Consiglio Grande e Generale, seduta pomeridiana. Estratto interventi Smna, Agenzia Dire

Consiglio Grande e Generale, seduta pomeridiana. Estratto interventi Smna, Agenzia Dire

COMUNICATO STAMPA

CONSIGLIO GRANDE E GENERALE 13-16  GIUGNO

MARTEDI’ 14 GIUGNO

Nel pomeriggio i lavori ripartono affrontando il comma
10
dedicato al riferimento del Governo
sull’esito della proposta operativa relativa alla parte
istituzionale dell’Accordo di Associazione con l’UE finalizzato a individuare
trattamenti di salvaguardia in particolare in materia di libera circolazione
delle persone e delle merci, di fiscalità e di libera prestazione dei servizi
in territorio’. Dopo il riferimento del segretario di Stato per gli Affari Esteri,
Pasquale Valentini, si apre il dibattito in cui si sono alternati sono
44 interventi. Il dibattito si chiude con l’impegno lanciato dal segretario del
Pdcs, Marco Gatti, di pervenire a un Ordine del giorno “il più possibile
condiviso” su cui sarà avviato il confronto con tutti i gruppi e che sarà
portato all’esame dell’Aula prima della chiusura della sessione consiliare.
L’Aula passa quindi al Comma
13
  con il dibattito e l’esame in
seconda lettura del “Progetto di legge in materia di associazionismo”, presentato
dai gruppi consiliari di maggioranza. I lavori terminano con la conclusione del
dibattito, domani i lavori riprenderanno con l’esame dell’articolato.

Di seguito un estratto
degli interventi della seduta odierna.

 

Comma 10. Riferimento del Governo sull’esito della proposta
operativa relativa alla parte istituzionale dell’Accordo di Associazione con
l’UE finalizzato a individuare trattamenti di salvaguardia in particolare in
materia di libera circolazione delle persone e delle merci, di fiscalità e di
libera prestazione dei servizi in territorio e successivo dibattito

Pasquale Valentini,
segretario di Stato per gli Affari esteri,
dà lettura del report consegnato all’Aula:  “’La struttura dell’Accordo è
suddivisa in tre parti: l’Accordo quadro che disciplina gli aspetti
istituzionali; uno o più Protocolli applicabili a ciascuno Stato; uno o più
Allegati (ai Protocolli) recanti l’elenco degli atti dell’Unione che i singoli
Stati dovranno rispettare secondo un calendario di scadenze. I tre Stati
avranno comunque un certo margine di azione: accanto alle tradizionali quattro
libertà di circolazione (beni, persone, servizi e capitali) e a talune
politiche indissolubilmente legate a tali libertà che dovranno essere incluse
nei rispettivi Allegati (in particolare, concorrenza e aiuti di Stato), altri
settori potranno essere inclusi in base alle opzioni di ciascuno Stato (ad
esempio, ambiente e telecomunicazioni).
   Malgrado la discussione sulla parte
iniziale dell’Accordo (preambolo), sia appena avviata, essa dovrebbe richiamare
le regole fondanti dello stesso e in particolare (negli intendimenti di San
Marino): il rispetto della specifica identità degli Stati di ridotte
dimensioni, come riconosciuto dalla Dichiarazione sull’art. 8 del Trattato
sull’Unione europea (TUE); il riferimento ai comuni valori di democrazia e
giustizia; l’esigenza che gli operatori economici degli Stati associati siano
pienamente integrati nel mercato interno dell’Unione e fruiscano quindi di un
trattamento non discriminatorio. San Marino ritiene essenziale quest’ultimo
profilo, al momento formalmente recepito in una disposizione del progetto di
Accordo. Dal punto di vista del Servizio europeo di azione esterna (SEAE) e
della Commissione, è vitale (com’è già avvenuto in altri strumenti
internazionali conclusi con Stati terzi) che l’Accordo garantisca l’omogeneità
del diritto del mercato interno nei rapporti con i tre Stati e, di conseguenza,
la certezza del diritto, e cioè l’adeguamento automatico degli ordinamenti
nazionali all’evoluzione dell’acquis. Ciò permette di comprendere due tratti
caratteristici del progetto. In primo luogo, la costituzione (per ciascuno
Stato associato) di un Comitato misto bilaterale (che decide di comune accordo
e si riunisce almeno una volta l’anno) avente il compito di vegliare
sull’applicazione effettiva dell’Accordo e in particolare sul costante
allineamento dei tre Stati all’evoluzione dell’acquis, stabilendo le modifiche
al corrispondente Allegato. Se necessario, l’adeguamento interno può
richiedere lo svolgimento di procedure costituzionali, nel qual caso i tempi
saranno inevitabilmente più lunghi. Conviene ricordare che, al pari di altri
strumenti internazionali stipulati dall’Unione, l’allineamento sarà
unilaterale, non essendovi possibilità di emendare gli atti dell’Unione (fatte
salve le specificità dei singoli Stati di cui si potrebbe eccezionalmente
tener conto, su singoli punti dell’acquis, nei vari Protocolli) Né sarà
possibile agli Stati associati partecipare al processo decisionale dell’Unione
in senso stretto; sarà loro garantita invece la consultazione al momento della
presentazione di progetti legislativi o normativi da parte della Commissione,
fino al momento della decisione finale.  Al Comitato misto si aggiungerà un Comitato
di associazione, destinato a riunire tutte le parti contraenti, con funzioni di
natura essenzialmente politica e pertanto di discussione sulle questioni
generali di comune interesse.
   La seconda caratteristica concerne il
ruolo primario riservato alla Corte di giustizia. Per garantire l’uniformità e
l’omogeneità del diritto dell’Unione (in maniera tale da essere rilevante per
ciascuno Stato associato), esso dovrà interpretarsi in conformità alla
giurisprudenza della Corte. Complementare ma essenziale a tal fine è lo
strumento di cooperazione giudiziaria diretta tra i giudici dei tre Stati
associati e la Corte di giustizia: si tratta essenzialmente di un meccanismo di
rinvio pregiudiziale molto simile a quello contemplato dai Trattati riguardo ai
giudici degli Stati membri. La Corte di giustizia avrà anche una duplice
competenza esclusiva: da un lato, è destinata a risolvere le eventuali
controversie tra l’Unione e ciascuno dei tre Stati; dall’altro, giudicherà
circa l’interpretazione e la validità degli atti dell’Unione che ricadono
nella sfera di applicazione dell’Accordo. Quanto alle garanzie giurisdizionali,
dovrà essere assicurato il più ampio accesso ai giudici dell’Unione da parte
sia degli Stati associati, sia delle loro persone fisiche e giuridiche. Le
sentenze della Corte di giustizia saranno vincolanti per le parti contraenti
(inclusi gli Stati membri dell’Unione e le persone fisiche e giuridiche di San
Marino). Nel caso in cui una parte contraente non si conformi alla sentenza,
secondo il SEAE, decorso un certo termine, l’Accordo dovrebbe stabilire una
“clausola ghigliottina” volta a estinguere, automaticamente e integralmente,
gli effetti dello stesso. Secondo i tre Stati, invece, si dovrebbe avviare una
procedura all’interno del Comitato misto, diretta in sintesi a individuare i
settori dell’Accordo che debbano essere oggetto di misure sospensive
(l’eventuale inadempimento inciderebbe dunque solo sull’applicazione di una
parte dell’acquis). Il punto è assai delicato, dovendosi garantire un giusto
bilanciamento tra l’esigenza di evitare l’applicazione automatica della
clausola di risoluzione rispetto a inadempimenti minoris generis (per i quali
la “ghigliottina” sarebbe esorbitante e sproporzionata) e l’opposta esigenza di
assicurare l’effettività dell’Accordo, evitando cioè che gli Stati associati
“taglino” nel tempo, tramite inadempimenti mirati, i settori del diritto del
mercato interno più sgraditi, recando un vulnus alla omogeneità dello stesso.

   Su richiesta comune dei tre Stati,
l’Accordo dovrebbe recare una clausola di salvaguardia che permetta alle parti
di adottare eccezionalmente misure temporanee di sospensione parziale
dell’Accordo stesso in caso di circostanze gravi e impreviste di natura
economica, sociale, ambientale, sanitaria e di ordine pubblico. Inutile dire
che il SEAE è molto restìo a concedere tale clausola su base generale.
L’Accordo sarà infine corredato di una serie di clausole finali, di entrata in
vigore, anche in via provvisoria, di denuncia e di revisione (ordinaria e
semplificata).
   L’analisi della libertà circolazione
delle merci, la prima delle quattro grandi libertà fondamentali che formano
l’acquis dell’Unione che la Repubblica di San Marino – al pari di Andorra e
Monaco – sarà chiamata a recepire all’interno del proprio ordinamento
nazionale, è iniziata nell’autunno del 2015. I funzionari del Servizio Europeo
per l’Azione Esterna (SEAE), supportati dalle varie Direzioni competenti per
materia, hanno proceduto inizialmente a fornire alle delegazioni dei tre Paesi
una presentazione della vasta materia e alcuni suggerimenti metodologici per
procedere all’analisi interna prima e al successivo processo di recepimento e
di integrazione. Contestualmente è in corso anche una fase di verifica e di
analisi (screening), compiuta a livello bilaterale, della parte di ordinamento
nazionale che già totalmente o in parte recepisce l’acquis dell’Unione. Il
Gruppo Tecnico istituito dal Congresso di Stato, investito di questo compito,
da un lato relaziona alla Commissione circa la situazione interna; dall’altra,
con il supporto del consulente e delle strutture amministrative della Pubblica
Amministrazione e del Dipartimento Affari Esteri, sta compiendo l’analisi dettagliata
della normativa Ue ancora da recepire in virtù delle priorità determinate
dall’amministrazione stessa. Questo lavoro, che come è facile supporre
necessita di tempi particolarmente consistenti, dovrà fornire ai competenti
servizi della Commissione il quadro interno necessario per poter definire il
calendario e le modalità dell’acquisizione del competente acquis. Le
difficoltà e la complessità del lavoro hanno prodotto un rallentamento dei
lavori rispetto al calendario iniziale prospettato nella primavera del 2015; la
stessa Commissione non ha ancora presentato una bozza di testo di lavoro su
come provvedere a inquadrare nel piano normativo questa materia. Giova
ricordare come in questo ambito il vigente Accordo di Cooperazione e di Unione
Doganale, che già regolamenta diversi aspetti attinenti a questa libertà
fondamentale, verrà incorporato nell’Accordo di associazione; la proposta di
testo riguardante questo aspetto è stata fatta giungere in questi giorni alla
delegazione sammarinese a breve potrà essere compiutamente esaminata
dall’amministrazione sammarinese, in modo che presumibilmente già dal prossimo
autunno, alla ripresa dei lavori, la stessa possa iniziare a essere discussa.
Nel frattempo la delegazione sammarinese ha cercato di guadagnare tempo
incontrando bilateralmente le Direzioni competenti della Commissione europea
per chiarire alcuni aspetti regolamentati dall’Accordo di Unione doganale che
dovranno necessariamente essere affrontati e studiati alla luce del nuovo
quadro normativo.
San Marino, a seguito dell’entrata in
vigore dell’Accordo di cooperazione e di unione doganale, firmato nel 1991 ed
entrato in vigore il 1° aprile 2002, vanta un accordo positivo; esso non
include infatti solo la libera circolazione delle merci, ma va oltre,
considerando le merci sammarinesi come comunitarie. L’Accordo di unione
doganale dà inoltre a San Marino il diritto di applicare e fare propri tutti
gli accordi per incentivare gli scambi che la Ue stipula con Paesi terzi. San
Marino è pertanto avvantaggiato rispetto a un Paese terzo, ma svantaggiato
rispetto ad un Paese membro dell’Unione. Permangono infatti alcune criticità,
tra cui il fatto che le nostre merci sono parificate come origine e come dazi
ma non a livello fiscale. Quando le merci spedite da San Marino transitano
verso un altro Paese dell’Unione europea, al fine di garantire che le stesse
arrivino a destinazione e assolvano l’IVA gravante nel Paese di destinazione,
queste devono essere accompagnate dal documento di transito doganale T2, che
attesti l’effettivo stato di libera pratica, seppur provenienti da un Paese con
una fiscalità diversa. Il T2 è utilizzato quindi per il transito comunitario
interno e serve per certificare che le merci siano effettivamente già
sdoganate, quindi in libera pratica all’interno della Ue anche se provenienti o
destinate ad un Paese con una fiscalità diversa. A oggi non è possibile
spedire senza T2, perché San Marino non riuscirebbe altrimenti a garantire
all’Unione europea che le merci inviate assolvano l’IVA nel Paese in cui sono
destinate. Il T2 è un documento garantito da chi lo emette; se non viene
presentato alla dogana del Paese in cui è destinato ci sarà un obbligo da
parte dello spedizioniere che lo ha emesso, di procedere all’assolvimento delle
imposte che gravano su quelle merci. Questo documento serve a rilevare lo
statuto doganale e comunitario della merce e costituisce la prova che, se essa
proviene da Stati terzi, è stata sdoganata negli uffici dell’Unione e, nel
nostro caso, dagli uffici italiani. Per la Ue, occorre dunque avere la prova
che la merce in provenienza da uno Stato terzo abbia pagato i dazi e si trovi
in libera pratica. Il nuovo codice doganale comunitario non ha cambiato nulla
al riguardo e non può dirci in che misura, nel nostro caso, si potrà
eventualmente ridurre il carico burocratico delle attuali procedure vigenti con
San Marino. Il nuovo codice insiste molto sull’informatizzazione delle
procedure e per l’applicazione negli Stati membri è previsto un periodo
transitorio per dare tempo a tutti di attuarlo. 
Circa la questione della autonoma gestione doganale, l’Accordo di
cooperazione e unione doganale prevede la possibilità per San Marino,
trascorsi 5 anni dall’entrata in vigore, di gestire autonomamente le proprie
dogane. Dall’approfondimento finora effettuato, questi sono, in estrema
sintesi, gli elementi emersi per inquadrare il problema. Ad oggi per le merci
sammarinesi le pratiche di sdoganamento sono svolte dagli spedizionieri
autorizzati, figure professionali che agiscono in qualità di pubblici
ufficiali per conto dell’Ufficio Tributario, operando con il supporto delle
Guardie di Rocca, e sdoganano tutte le merci in arrivo dai Paesi della Ue
inviati loro da una delle dogane Italiane accreditate per San Marino. Si tratta
di una quantità di operazioni molto maggiore rispetto alle operazioni che
riguardano le importazioni provenienti dai Paesi terzi che San Marino
acquisirebbe costituendo una nuova dogana. Con il sistema attuale l’Italia
riscuote i dazi per San Marino, ma San Marino è soggetto comunque agli oneri
di sdoganamento e immissione in libera pratica, al costo dei servizi, al
deposito e al costo di ulteriore emissione del documento T2 fino a San Marino.
Si tratta di una maggiorazione consistente in termini di dilatazione di tempi e
costi, che purtroppo è difficile documentare o far ricadere sulla
responsabilità della dogana Italiana. Infatti, nel rispetto dei controlli
obbligatori che il codice doganale impone, ogni direttore doganale è libero di
assoggettare le merci a maggiori controlli. Un ulteriore elemento negativo è
dato dal fatto che le merci sammarinesi, essendo sdoganate per conto di San
Marino, ma in territorio Italiano, sono sdoganate secondo regole italiane. Si
ricorda infine che le dogane italiane che sdoganano le merci per conto di San
Marino, incassano il dazio e lo restituiscono a San Marino con dichiarazioni
periodiche trattenendo il 25% che viene riconosciuto dalla Ue all’Italia quale
costo per la gestione delle dogane per nostro conto. L’importo del dazio annuo
corrisposto all’Ue è di circa 1.500.000 €. Con l’ottenimento della gestione
doganale, le dogane di San Marino potranno sdoganare e immettere in libera
pratica le merci direttamente sul territorio sammarinese, assoggettando le
merci al codice doganale come già a

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