Antonio Fabbri – L’informazione: Mercimonio ambasciate tra logiche spartitorie e veti incrociati nel governo

Antonio Fabbri – L’informazione: Mercimonio ambasciate tra logiche spartitorie e veti incrociati nel governo

L’informazione di San Marino

Mercimonio ambasciate tra logiche spartitorie e veti incrociati nel governo

Nella nuova ordinanza che accusa Podeschi di corruzione, la descrizione di una discutibile modalità dell’azione del Congresso. La decisione collegiale non escludela corruzione del singolo 

Sovrapposizione di reati presupposto tra mazzette, fatture false e riciclaggio

Antonio Fabbri

Il nuovo provvedimento della magistratura che ha confermato il provvedimento cautelare del divieto di espatrio, pur attenuandone le limitazioni, per Podeschi e Baruca, esplicita in maniera chiara quale sia il merito dell’inchiesta stralciata. Anche
se c’è chi, per convenienza o per
mancata conoscenza degli atti,
prova a sollevare dubbi, il provvedimento
è molto chiaro nel
tracciare il quadro di come, con i
medesimi denari, si siano di fatto
compiuti quattro ordini di illeciti
che si sono sovrapposti tra loro.
Il primo, per cui il giudizio è già
incardinato nel procedimento di
primo grado, è il riciclaggio del
denaro sporco dell’azzardo dei
junkets di Macao. Poi ci sono
altri tre reati contestati che sono
oggetto del procedimento stralciato:
la corruzione per il mercimonio
della carica diplomatica di
Phua e per l’albergone con casinò
annesso; il riciclaggio e l’autoriciclaggio
di quelle tangenti; le
false fatturazioni servite per fare
transitare quella illecita dazione.
Questa sovrapposizione per le
difese non sarebbe possibile.
Tuttavia, facendo un esempio e
senza voler fare la lezioncina a
nessuno, se un soggetto finisse
a giudizio per omicidio di un
rivale e in seguito, da una parte
stralciata di quel procedimento,
si scoprisse che con la stessa
pistola ha anche sparato a un
passante che aveva visto tutto,
di questo secondo reato non
dovrebbe rispondere perché la
pistola era la medesima?
Può ben darsi, dunque, che,
seppure i denari siano gli stessi,
questi siano stati, come contestano
i magistrati, strumento
e oggetto di reato del primo
riciclaggio e, in sovrapposizione,
della tangente poi riciclata
e delle fatture false. E questo,
nell’ordinanza, i magistrati lo
spiegano.

La sovrapposizione
di reati
presupposto
Il fatto che quei 2,5 milioni di
euro siano stati riciclati – passando
da Black Sea Peral a Clabi,
in parte retrocessi e in parte
finiti sui conti degli indagati – e
secondo l’accusa siano serviti
per pagare tangenti a Podeschi,
vede gli inquirenti ricostruire
una sovrapposizione di reati
presupposto.

Per l’accusa tanto Podeschi quanto Baruca hanno riciclato
i 2.500.000 euro accreditati da
Phua a favore di Clabi. Baruca,
tuttavia, ha anche riciclato, e
Podeschi ha auto-riciclato, quella
parte dei fondi provenienti da
Black Sea Pearl-Phua che è
stata usata per pagare tangenti.
Alla sovrapposizione cronologica
delle condotte corrisponde
l’integrazione di una pluralità
di reati che in parte hanno ad
oggetto la medesima provvista. I
fondi provenienti dalla Black Sea
Pearl, insomma, una volta occultati
sotto forma di consulenza
prestata dalla Clabi, sono stati in
parte retrocessi allo stesso Phua
tramite la Flapex Holding oltre
che tramite Stefanos Balafoutis
e Stefanos Papadopoulos, e in
parte sono stati usati per il “pagamento”
di una tangente in base
a un accordo corruttivo tra Claudio
Podeschi e Phua Wei Seng.
La prima mazzetta è pressoché
coincidente con il conferimento
dell’incarico diplomatico e con
l’avvio di trattative per la realizzazione
di un Aman resort al cui
interno mimetizzare un casinò.
Le successive dazioni coincidono,
invece, con il rinnovo
dell’incarico e con la prospettiva
di una sua estensione al territorio
di Macao.

L’accordo corruttivo
A Phua era molto utile il
passaporto diplomatico ed era
disposto a pagarlo parecchio. Era
disposto, rilevano i magistrati,
a pagare somme che, rapportate
alla capacità economica del
corruttore appaiono modeste,
mentre sono sicuramente ingenti
se si considera la prospettiva
del corrotto, che era solito far
elargire incarichi diplomatici a
favore di soggetti con i quali aveva
indicibili rapporti d’affari. Nel caso contestato l’accordo corruttivo
non è circoscritto al solo
incarico diplomatico, ma aveva
ad oggetto anche la realizzazione
in territorio sammarinese di un
Aman resort, con annesso casinò
con sala scommesse on-line,
pari pari a quella per cui Phua è
finito sotto processo davanti alla
corte di Las Vegas, cavandosela
perché non ammesse delle prove
raccolte, mentre gli altri che
erano con lui hanno patteggiato.
Il fatto che, come altre iniziative,
l’albergone non venne realizzato,
non toglie, secondo i magiastrati,
che in vista della sua realizzazione
Podeschi abbia intrapreso
trattative che coinvolgevano
esponenti politici, per convincerli
della bontà dell’operazione.
Podeschi, non potendo riferire
di aver ricevuto 2.500.000 euro,
sviò l’attenzione sulle strutture
alberghiere, portando in visita in
Montenegro e anche all’Aman di
Venezia alcuni membri del Governo
e del Consiglio Grande e
Generale. Così, secondo l’accusa,
la condotta tenuta da Podeschi
con l’asservimento delle proprie
funzioni agli interessi di Paul
Phua, ha implicato il compimento
di specifici atti contrari
ai doveri d’ufficio: le delibere
congressuali relative al conferimento
di incarichi diplomatici
senza adeguata istruttoria e sulla
base del solo curriculum prodotto
da Phua, tramite Podeschi; la
sottoscrizione di convenzioni; il
mancato controllo sull’osservanza
degli obblighi convenzionali
imposti al “diplomatico” anche a
fronte del documentato utilizzo
del passaporto per finalità estranee
alla carica.

La corruzione del singolo e le decisioni dell’organo collegiale. E’ notorio che molte delle delibere adottate in Congresso di Stato, soprattutto quando si tratta di nomine, sottostanno alla logica dello scambio di favori e dei veti incrociati. Con il mercimonio delle cariche diplomatiche, il rinnovo del passaporto, le trattative per l’albergone, è accaduto esattamente questo e i magistrati lo esplicitano nero su bianco nell’ordinanza, precisando che il fatto che il Congresso agisca collegialmente non esclude che ci possa essere corruzione per taluno dei membri di governo. Secondo i magistrati la presenza di un componente dell’organo collegiale partecipe di un accordo corruttivo, delegittima alla radice la funzione dell’intero organo. Il peso del singolo componente risulta determinante quando l’esito delle deliberazioni mira a soddisfare le richieste dei vari proponenti, secondo una logica politica spartitoria in cui ciascuno si astiene dal porre veti sugli incarichi proposti dagli altri, in attesa del proprio turno. Per l’accusa il difetto d’imparzialità di Claudio Podeschi ha pregiudicato la correttezza e l’imparzialità della decisione congressuale. Tanto più che per
la ricostruzione degli inquirenti
è stato Podeschi a proporre la
“pratica”, ad istruirla fornendo
documentazione “autocertificate”,
ed a sensibilizzare altri
congressisti, tra cui il Segretario
di Stato per gli Affari
Esteri, grazie a soggiorni e
visite presso le strutture alberghiere
di cui Phua si dichiarava
proprietario. In tale contesto,
la deliberazione finale adottata
dall’intero Congresso è stata
inquinata, sottolinea la magistratura,
dal ruolo determinante
del congressista prezzolato. Fu
peraltro lo stesso Podeschi a
predisporre la bozza della deliberazione
finale poi adottata
dal Congresso. Sempre lui successivamente
– non essendo più
neanche al governo – si premurò,
ricostruiscono gli inquirenti,
di confermare all’amico
malese che, “in occasione di
un incontro di governo, in data
27 dicembre 2012, il Segretario
agli Affari Esteri, Pasquale
Valentini” aveva “proposto,
come ulteriore titolo, quello
di Ambasciatore a Macao” di
Paul Phua.

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