Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: Banca Tercas, terminale dei soldi era proprio il Titano con la Smib

Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: Banca Tercas, terminale dei soldi era proprio il Titano con la Smib

 L’informazione di San Marino

Banca Tercas,
terminale dei soldi
era proprio il titano con la Smib

Antonio Fabbri

Ecco come i denari arrivavano in Repubblica per essere
occultati. Nelle richieste di rinvio a giudizio dei Pm abruzzesi un ex
ambasciatore di San Marino e due vertici dell’istituto sammarinese più volte
“graziato” per oscuri interessi

Non è secondario il fatto che tra i soggetti per i quali i procuratori
abruzzesi chiedono il rinvio
a giudizio
nella vicenda del crac Tercas,
la banca teramana, ci siano un ex
ambasciatore
di San Marino, due consiglieri del Cda della Smib,
un azionista della stessa banca. Non è secondario perché, ancora una volta,
emerge che una intera banca sammarinese fu il veicolo per la distrazione di
fondi da oltre confine per affari non chiari e, oggi, oggetto di giudizio.

Riporta un quadro completo
dell’avviso di fine indagini, Alessandro
Biancardi, del quotidiano
on-line “PrimaDaNoi.it”.
A processo l’11 febbraio 2015
finiranno dunque Antonio Di
Matteo ex direttore (foto), la
compagna Cinzia Ciampani, gli
imprenditori Raffaele Di Mario,
Francescantonio Di Stefano (imprenditore
televisivo di 7Gold)
di Avezzano, Pancrazio Natali di
Campli, l’imprenditore Antonio
Sarni di Ascoli Satriano (Fg),
Lino Nisii, presidente della Tercas,
Pierino Isoldi, Gianpiero Samorì,
Gilberto Sacrati, Cosimo
De Rosa, Lucio Giulio Capasso
di Terracina, Paola Ronzio, Saverio
Signori, Vittorio Casale e la
stessa Cassa di Risparmio della
provincia di Teramo. Parti offese
nel processo sono state indicate
la Banca d’Italia, la stessa Tercas
ed i curatori fallimentari di Dimacostruzioni
spa e Dimatour
spa. Anche l’Adusbef chiederà la
costituzione di parte civile.
Le contestazioni dei Pm
e il terminale di san Marino
Il reato più grave contestato è
quello di associazione a delinquere
“con la finalità di essersi
associati tra loro al fine di commettere
delitti di ostacolo alla
funzione di vigilanza, di appropriazione
indebita, di bancarotta
fraudolenta e di riciclaggio anche
transnazionale”. E in quel “transnazionale”
sono fondamentali i
rapporti con la Smib di San Marino.Il reato è contestato a Di Matteo,
direttore da giugno 2005 al
30 settembre 2011, che avrebbe
avuto una “gestione proprietaria
della banca”, cioè gestendo il
patrimonio bancario come fosse
cosa propria ed esercitando “un
potere assoluto di decisioni delle
pratiche di concessione di finanziamenti”.
Una montagna di soldi
che poi finivano a suoi vecchi
amici. Sembra una storia già vista
anche in occasione di diversi
crac bancari sammarinesi relativi
anche a indagini in corso: secondo
l’accusa molte somme ingenti
uscivano dall’istituto bancario di
Teramo in carenza di presupposti
per concedere il fido “al di fuori
dai protocolli di garanzia previsti
a fronte della disponibilità ad
effettuare operazioni di acquisto
con patto di rivendita di azioni
proprie di Banca Tercas per assicurare
a Di Matteo il controllo
assoluto della banca, dissimulando
l’effettiva consistenza del
patrimonio di vigilanza dell’istituto
e inducendo così in errore la
Banca d’Italia”.
La procura di Roma ha stimato
in 220 milioni di euro il danno
complessivo procurato alla cassa
teramana tra la incredibile distrazione
di tutti, mondo politico
in primis. Il tutto sarebbe avvenuto
con una serie di atti che nel
tempo hanno prodotto il dissesto
con operazioni finanziarie anche
complesse che hanno creato o la
bancarotta in talune società o lo
spostamento di ingenti capitali
in paradisi fiscali tra i quali il
punto finale era San Marino.

Il meccanismo
Secondo la procura Di Matteo
sarebbe stato l’ideatore della associazione
a delinquere essendo
socio occulto dell’imprenditore
abruzzese televisivo Francescantonio
Di Stefano e per questo
avrebbe erogato fidi per milioni
di euro. Con questi fidi erogati
Di Matteo avrebbe poi lucrato,
anche grazie a ditte schermo
intestate alla convivente Cinzia
Ciampani, con la società Immobiliare
Tolstoj srl.
Dal canto suo la Ciampani, titolare
anche della Nettuno Fiduciaria
srl di Bologna e intestataria
di conti correnti Tercas,
risultava beneficiaria di bonifici
di ritorno da molti soggetti fi-
nanziati da Di Matteo per poi
acquisire quote pari al 22% della
banca sammarinese Smib, interamente
acquistata da Raffaele
Di Mario. Qui subentra il ruolo
di San Marino, allora, come
terra che si interpone per fare
perdere le tracce del denaro. Attraverso
Smib, per gli inquirenti,
venivano effettuate gran parte
delle operazioni che servivano
per occultare i soldi.

L’ambasciatore Samorì
Quello di essere nel corpo diplomatico
sammarinese e avere uno
stretto rapporto con le banche,
pare in quel periodo un distintivo
del Titano. Giampiero Samorì,
ambasciatore di San Marino in
Francia, acquista per il tramite
delle sue società 2.400.000 azioni
della Tercas, anche lui abbondantemente
finanziato dallo stesso
istituto finanziario grazie all’intervento
di Di Matteo che infatti
lo propone quale cliente affidabile
alla Banca popolare di Spoleto
dopo la cessazione del rapporto
con la banca Tercas. In totale
del 2008 al 2010 Samorì avrebbe
beneficiato di finanziamenti per
poco più di 24 milioni di euro
girati a favore della Gestione
Grandi Hotels Central Park srl al
fine di rilevare da Ripresa Srl un
complesso immobiliare destinato
attività commerciale di Bologna
al prezzo di 19 milioni di euro.
Seguirono una serie di operazioni
finanziarie anche in paradisi
fiscali con base a San Marino che
avevano come beneficiari delle
società riconducibili alla compagna
di Antonio di Matteo.

Meccanismo consolidato
I casi contestati, insomma, sono
tutti analoghi. Stesso sistema per
tutti. Tanto che la procura parla
di un meccanismo consolidato
nel quale le operazioni avevano
l’unico scopo di far perdere le
tracce del denaro e per questo
dovevano transitare su conti correnti
di appoggio situati in Svizzera,
Lussemburgo, Singapore,
Gran Bretagna. A San Marino
invece risiedevano i conti correnti
finali destinatari delle somme
“prove di appropriazione indebita
di riciclaggio, di distrazione
e bancarotta fraudolenta”, per la
procura.

Le mancate comunicazioni
Tra le accuse ci sono anche le
mancate comunicazioni da parte
di Tercas a Bankitalia. E tra le
mancate comunicazioni ci sono
gli intrecci di interessi con la
Smib ed il relativo acquisto del
capitale di questa. Una operazione
che secondo gli inquirenti era
rivolta ad evitare la liquidazione
della banca sammarinese realizzato
con la vendita di 7,5 milioni
di euro delle azioni Tercas
possedute da Di Stefano e con la
concessione del finanziamento
di 2,5 milioni di euro deliberato
d’urgenza. Per volerne evitare
la liquidazione, dunque, quella
banca doveva servirgli proprio
aglin indagati. In particolare presidente
e direttore di Tercas si
guardarono bene di informare la
vigilanza del fatto che gestivano
la banca di San Marino attraverso
una persona di loro fiducia,
Roberto Pietropaoli, dipendente
Tercas messo in aspettativa per
ricoprire la carica di direttore
generale della Smib, e Franco Iachini,
presidente Smib.

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