Condividere Un’Esperienza – Intervista a Pietro Luppi, Stiven Muccioli

Condividere Un’Esperienza – Intervista a Pietro Luppi, Stiven Muccioli

Condividere Un’Esperienza – Intervista a Pietro Luppi

Stiven Muccioli

Nel mio ultimo articolo ho parlato della possibilità di incentivare un tipo di economia “alternativa” nella Repubblica di San Marino. Ho già parlato del perché sono arrivato a proporre una svolta così “provocatoria“, quindi mi limiterò a ricordare che il nocciolo del discorso è la necessità di una vera svolta sia a livello etico che economico. Una strada nuova .

Scrivendo questo articolo però, mi sono trovato davanti a delle difficoltà. Principalmente, volevo riuscire a rendere chiaramente l’idea di quello che è il mondo della cosiddetta “Economia Alternativa”, avrei voluto far capire chiaramente al lettore tutte le dinamiche che ruotano intorno a questo mondo. Le motivazioni, lo spirito e le competenze che vengono coinvolte.

Purtroppo però, anche documentandomi mi sono reso conto che l’articolo non funzionava. Mancava cioè, quella concretezza che parlando di argomenti economici è assolutamente necessaria, e senza la quale si perde totalmente di credibilità.

Proprio per queste ragioni, ho deciso di tagliare la testa al toro e riportarvi la viva esperienza di persone che di concretezza ne hanno da vendere. Gente che è tutti i giorni a contatto con queste realtà e meglio di me può farvi realmente capire la dimensione di questo argomento.

Abbiamo parlato insieme di Economia Alternativa e ascoltando le loro opinioni sullo sviluppo di un progetto del genere a San Marino non ho potuto fare a meno di pensare che ci sono ancora tante possibilità per il nostro futuro. Sta solo a noi sfruttarle .

La prima di queste testimonianze è quella che gentilmente mi ha concesso Pietro Luppi, Direttore del Centro di Ricerca Economia e Sociale “Occhio del Riciclone”.

Lo ringrazio anticipatamente per la cortesia e la disponibilità che ha dimostrato.

Ci può descrivere brevemente in cosa consiste il progetto “Occhio del Riciclone”?

Luppi- Occhio del Riciclone é un movimento nazionale che comprende una cooperativa e un gruppo di associazioni regionali; da due anni é presente in forma permanente anche in Messico. Occhio del Riciclone si divide in varie aree operative, come il Centro di Ricerca Economia e Sociale, l’area che si dedica all’educazione ambientale e alla produzione di eventi, l’area che si dedica alla comunicazione territoriale, e il settore che progetta, produce e commercializza oggetti di design e capi e accessori di alta moda ottenuti con gli scarti.
Occhio del Riciclone scommette sull’arte e la creativitá come strumenti chiave per cambiare l’immaginario sui cosiddetti “rifiuti”, e allo stesso tempo sostiene le economie popolari dell’usato promovendo modelli di Riutilizzo su scala che le includano e permettano la loro totale emersione.

Come e quando è partito questo progetto, e con quali motivazioni?

Luppi- Occhio del Riciclone é nato nel 2003, con l’obiettivo di dare visibilitá e importanza alla pratica del Riutilizzo e alla visione delle economie popolari, che raramente vengono ascoltate nonostante la serietá delle loro idee e proposte nel campo della Gestione dei Rifiuti.

Quali sono le vostre principali attività? In che modo vi potreste definire “fautori di un’economia alternativa?”

Luppi- Le nostre principali attivitá sono quelle che ho elencato nella prima risposta. Siamo fautori di un’economia alternativa perché stiamo costruendo in maniera estremamente concreta le condizioni perché la microimpresa dell’usato partecipi con ruolo da protagonista nella gestione dei rifiuti.

La microimpresa popolare ha caratteristiche socio-economiche profondamente diverse rispetto alle imprese formali il cui funzionamento é descritto nei manuali.

Pensa che lo sviluppo di un’economia non basata unicamente su logiche di profitto ma rivolta anche verso uno sviluppo sociale sia realmente possibile? Attualmente cosa ne frena l’espansione secondo lei?

Luppi- Un’economia basata anche sullo sviluppo sociale é possibile. Non si tratta solo di acquisire il valore aggiunto della “responsabilitá sociale” rispettando alcuni standard, ma di strutturare un sistema economico dove l’emarginazione possa essere “riciclata” in forme produttive, dignitose e competitive. Dalla Rivoluzione agricola inglese in poi l’economia “incastonata” nei rapporti sociali é andata gradualmente scomparendo, lasciando spazio alla dicotomia tra sociale ed economico. Un dicotomia che in passato si pensava di poter colmare attraverso l’assistenza dello Stato o di certe applicazioni del fordismo; questi modelli peró sono decaduti. La sfida di oggi é individuare modelli d’impresa che trovino competitivitá autentica e non solo d’immagine grazie al loro essere micro, al loro essere locali, al loro essere socialmente integrati.

Nel nostro piccolo, con le proposte rivolte al settore riuso in Italia e al settore rifiuti in generale in America Latina, stiamo lavorando in questa direzione.

Pensa che questo tipo di economia alternativa sia potenzialmente in grado di generare lo stesso benessere diffuso che (almeno in una parte del mondo) garantisce l’economia finanziaria attuale?

Luppi- L’economia finanziaria attuale, che funziona in base a macrodinamiche che nessuno piú sa come controllare, non é piú in grado di offrire benessere diffuso in nessuna parte del mondo. Chi vive in aree dove questo benessere é ancora percepito, lo vedrá molto presto minacciato in relazione alle inarrestabili tendenze globali alla delocalizzazione della manodopera qualificata, delle tecnologie e del know how. Prevedere i fenomeni economici é diventato come fare le previsioni del tempo; non esiste nessuna certezza e tanto meno si conoscono formule esatte per contrastare le tempeste. L’unica maniera per difendersi dal ciclone in arrivo é puntare sullo sviluppo locale e su iniziative economiche strutturalmente solide, che non oscillino con la stessa volubilitá degli equilibri finanziari e commerciali globali. Da questo punto di vista l’economia popolare puó essere una risposta, nonché un meccanismo di compensazione rispetto all’emarginazione sociale ed economica che l’attuale sistema inevitabilmente produce.

Conosce lo stato di San Marino? Che considerazione ne ha?

Luppi- Si tratta di un luogo bellissimo e carico di storia, caratterizzato da meccanismi economici, sociali e politici molto endogeni e non facilmente comparabili con altri contesti.

La Repubblica di San Marino è un microcosmo economico e sociale all’interno dell’Italia. Cosa penserebbe vedendo questo stato sviluppare la sua economia basandosi su basi etiche e morali vicine a quelle della cosiddetta “Economia Alternativa”?

Luppi- Ogni microcosmo puó essere il luogo ideale per sperimentare formule alternative in piccola scala. Se vedessi la Repubblica di San Marino sviluppare veramente la sua economia a partire da meccanismi economici alternativi, non potrei che osservare con interesse questo processo cercando spunti da riproporre in altri contesti.

Spesso viene contestato a sistemi di Economia Alternativa, la loro dipendenza da finanziamenti pubblici. Questo tipo di perplessità riguarda principalmente organizzazioni del “Terzo settore” che come osserva Don Giacomo Panizza (Comunità Progetto Sud), non sono esenti da problematiche. Lei parla di “economie popolari” che si discosterebbero da considerazioni di questo tipo. Quali sono secondo lei le prospettive?

Esistono economie popolari, che sono sempre più vaste e che non aspettano altro che emergere in tutta la loro dignità.

Si tratta di forme economiche non riconosciute che sopravvivono e prosperano grazie alla loro efficienza e non perché ricevono soldi dallo Stato; queste realtà devono trovare spazio, e devono diventare spunto per l’adozione di nuove formule di business, maggiormente integrate nel sociale e più orientate alla ripartizione dei benefici che all’accentramento dei profitti.

Questa è, a mio avviso, la vera chiave per uno sviluppo sociale ed economico realmente possibile. A frenarne l’espansione sono vari elementi, tra i quali l’ideologia di bassa lega prodotta dai manuali di economia aziendale, e i compartimenti stagni che esistono tra strati sociali: chi si trova troppo in basso non parla la stessa lingua di chi partecipa ai processi decisionali, e le sue aspirazioni e proposte non vengono prese in considerazione.

Ringrazio ancora una volta Pietro Luppi per la disponibilità dimostrata.

Questa è una testimonianza reale di quello che si può costruire insieme. Stiamo parlando di progetti concreti, non solo di supposizioni.

Mi auguro che quando arriverà il momento, chi dovrà decidere la nuova strada da percorrere possa tenere in considerazione anche proposte di questo tipo. Me lo auguro per il bene del paese.


Anche oggi vi lascio con una citazione:

“Tutte le promesse di benessere e tutte le sicurezze date in epoca moderna dalle istituzioni statali nazionali, dai politici e dagli esperti di scienze e tecniche, sono state distrutte. E non c’è più in giro un’istanza che tolga all’uomo le sue nuove paure. Ecco allora che la crisi ecologica ci fa intravedere qualcosa come un senso all’orizzonte, persino la necessità di una politica globale ed ecologica nel nostro agire quotidiano.”

(Ulrich Beck)

Siamo costretti a cambiare. Facciamolo in meglio.

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