’ambito comunale come incendi, minacce a attività imprenditoriali. Per questi motivi ho avuto problemi, ritorsioni”, ha detto Lubiana rigettando le accuse.

La ricostruzione di Sapignoli L’intera mattinata è stata poi occupata dalle dichiarazioni di Sandro Sapignoli, responsabile all’epoca dell’antiriciclaggio della banca, che ha reso spontanee dichiarazioni, ma ha anche risposto alle domande del giudice e delle parti assistito dal suo legale, Gian Nicola Berti.

Sapignoli ha ricostruito tutti i passaggi che hanno caratterizzato la sua attività di responsabile dell’antiriciclaggio, evidenziando che fin da subito aveva attivato le proprie verifiche e già a dicembre del 2010, ricevute le segnalazioni interne dal cassiere Biordi, aprì la pratica di operazione critica, avendo effettuato le verifiche tramite word check e tramite la ricerca di notizie di stampa. “L’attivazione di operazione critica che io rilevai – ha spiegato Sapignoli – rappresenta a tutti gli effetti una attivazione del presidio antiriciclggio. Io aumentai di mia iniziativa il profilo di attenzione sul cliente portandolo a livello ‘alto’, di fatto impedendo tutte quelle operazioni che all’interno della banca non fossero state eseguite, su quel rapporto, con attività tracciata e con il conseguente blocco automatico di operazioni non tracciate”.

Da quel momento l’attività di compliance antiriciclaggio è proseguita. “Dall’apertura fino a 29 gennaio quando ho fatto la segnalazione ad Aif, l’attività antiriciclaggio è proseguita. La pratica è l’esito di una attività svolta progressivamente. Tra l’altro la mia segnalazione incluse non solo Barbieri, ma anche Galliano, Bressi e tutte le relative movimentazioni”. Era la stessa Aif che chiedeva che le pratiche di segnalazione per operazioni sospette fossero il più dettagliate e complete possibile, ha spiegato Sapignoli. “Ho prima seguito tutte le procedure interne proprio perché Aif suggeriva di istruire le pratiche in maniera completa prima di inoltrare la segnalazione”.

Sapignoli rileva anche che venne in seguito a sapere che, dei soldi versati in contanti, alcune banconote erano state scartate dalla macchina “contasoldi” in quanto risultate false e seppe poi che erano state restituite dal cassiere a Vendemini e da Vendemini a Barbieri. “Non andava fatto – ha detto Sapignoli – ma le banconote andavano bloccate e segnalate sulla base delle direttive che avevamo impartito. Inoltre – ha aggiunto l’ex responsabile dell’antiriciclaggio – io non seppi mai che il denaro versato puzzava di muffa. Lo venni a sapere dai giornali, quando scoppiò il caso”.

Il giudice Gilberto Felici ha quindi chiesto: “Se lei ha fatto tutto quello che era necessario rilevando l’operazione critica, perché il Comitato esecutivo e il Cda hanno approvato la pratica?” “A scanso di equivoci – ha risposto Sapignogli – chiarisco che io non sono mai stato convocato dal Ce e dal Cda. Non ho fatto mai nulla per tenere nascoste le criticità e anzi, ho pinzato personalmente il word check, da cui emergeva una segnalazione blu, e gli articoli di giornale alla pratica che noi collazionammo nel mio ufficio e destinata al Comitato esecutivo. Poi i documenti furono consegnati a Lucy Santolini che li portò alla segreteria fidi. Non so poi cosa sia successo nella trasmissione della pratica”. Sapignoli sottolinea anche: “Nel momento in cui avessi sospettato una collusione tra vertici apicali della banca e qualche attività di criminalità, non era la segnalazione sospetta che avrei dovuto fare, ma era la denuncia all’autorità giudiziaria. Ritengo di avere agito bene. Ritengo di aver fatto tutto quello che dovevo. E questo – ha detto Sapignoli – Emerge agli atti anche dal ringraziamento di Aif per la collaborazione fattiva avuta con la pratica Barbieri. Tra l’altro in quel periodo noi siamo stati oggetto di due visite ispettive, fatte direttamente dal dottor Veronesi, direttore dell’Agenzia di informazione finanziaria, per acquisire documentazione sul caso Barbieri. Non ci fu mossa nessuna contestazione, non emersero contestazioni di Aif”.

La ricostruzione di Vendemini “Chiedo essere giudicato per quello che ho fatto e non in base ai numerosi tentativi di scaricare sulla mia persona scelte o responsabilità altrui”. Così Valter Vendemini, ex direttore generale del Credito Sammarinese, che ha ricostruito i passaggi del suo approdo al Cs nel 2009, voluto da Lucio Amati. “A poco tempo dall’assunzione scoprii una realtà ben diversa da quella che mi aspettavo. Nelle mie valutazioni non avevo tenuto conto di due importanti variabili: la prima Lucio Amati; la seconda l’intermediazione finanziaria a San Marino, la raccolta che avveniva quasi tutta in contanti per somme ingenti e prevalentemente sul mercato italiano”.

Vendemini ha ricordato che il primo problema che affrontò fu quello della revoca della convenzione con Icbpi per la tramitazione dei pagamenti. “La banca era già fragile di suo, man mano che passavano le settimane era sempre più difficoltà. Emerse il ruolo di Amati, verso cui la mia fiducia cominciava ad incrinarsi. Le deleghe non mi venivano date. I comitati collegiali erano tutti pilotati da lui e composti da persone di sua totale fiducia. Non avevo alcuna autonomia che mi consentisse di incidere sulle criticità. La carica e i poteri di Direttore Generale restavano solo sulla carta. La situazione diventò critica con il decreto italiano sullo scudo fiscale. Con le dimissioni di Pier Natalino Mularoni dalla presidenza nel 2010, la situazione tracollò”.  Poi le ispezioni di Banca Centrale e l’intimazione di ricapitalizzare o di procedere a una fusione. “In questo contesto per volontà di Amati mi ritrovai a fare il commerciale. Ad andare a cercare clienti, cercare di farne dei nuovi. Mi presentarono Domenico Lubiana, disse che aveva cliente che era a Bologna con molta liquidità. Riferii la cosa ad Amati ed egli fu molto interessato. Mi spronava a concretizzare e a velocizzare l’incontro”. Poi l’incontro a Bologna ci fu e il prelievo dei famigerati borsoni con il denaro che Vendemini descrive esprimendo il suo disagio e la difficoltà, ma allo stesso tempo la sua impossibilità di agire in maniera diversa. “Ero schiacciato tra la pressione del depositante e l’esigenza di rispondere alle aspettative di Amati di ricevere il deposito dall’albergatore di Bologna, presentato così da Domenico Lubiana, che lo descrisse come benestante, persona facoltosa che effettuava il deposito”. Anche Vendemini, come già fatto da altri, ha sottolineato la “bancabilità” di Barbieri, che aveva già rapporti con altre banche. “Avuta conferma che il Barbieri aveva rapporti con Montepaschi, ricevute le pratiche dal personale di Cs, andai a Bologna per la raccolta delle firme e per restituire una busta bianca, che mi era stata consegnata da Biordi. Dentro c’erano banconote deteriorate per 2750 euro. Ma non mi disse mai che dentro ci fossero soldi falsi”, ha precisato Vendemini.

Quindi la presentazione delle pratiche al Comitato Esecutivo e al Cda: “Zoffoli illustrò la pratica compiutamente sia al Comitato esecutivo sia al Cda. Amati, a fronte di una obiezione di un consigliere, mi pare fosse Daidone o Cornacchia, rispose che anche lui era stato oggetto di segnalazioni simili e che se così fosse non si avrebbero clienti del sud. E pilotò il Cda verso l’autorizzazione alla pratica. Tra l’altro portare in Cda quella pratica senza che Barbieri avesse completato il versamento promesso, mancavano 200mila euro, fu una decisione di Amati. Era lui che decideva, in seguito a incontri con Zoffoli, quali pratiche da portare”. Poi Vendemini afferma di essere stato lui a proporre, a fine gennaio, la sospensione della pratica Barbieri cui seguì la segnalazione all’Aif.

Quindi ribatte alle accuse che gli aveva mosso Lucio Amati nelle sue dichiarazioni: “Argomento che voglio affrontare è il supposto 10% che mi sarebbe stato consegnato dal Barbieri. Amati ha riferito l’episodio a questo tribunale relativo a Domenico Lubiana che avrebbe ricevuto una confidenza da Galliano. In effetti – dice Vendemini – il Barbieri consegnò 100.190 euro in più. Gli stessi si trovano però depositati presso il Cs sul conto. Il 10% c’è, lo ha Barbieri Vincenzo”. Smentisce quindi che quella sarebbe stata una percentuale a lui destinata, come pure di avere chiesto altrettanto per fare uscire il denaro dalla Banca. “Impossibile, perché a marzo 2011 era già tutto bloccato”. Poi la questione delle operazioni border-line. “A questo punto – ha detto Vendemini – mi chiedo se Amati lo faccia apposta, e allora posso comprendere le motivazioni, oppure sia lui affetto da sindrome border-line. Ad ascoltare quella telefonata si capisce bene come io dica: ‘Non voglio saper nulla di quella gente lì. Le cose si fanno solo se sono non border-line’. Esattamente il contrario di quanto sostiene Amati che io abbia detto”.

Quindi Vendemini ha concluso riferendosi alle affermazioni della mattinata di Francesco Lubiana: “Oggi avuto la conferma: ho capito che i signori Lubiana erano a conoscenza che Barbieri era un trafficante di droga. E avermelo presentato, nonostante questo, mettendo a rischio la mia famiglia, mi ha lasciato molto addolorato”.

Oggi il processo prosegue.

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy