A sostenere le ragioni dei riminesi (e di altri) perché San Marino non dia certi dati sui clienti Smi e Carfin, ci sono anche gli avvocati sammarinesi Manuel Micheloni e Maria Selva.
Lo riferisce Monica Raschi di Il Resto del Carlino.
«Per quanto riguarda i clienti della Smi, sono in 1.200 ad avere ricevuto la notifica—spiega l’avvocato sammarinese, Maria Selva—e non figurano come imputati nel procedimento romano, ma tutti hanno ricevuto una ordinanza unica, nella quale è stato cambiato solo il nome.
Quello che con questo ricorso si vuole sottolineare è che non possono essere oggetto di sequestro tutti i documenti di tutti i clienti indistintamente. Tra l’altro molte persone hanno chiuso la loro posizione tanti anni fa. Sempre per la Smi, c’è anche un’altra questione — prosegue il legale — le richieste della procura romana sono arrivate quando erano scaduti i termini delle indagini preliminari, quindi le informazioni che hanno ricevuto non possono essere utilizzate dall’accusa». «E’ una questione di diritto, valida sia per il caso Smi che Carifin che non ha niente a che vedere con il segreto bancario—fa notare l’avvocato Micheloni —. Il timore è che si chiedano i nominati per monitorare in via indiretta chi ha rapporti finanziari con San Marino». Il ricorso è diviso in due filoni: quello legato alla rogatoria della Procura di Forlì, mentre l’altro è collegato alla rogatoria partita dalla Procura di Roma, nell’ambito dell’inchiesta Smi, la finanziaria del conte
Enrico Maria Pasquini, ex ambasciatore di San Marino in Spagna e proprietario anche della ex Banca del Titano. In particolare, all’attenzione degli inquirenti i collegamenti tra la Smi e la fiduciaria italiana Anphora, sempre riconducibile a Pasquini.