Consiglio Grande e Generale di San Marino, seduta della mattina di mercoledì 14 febbraio

Consiglio Grande e Generale di San Marino, seduta della mattina di mercoledì 14 febbraio

I lavori del Consiglio grande e generale riprendono in mattinata dal comma 9  “Ratifica decreti delegati” e in particolare dall’esame del decreto n.185 “Disciplina delle attività economiche”.

Ad evidenziarlo, il report di San Marino News Agency, che precisa: Terminato nella seduta di ieri il dibattito generale, si entra nel vivo dell’esame degli emendamenti presentati.

All’articolo 1 “Definizioni” il segretario di Stato per l’Industria Fabio Righi presenta un paio di emendamenti: il primo per semplificare la lettura del testo di legge, il secondo per correggere un refuso in un richiamo di legge. Altre quattro proposte di emendamento arrivano da Rete, per definire meglio cosa è commercio, marchio e denominazione sociale, spaccio aziendale e settori critici o sensibili, come bevande, auto, noleggio ed e-commerce. Il governo dà indicazione di respingere le proposte di modifica.

Si apre il dibattito: Alessandro Rossi del Gruppo misto avverte che se l’atteggiamento è “da muro contro muro terremo qui il Consiglio grande e generale finché potremo”, mentre Matteo Ciacci di Libera ribadisce che “se abbiamo stigmatizzato duramente il metodo, la valutazione sul merito è diversa”. Giusto dunque andare a una “riorganizzazione delle norme sulle attività economiche, ma non sono convinto che l’obiettivo sarà raggiunto”. Gli emendamenti di Rete, spiega la consigliera Daniela Giannoni, “definiscono meglio la differenza di approccio alla materia. La sburocratizzazione non riguarda le aziende ma il comparto statale”, inoltre “le definizioni sono “molto generaliste a discapito di chi ha professionalità specifiche”. Guerrino Zanotti di Libera sottolinea che “faremo finta di parlare di un progetto di legge: il primo emendamento di Rete mi lascia perplesso, gli altri definiscono meglio i paletti per spaccio e i settori sensibili”. Si potrebbe, aggiunge, “demandare all’attività del Tavolo per la verifica dei settori critici il lavoro di monitoraggio”. Gian Matteo Zeppa di Rete mette in luce che “il segretario di Stato abroga una legge in cui erano specificate alcune cose. Noi andiamo a riprendere i testi. L’emendamento del governo precisa alcune casistiche ma il segretario di Stato delega agli uffici i settori sensibili, che ci sono anche se qualcuno continua a volerli negare”. Stefano Giulianelli del Partito democratico cristiano sammarinese ricorda che “il decreto 49 del 2023 disciplina la situazione delle attività di controllo e vigilanza sui settori critici e sensibili, la normativa in vigore si concentra già sulle criticità. Ci sono i presidi, si devono far funzionare i controlli”. Dal canto suo Adele Tonnini di Rete ribadisce che “il nostro concetto è mantenere le parti buone delle leggi abrogate, il governo non ha intenzione di identificare i settori sensibili per cui rimane in una bolla il decreto richiamato da Giulianelli. Siamo disponibili a definire meglio il nostro emendamento”. Mirco Dolcini di Domani Motus liberi lamenta come “gli interventi allunghino il brodo invece di essere costruttivi”. Lo spaccio aziendale per esempio è all’articolo 20. Per Iro Belluzzi di Libera “i brodi più light fanno meno male. Il problema enorme è che con un cambiamento così importante era opportuna una legge quadro”. Secondo Elena Tonnini di Rete “già si delineano visioni distanti”, con “chi è per liberalizzare tutto e semplificare fino all’osso”, ma “alcuni settori stanno creando distorsioni importanti su cui l’Italia sta mettendo la lente d’ingrandimento. Il problema delle distorsioni non lo si vuole affrontare. I nostri emendamenti potenziano l’attività di prevenzione”. Pasquale Valentini del Partito democratico cristiano sammarinese aggiunge che “sarà difficile tenere conto di quanto il Congresso di Stato ha deliberato”, serve “un riferimento esplicito al Tavolo congiunto dei soggetti coinvolti nel contrasto alle distorsioni presieduto dal direttore dell’Aif”. Emanuele Santi di Rete chiede precisazioni su idoneità e non idoneità. “Persiste il problema dell’autocertificazione. Non facciamo ostruzionismo ma il dibattito che si sarebbe fatto con una legge”. Per Maria Luisa Berti di Noi per la Repubblica “l’emendamento del governo non ha nulla di anomalo rispetto alle norme, è un’integrazione a chiarimento, non c’è nulla di diverso rispetto alla disciplina attuale. Oltre alla dichiarazione si possono presentare altri certificati, non facciamo confusione e non mandiamo messaggi distorsivi”.

In replica il segretario di Stato Righi ricorda che “la delega ha il potere di coordinare, abrogare e coordinare le legge vigenti. Non si sburocratizzano i processi privati- risponde agli interventi dei consiglieri- ci mancherebbe, ma quelli degli uffici che si interfacciano con l’utenza”. Sulle autocertificazioni “si è fatto un ragionamento, dando la possibilità di perseguire maggiormente chi cerca di frodare”. Mentre sui settori sensibili “c’è la possibilità di intervenire con un decreto, non è questa norma che li devi identificare. Ci sono settori su cui le Forze dell’ordine si stanno concentrando, ma indicarli come sensibili danneggia chi lavora bene. Pur condividendo la ratio, si muovono degli interventi che appesantiscono la vita degli operatori. Abbiamo creato la cornice per essere tempestivi sui controlli”. Emanuele Santi di Rete, che aveva presentato gli emendamenti, ribadisce che “l’Aula dovrà esprimersi su due visioni contrapposte: non riusciamo ad avere norme coordinate, in cui sono definiti tutti i passaggi. Per il governo i settori sensibili non ci devono essere e così il decreto citato da Giulianelli non ha le gambe”, mentre sulla dichiarazione di non idoneità si deve chiarire se “ci sono gli strumenti per verificare le autocertificazioni, in particolare dall’estero”.

Gli emendamenti del governo vengono accolti, quelli di Rete respinti.

Rete presenta anche un articolo 1 bis “Attività prevalente”. Come spiega il consigliere Santi è “un elemento che va reintrodotto. È l’articolo 16 della legge 40 del 2014. Va bene lo snellimento ma se togliamo alcuni elementi che chiariscono i criteri per le autorizzazioni si creano problemi”. L’indicazione “non ha alcuna funzione se non di essere una burocrazia fine a se stessa, ci sono i codici Ateco”, replica il segretario di Stato Righi.

A Zanotti di Libera rimane il “dubbio sulle differenziazioni ai fini previdenziali a secondo della categoria prevalente”. Andrea Zafferani di Repubblica futura aggiunge che per l’attività prevalente “l’obiettivo era anche fare ordine sotto l’aspetto contrattuale. L’impressione è che non ci siano criteri per definire la categoria ma che possa essere una scelta autonoma dell’impresa”. Rossi del Gruppo misto rimarca che “l’attività prevalente ha anche una valenza di controllo. Si potrebbe definire il codice Ateco dell’attività prevalente e su questo attivare la filiera dei controlli. Manca anche un aggiornamento dei codici Ateco”. A Elena Tonnini sembra che “diversi elementi siano a favore del mantenere il concetto di attività prevalente: averla chiara è anche a maggiore tutela degli acquirenti. Mi auguro ci sia la disponibilità a tenerla”. Anche per Belluzzi è “giusto semplificare, ma togliere un comma di una legge non ha senso. L’attività prevalente ha un grande significato da un punto di vista statistico, può essere di indirizzo, definisce il tipo di contratto”. Ciacci capisce “la necessità di estrema flessibilità e snellimento, però  definire l’attività prevalente dà la possibilità di lavorare al meglio, su verifiche e controlli per esempio”. Adele Tonnini ribadisce la volontà di Rete di garantire “maggiore trasparenza e inserire le parti utili delle legge abrogate, in modo da avere un’indicazione chiara dell’attività dell’azienda”. “La completa autonomia della scelta di settore e contratto è rilevante, troviamo una formulazione per esprimere questo concetto”, esorta ancora Santi, mentre il collega Zeppa mette in luce che “si sottovalutano alcuni aspetti, inerenti anche l’Italia. Serve una definizione chiara a fine contributivi, previdenziali e contrattuali”. Giulianelli replica con un esempio: “Un operatore economico che esternalizza la produzione a terzi, come attività prevalente deve indicare la produzione e non è corretto. Ha fatto bene il segretario di Stato  a snellire questa codificazione con i codici Ateco”.

Il segretario di Stato Righi in replica spiega che “su contribuzione e contratto la divisione esistente rende facilmente identificabile il contratto collettivo. L’attività principale e secondaria sono previste nell’autorizzazione e la prevalente non ha rilevanza. Rispetto alll’Italia diamo un valore diverso ai codici Ateco, se lasciassimo la prevalenza si ridurrebbe l’attività di controllo”. Santi conferma le criticità: “La legge del 2014 aveva un senso e viene abrogata, una scelta politica chiara. Non vorrei che la semplificazione comportasse il far west, una specifica maggiore sull’attività prevalente è un elemento di chiarezza”. L’emendamento viene respinto.

All’articolo 2 “Autorizzazione ad operare” sono quattro gli emendamenti proposti, uno di Rete, due di Libera e uno del governo. Quello di Rete specifica meglio la prescrizione sui prodotti agricoli in vendita nello spaccio aziendale; Libera punta a chiarire alcuni aspetti dato che l’autorizzazione “non è ben definita”, definendo che è finalizzata alla licenza di esercizio; il governo propone un intervento meramente formale e dà indirizzo a non accogliere le modifiche proposte da Rete e Libera.

Durante il dibattito Rossi del Gruppo misto dà favore positivo all’emendamento del governo e segnala che “a livello europeo non viene utilizzata la licenza. Serviva un approfondimento sull’informatizzazione, così come sull’emendamento di Rete. Ci saranno 25 ore di dibattito, invito alla mediazione”; Aida Maria Adele Selva del Partito democratico cristiano sammarinese precisa che “l’attività di manipolazione e trasformazione dei prodotti agricoli è normata e chi lo fa ha l’autorizzazione sanitaria. Non si fanno cose senza autorizzazione”. L’articolo 2 apre a “un cambio di paradigma e Libera- sostiene Santi– propone un tema importante: la licenza normava una serie di aspetti che oggi non avremo più. Serve la certezza che le autorizzazioni a operare siano complete”. Per Zanotti il dibattito sugli emendamenti serve a “chiarire i dubbi su una norma che cambia completamente il quadro legislativo delle attività economiche. Non abbiamo rassicurazioni sui limiti dell’attività”. Anche Adele Tonnini segnala la confusione sui prodotti agricoli: “Senza l’abrogazione della legge sull’agricoltura si creano due settori”, tra chi può manipolare i prodotti senza licenza e chi no. Mentre alla collega Elena Tonnini sorge “spontanea una domanda: senza obbligo di richiesta di autorizzazione sulla manipolazione dei prodotti, come si fanno i controlli? L’unico modo è sulla base di una segnalazione, dopo che è avvenuto qualcosa”. Inoltre sono “legittimi” i timori di Libera. “Semplifichiamo tutto ma sugli anticorpi non abbiamo nulla”. Anche Zeppa resta “perplesso, c’è un errore di fondo nelle spiegazioni del segretario di Stato. Il nostro emendamento è una specifica dovuta, chiedo una sospensione perché si esprima il segretario di Stato per il Territorio”.

Come chiarisce il segretario di Stato Righi “il concetto di imprenditore agricolo è diverso da quello di chi trasforma i prodotti, non abbiamo toccato quegli argomenti e fatto copia e incolla della norma esistente su quel punto”. Adele Tonnini stigmatizza che “anche questa volta prendiamo atto della non volontà di migliorare la norma”, mentre Alessandro Bevitori di Libera, presentatore delle proposte di modifica, conferma che “semplificare con l’autorizzazione a operare dell’ufficio toglie un controllo”. L’emendamento del governo viene approvato e quelli di Rete e Libera bocciati.

Rete propone un articolo 2 bis per prevedere 30 giorni dal deposito della richiesta per concedere l’avvio dell’attività in settori critici o sensibili, come auto, bevande, e-commerce, integratori, “non per penalizzare tutto il settore ma per mettere un controllo in più sulle nuove attività”, spiega Santi, con il segretario di Stato Righi a ribadire la non volontà di individuare settori sensibili come ci è stato consigliato di fare”.

Rossi del Gruppo misto giudica “il tema di rilevanza: già oggi possono iniziare a operare soggetti in settori che hanno un alto rischio senza un protocollo di gestione corretto. Come nelle block chain”. E Zeppa chiede “chi ha consigliato il segretario di Stato di non tenere in conto la questione. La questione autonoleggi sull’importazione, per esempio, ha creato problemi”. Per Vladimiro Selva di Libera l’emendamento “affronta la questione più preoccupante: se si diminuisce la burocrazia per le nuove attività c’è il rischio di danni d’immagine e reati. l’emendamento salva in parte la situazione. E poi l’articolo 34 non gira”.

Dato l’orario i Capitani reggenti interrompono la seduta che riprenderà nel pomeriggio alle 15.

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