Daniele Ciacci di Tempi. Dal grande al piccolo. Dopo l’America, vota San Marino

Daniele Ciacci di Tempi. Dal grande al piccolo. Dopo l’America, vota San Marino

Tempi

Dal grande al piccolo. Dopo l’America, vota San Marino 

Dopo quattro anni si ritorna alle elezioni politiche. Pasquale Valentini, segretario di Stato alle Finanze, descrive gli scenari politici ed economici nei quali si giocherà la lotta all’ultima schedina

Daniele Ciacci

 

Domenica, a San Marino, si vota per la nuova legislatura.
Saranno tre le coalizioni che si scontreranno per governare il piccolo stato,
dove ancora resiste un ultimo nucleo della Democrazia cristiana, il partito
uscente. A parlare a tempi.it degli scenari possibili che vivrà la Serenissima Repubblica
stanziata in Romangna è Pasquale Valentini, segretario di Stato alle Finanze
del governo sammarinese.

In quale condizione San Marino arriva al
voto?

San Marino sta passando una fase molto delicata della sua esistenza, iniziata
nel 2008 con l’adozione delle norme anti-riciclaggio secondo quanto stabilito
dall’Ocse. Questo momento ha coinciso con un cambio di governo, e nelle
elezioni politiche del novembre 2008 si è formato un governo di coalizione,
composta in larga parte dalla Democrazia cristiana e da altri piccoli partiti.
Abbiamo governato per quattro dei cinque anni del nostro mandato, con una fine
anticipata della legislatura. In ogni caso, il nostro è il governo che, nella
media degli ultimi quindici anni, è durato di più. L’instabilità è dovuta al
cambiamento nella formazione delle maggioranze nel Consiglio grande e generale
– il nostro parlamento – unite a un certo trasformismo dovuto alla legge
elettorale proporzionale. Dal 2008 una nuova legge prevede la formazione di
coalizioni prima delle elezioni, a cui si unisce un piccolo premio di
maggioranza. Inoltre, una norma anti-ribaltone obbliga allo scioglimento del
governo quando non esiste più una maggioranza parlamentare. Un disincentivo che
si spera possa avere successo.

Cosa è cambiato?
Nell’autunno 2008 il Moneyval ci ha messo in procedura rafforzata, non
riconoscendo sufficienti le norme adottate per dare garanzie di affidabilità
secondo gli standard internazionali. La reazione della Banca d’Italia è stata
forte, con il pericolo per San Marino di non permanere all’interno del sistema
dei pagamenti italiani. Si è lavorato in un periodo di profonda emergenza per
ritornare all’operabilità del sistema bancario. A fine marzo del 2009 abbiamo
avuto la firma del ministro Frattini sull’accordo di cooperazione economica con
l’Italia, che ha segnato un cambiamento epocale nel nostro Stato: la fine
dell’anonimato societario e del segreto bancario per un’economia più
trasparente. Adesso siamo fuori dalla black list italiana e il Moneyval ha
riconosciuto lo sforzo per le nostre misure di trasparenza.

Quali sono i problemi economici più gravi?
Oltre alla crisi internazionale, che tocca anche San Marino, sono stati per lo
più i meccanismi protettivi italiani a metterci in difficoltà: anzitutto lo
scudo fiscale, con il rientro in Italia di capitali stanziati all’estero;
quindi l’inserimento nella black list, che ha scoraggiato notevolmente i
rapporti tra aziende italiane e sammarinesi.

Quali temi caldi dovrà affrontare la
prossima legislatura?

La ripresa economica, innanzitutto. Il sistema bancario ha ridotto di quasi la
metà il proprio volume d’affari, e anche le imprese hanno subito una
significativa recessione, con un forte aumento della disoccupazione. Bisogna
mettere in moto un meccanismo di ripresa con un piano strategico specifico che
consenta di garantire competitività. Altro problema riguarda la stabilità dei
conti pubblici. In questi quattro anni il bilancio è sempre stato in deficit,
seppur contenuto, di circa il 4 per cento del Pil. Ma non abbiamo liquidità. Il
meccanismo che deve portare al pareggio non può basarsi soltanto sull’aumento
delle imposte e sulla diminuzione della spesa. Non vorremmo rinunciare a un
certo livello di stato sociale. San Marino, oggi, sta cercando una propria
collocazione, ma deve farlo ri-fondando le ragioni della sua stessa autonomia.

Quanto pesa il voto dei sammarinesi
all’estero?

Un terzo della popolazione è residente all’estero, di cui la maggior parte vive
in Emilia-Romagna e nelle Marche. Non è previsto il voto per corrispondenza, e
le minoranze in America e in Argentina evitano di venire fin qui per imbucare
una schedina. In ogni caso, il voto estero non ha mai alterato le percentuali
di distribuzione del voto all’interno dei confini. Con il meccanismo delle
coalizioni pre-elettorali, tuttavia, questi voti possono decidere della
vittoria di una coalizione su un’altra. Anche perché la vittoria di una di esse
con il “50 per cento più uno” dei voti permetterebbe la governabilità già al
primo turno.

In tutta Europa si osserva la nascita di
gruppi di anti-politica, unitamente a un largo fenomeno di astensionismo,
entrambi dovuti a un certo cinismo nei confronti della politica “classica”.
Anche a San Marino è così?

Abbiamo sempre avuto una partecipazione politica molto alta, dovuta alla
ridotta dimensione della città-stato. Ma sentiamo anche noi l’ascesa, pur
ridotta, dell’antipolitica. Usciamo da un periodo in cui commissioni di
inchiesta hanno fatto luce sulla corruzione all’interno di politica e di
amministrazione. La sfiducia generale causa l’astensionismo e la
frammentazione. In queste elezioni abbiamo tre coalizioni, composte di otto liste,
e tre gruppi che militano separatamente, tutti simili ai movimenti grillino
italiano, e che raccolgono i voti del malcontento. Non crediamo che avranno una
base di voto forte, perché non hanno proposto nulla di credibile.

 

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