Antonio Fabbri – L’informazione: Confermate in appello le condanne per il caso Vulcano

Antonio Fabbri – L’informazione: Confermate in appello le condanne per il caso Vulcano

L’informazione di San Marino

Confermate in appello le condanne con l’aggravante del metodo mafioso per il caso Vulcano che fece aprire gli occhi sulle infiltrazioni criminali tra la riviera e il Titano

Antonio Fabbri

SAN MARINO. Vulcano, confermate le condanne dalla Corte d’Appello di Bologna e riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso. Riconosciuto anche il danno all’Associazione Sos Impresa, costituitasi parte civile a tutela delle aziende che subiscono vessazioni mafiose da parte della criminalità organizzata. Dunque, il caso Vulcano, il primo che fece scoprire in maniera eclatante l’attività dei clan malavitosi a cavallo tra Rimini e San Marino, vede in appello confermate le condanne di primo grado, salvo un ritocco per uno degli imputati, Ernesto Luciano, al quale in primo grado era stata contestata la recidiva, non riconosciuta in appello, e che vede, quindi, abbassata la pena di qualche mese. Il caso è quello nel quale emerse l’attività del gruppo che faceva capo a Franco Vallefuoco e ai Mariniello. Un caso per il quale San Marino si svegliò con le infiltrazioni mafiose in casa, con l’attività dei clan in territorio, tra il Titano e la riviera. Scoprì il pestaggio in un capannone
di Rovereta, le estorsioni a
danno di Michel Burgagni e di
un altro imprenditore riminese,
l’attività con metodi “discutibili”
del recupero crediti e la
“lavatrice” di Fincapital, l’interesse
nel settore immobiliare, le
minacce telefoniche, le pistole
mostrate come intimidazione “a
chi si comporta male”, lo sconto
degli assegni per ripulire il denaro.
Insomma, tutte le attività
documentate anche nelle intercettazioni
telefoniche e nelle
ordinanze delle procure italiane
che diedero poi vita anche alla
commissione di inchiesta, appunto,
sulle vicende Fincapital.
Fecero aprire gli occhi a molti
su quanto stava accadendo
anche qua, con le “Mafie a San
Marino”.

La sentenza di primo grado
arrivò nel dicembre 2014 e, se
vide l’assoluzione dei sammarinesi
Roberto Zavoli e Leonardo
Raimondi, vide la condanna di
tutti gli altri che avevano fatto
anche del Titano territorio di
conquista e avevano entrature
ad alti livelli.

Condanne confermate, dunque,
per Giovanni Formicola, 7 anni,
ed Ernesto Luciano, 7 anni in
primo
grado scontati di qualche
mese in appello perché non
riconosciuta la recidiva; 5 anni
e 6 mesi per Sergio Romano;
4 anni e 6 mesi per Francesco
Vallefuoco; 4 anni per Francesco
Sinatra, Giuseppe Mariniello
e Francesco Agostinelli;
3 anni e 9 mesi la pena per
Pasquale Maisto e Massimo
Venosa.

Importante, dal punto di vista
processuale, ma ancor più dal
punto di vista della consapevolezza
sociale, è la conferma
dell’aggravante del metodo
mafioso. Aggravante contestata
dalle difese, che hanno sostenuto
la non appartenenza a clan
camorristici degli imputati, ma
hanno affermato che piuttosto
le minacce, erano da considerare
come un espediente per
incutere timore.

Non dello stesso avviso, evidentemente,
la Corte. Corte che ha
anche riconosciuto il risarcimento
del danno, da liquidare
in separata sede, a favore di
“Sos Impresa”, in giudizio
rappresentata dagli avvocati
Patrick Wild e Rachele Grassi
dello Studio Grassi-Benaglia di
Rimini. Riconoscimento, anche
questo, non secondario che
attesta come l’attività collettiva
e la forte valenza sociale delle
associazioni portatrici di principi
alti e comuni, sia presidio
importante e fondamentale da
fare valere anche nelle sedi
giudiziarie
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