Civico10 su sanatoria e condono edilizio

Civico10 su sanatoria e condono edilizio

Il concetto di condono racchiude un significato errato poiché diseducativo. E su questo non abbiamo alcun dubbio.

I diversi condoni fiscali ed edilizi che si sono susseguiti nel corso degli anni nella vicina Italia, conseguenti all’inefficienza dei controlli, hanno avuto, a nostro avviso, un ruolo decisivo nella coltivazione di quel modo di pensare molto diffuso nella popolazione che considera la legge come un ostacolo da superare con qualche astuzia, più che come un limite invalicabile.

A San Marino si è iniziato da qualche giorno a parlare di condono edilizio, con il triplice scopo dichiarato da chi ha lanciato la provocazione di regolarizzare situazioni in stallo da anni ed anni, farne emergere di nuove e recuperare denari utili alle casse dello Stato in questo momento di crisi di liquidità.

Prima di esprimere un giudizio definitivo in merito occorrerà attendere l’aggiornamento del catasto che permetterà di certificare, oltre al numero degli abusi, anche la loro natura.

Qualcuno ha scritto nei giorni scorsi che gli abusi edilizi, seppur tutti condannabili in quanto violazioni di legge, possono essere più o meno gravi. E’ un abuso gravissimo una villa costruita in terreno a destinazione agricola; può rivelarsi altrettanto grave in alcuni casi, lo spostamento di un muro interno qualora vada a compromettere la stabilità dell’edificio riducendo o eliminando pilastri o muri portanti; è da considerarsi un abuso meno grave (perlomeno perché non consuma ulteriore territorio) la chiusura di un terrazzo.

Da una parte, gli abusi che comportano la costruzione di edifici su terreni non edificabili e che quindi contribuiscono alla cementificazione del territorio, secondo noi, non devono ricevere sconti ed essere invece destinatari di ordini di demolizione coatta da rendere immediatamente operativi o di confisca nel caso in cui l’edificio possa tornare utile alla comunità. Stessa inflessibilità si dovrebbe avere nei casi in cui le modifiche alla divisione interna potrebbero inficiare la stabilità dell’edificio. Si può valutare, dati alla mano, la natura degli abusi che non comportano un consumo ulteriore del territorio oltre alle modifiche di divisione che non influiscano sulla stabilità degli edifici, ipotizzando eventualmente l’introduzione, a fronte di un’autodichiarazione con successiva verifica per l’allibramento del catasto, di multe severe che vadano a punire la violazione e creino un entrata ulteriore per lo Stato.

E’ ovvio che interventi di questo tipo avrebbero il triplo vantaggio di liberare i terreni occupati abusivamente dal cemento, di far diventare gli abusi “minori” una fonte di entrate e di far emergere situazioni opache così da completare l’aggiornamento del catasto. E’ altrettanto ovvio che si avrebbe la controparte negativa di sanare gli abusi minori e non compromettenti per il territorio, a fronte comunque di multe salate.

Tutto questo potrebbe avere senso se, e solo se, precedentemente a questo azzeramento della situazione ci si dotasse di una nuova normativa che preveda norme severe e punizioni certe per prevenire eventuali abusi successivi. A questo proposito riteniamo sia giusto dimostrare coerenza abrogando l’art.179 della Legge n.87 del 1995 che, trascorsi 10 o 20 anni dalla loro realizzazione ed a fronte di un piccolo contributo di concessione, permette di sanare automaticamente alcuni tipi di abusi.

I condoni e le sanatorie, moralmente sempre inaccettabili, possono trovare un significato solamente se inseriti in un contesto di netta discontinuità con il passato. In caso contrario ci si troverebbe in poco tempo nella stessa identica situazione di oggi, entrando nella spirale dei condoni diseducativi.

Attendiamo quindi di conoscere i numeri e la natura degli abusi in questione per poter valutare meglio la questione. A questo proposito stiamo elaborando un’apposita interpellanza in materia, in modo da poter compiere valutazioni ancora più certe.

 

 

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