Ex membri del Collegio Garante sulla giustizia a San Marino

Ex membri del Collegio Garante sulla giustizia a San Marino

La giustizia sta per morire. Ex membri del Collegio Garante intervengono con “costernazione”

Indipendenza della Magistratura, la retroattività della Legge Qualificata mina “i fondamentali principi dello Stato di diritto…”

Scelte legislative approvate dal Consiglio Grande e Generale “rischiano di alterare fortemente i fondamentali principi dello Stato di diritto nella Repubblica di San Marino”. Ad affermarlo in una lettera recapitata alla Reggenza, al Congresso di Stato e ai membri del Consiglio, sono ex membri del Collegio Garante il prof. Angelo Piazza, già Presidente del Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme, il prof. Carlo Fusaro, già Presidente del Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme, il prof. Carlo Bottari, già componente del Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme, il prof. Giuseppe Ugo Rescigno, già componente del Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme e il dott. Nicola Lettieri, già componente del Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme. 

E non si tratta di una missiva di saluti, bensì di una preoccupata testimonianza della gravità di quanto sta accadendo in Repubblica in campo giudiziario. Una situazione tanto grave da spingere stimati giuristi e accademici, che a San Marino hanno prestato la loro preziosa opera, a intervenire “con costernazione e vivissima preoccupazione” per mettere in guardia sui rischi che potrebbero derivare da “scelte legislative che rischiano di alterare fortemente i fondamentali principi dello Stato di diritto nella Repubblica di San Marino”.

Oggetto delle preoccupazioni dei suddetti professionisti è la recente legge qualificata n. 1/2020, “con una norma di interpretazione autentica (e quindi dai potenziali effetti retroattivi)” che, scrivono, “interferisce gravemente con l’indipendenza della Magistratura, intervenendo su procedimenti pendenti e modificando la composizione dell’organo di garanzia e autogoverno dell’ordinamento giudiziario: il Consiglio Giudiziario”. In particolare all’Art. della suddetta legge – dove si presenta l’“Interpretazione autentica del quinto comma dell’articolo 7 della Legge Qualificata 30 ottobre 2003” – si legge “Il quinto comma dell’articolo 7 della Legge Qualificata 30 ottobre 2003 n. 145 e sue successive modifiche deve interpretarsi nel senso che il Consiglio Giudiziario riunito in seduta plenaria è composto in via prioritaria dai Magistrati nominati a tempo indeterminato, vale a dire che abbiano superato laddove previsto il periodo di prova. Solo qualora il numero dei Magistrati a tempo indeterminato sia inferiore a quello degli altri componenti, il Consiglio Giudiziario riunito in seduta plenaria è integrato sulla base degli altri criteri previsti dalla legge”.

I firmatari della lettera hanno colto appieno la pericolosità di questa legge, i cui effetti “saranno pertanto di rendere a posteriori ed ex lege irregolare – in violazione dei principi fondamentali di certezza del diritto e tempus regit actum – la composizione di un organo che, all’epoca dell’adozione dei propri atti, era perfettamente legittimo. Tutto ciò vulnera gravemente i principi basilari dell’organizzazione dei poteri e dell’indipendenza della Magistratura sammarinese, garantiti sia dalla Dichiarazione dei diritti, sia dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (per non parlare delle numerose e convergenti raccomandazioni internazionali). Tale vulnus riguarda sia la funzione giurisdizionale in sé, che l’autonomia dell’organo istituito a presidio dell’indipendenza dell’ordine giudiziario anche nel suo complesso”.

I cinque illustri giuristi, pur esprimendo il massimo rispetto per l’autonomia del Consiglio Grande e Generale, ricordano “che i fondamenti delle liberal-democrazie, cui anche San Marino appartiene orgogliosamente e meritoriamente, impongono che nessun organo, compreso il Parlamento, sia sciolto dall’osservanza dei principi fondamentali del diritto. Così come una lunga schiera di eminentissimi giuristi italiani nel passato, abbiamo servito per anni la Repubblica di San Marino nella sua più alta magistratura, il Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme, al quale spetta vigilare sulla legalità costituzionale dell’agire di tutti i poteri dello Stato. Abbiamo apprezzato le antiche tradizioni di libertà e il rispetto dei principi costituzionali e internazionali che informano l’ordinamento giuridico. In un momento così importante per la vita del Paese, alle prese con difficili sfide anche nel quadro di una nuova collocazione nelle relazioni con altri Stati e con le Istituzioni europee, desideriamo, proprio in ragione dell’affetto che nutriamo per la Repubblica, manifestare la nostra preoccupazione per le minacce che gravano sul rispetto dei fondamentali e centenari principi del costituzionalismo e auspichiamo, pertanto, che le Istituzioni sammarinesi possano ripensare l’orientamento cosi improvvidamente assunto”.

Come si legge, viene posto l’accento anche sulle possibili, anzi probabili, ripercussioni che una siffatta legge – se approvata – potrebbe avere sulla percezione di San Marino da parte degli organi internazionali di cui la Repubblica fa parte, in primis ovviamente la vicina Italia. Le preoccupazioni della Senatrice Stefania Craxi esternate durante la Commissione Esteri congiunta non sarebbero altro che le prime, se davvero il Governo intende proseguire a testa bassa – come peraltro sembra stia facendo – col suo progetto di “destrutturazione e distruzione del tribunale”, per citare un nostro articolo di ieri. Ma più dei nostri vicini italiani ed europei, dovremmo essere noi cittadini a essere preoccupati per gli “effetti devastanti che avranno le politiche del gruppetto che tira le fila contro la Giustizia per assoggettarla ai desiderata politici e di determinate lobbies”. Noi cittadini, a essere preoccupati per un ritorno all’antico ormai conclamato, a un periodo storico che ci ha trascinato nel punto più basso della storia della Repubblica, e che per un momento il Paese ha pensato di potersi lasciare alle spalle, con la presunzione – addirittura! – di illudersi di riuscire a farne pagare i responsabili.

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