Perché San Marino celebra il 25 marzo e cosa è l’Arengo del 1906

Perché San Marino celebra il 25 marzo e cosa è l’Arengo del 1906

L’Arengo del 1906 è stato riletto recentemente  alla luce del dibattito sulla opportunità  o meno di introdurre un testo costituzionale nella nostra Repubblica.

Il primo impatto della Repubblica col costituzionalismo

La Repubblica ha incrociato il costituzionalismo già nel Settecento. Già i primi studiosi della materia si sono occupati di San Marino per cercare di capire come è nata e come è maturata, sul Titano, l’idea di repubblica e, soprattutto, come questa si è potuta conservare nei secoli.

Il primo vero impatto, però, col costituzionalismo la Repubblica lo ha con l’arrivo in Italia di Napoleone Bonaparte. Nel 1797. Molti Stati non reggono all’urto delle baionette e delle idee che tracimano dalle Alpi. La Repubblica di San Marino si salva e senza modificare gli ordinamenti. Cioè senza necessità di introdurre un testo costituzionale

Le costituzioni seminate da Napoleone per l’Europa muoiono ben presto, recise unitamente alla sua fortuna politica. Riaffiorano nel 1848 a prezzo di non poco sangue con i movimenti rivoluzionari liberali che pongono dei paletti al potere dei monarchi, per limitarne il potere, imponendo loro dei testi costituzionali. Ma nel 1849 la reazione prevale ancora una volta in Europa e in Italia. I monarchi si affrettano ad abrogare le costituzioni appena concesse. Con qualche eccezione. I Savoia, ad esempio, mantengono in vigore lo Statuto albertino, guadagnandosi così la simpatia dei liberali di tutta la penisola e, con essa, l’appoggio per unificarla sotto la loro corona.

La proclamazione del Regno d’Italia ha luogo nel marzo del 1861. Da quell’anno la Repubblica di San Marino viene a trovarsi enclave di uno Stato monarchico dotato di una moderna costituzione. Cioè uno Stato dominato culturalmente e politicamente dai liberali che del costituzionalismo hanno fatto la loro bandiera.

Nel giro di qualche mese, San Marino, un frammento d’un mondo estinto da secoli, si trovò incastrato in uno di novissima formazione. Come potrà, la piccola Repubblica, sopravvivere coi suoi vecchi statuti ed i suoi vecchi cerimoniali in un tale contesto politico-culturale sprizzante modernità?

Uno statuto fra le costituzioni

La Repubblica di San Marino si presenta e si fa conoscere nella nuova Italia (e oltralpe) per quel che è o crede di essere o vuol far credere di essere: un comune medievale che si è mantenuto fedele a quella forma antica di democrazia. E’ una strategia sul filo del rasoio. La Repubblica verrà messa in elenco coi Ruderi politici medioevali, che il vento della rivoluzione liberale ancora non ha finito di abbattere oppure sarà celebrata come un raro – unico? – esempio di democrazia medioevale sopravvissuto all’assolutismo e di fronte al quale anche il liberalismo – che l’assolutismo ha combattuto e vinto – si deve, meravigliato e riconoscente, inchinare?

Pare che Bettino Ricasoli, succeduto a Cavour nel governo nel giugno del 1861, abbia detto: San Marino è una repubblica, che va serbata come un prezioso ed antico cammeo. Insomma la addita a simbolo di quella civiltà comunale, magnificata in quegli anni, come il frutto più importante della sapienza italica.

A contribuire al successo dell’operazione di immagine che mira a presentare San Marino come un prezioso, antico gioiello anziché una anticaglia medioevale sopravvissuta fortunosamente dentro uno Stato ultra conservatore, ci sono anche molti, tanti liberali. Anzitutto quelli di orientamento repubblicano. Poi coloro che, pur avendo servito fedelmente i Savoia nella lotta per la unificazione, non condividono dei Savoia la decisione di consolidare quel loro Stato, messo assieme in quattro e quattr’otto con regioni, città, paesi aventi storie, tradizioni e culture diversissime, centralizzandone fortemente la struttura. Fra i liberali, con meriti risorgimentali, che si schierano – invano – a difesa delle autonomie locali, c’è Pietro Ellero: friulano, aveva studiato diritto a Padova, ancora sotto l’impero austroungarico; dopo l’unificazione fu nominato professore di diritto a Bologna.

Contrario a recepire modelli costituzionali stranieri (in subordine ai francesi preferisce quelli tedeschi e ancor più quelli di alcuni cantoni svizzeri), Ellero sostiene che l’Italia nuova può andare avanti nel processo democratico attingendo al suo patrimonio politico-culturale dell’epoca comunale. Di qui il suo interesse per la Repubblica di San Marino, un esempio emblematico della vitalità dei comuni italici. Ne prende a studiare la storia, l’economia, le istituzioni. Fino a stendere, alla fine del 1867, una accurata, dettagliata Relazione, che dà una visione del piccolo Stato, completa, sostanzialmente esatta e, al contempo, per quegli anni, intrigante.

Ellero e l’ordinamento sammarinese

Ellero, nella  Relazione, a proposito della costituzione sammarinese, scrive: essa è né più né meno che una delle antiche costituzioni de’ comuni italiani, simile similissima alle altre… Questo carattere tradizionale, eminentemente nazionale, è quello appunto che la contraddistingue dalle moderne costituzioni esotiche e teoretiche. E’ un carattere che non la fa sfigurare rispetto alle altre. Anzi. Sogliono le costituzioni politiche dichiarare espressamente e consacrare diritti, che nondimeno sussisterebbero senza di esse; ma i popoli europei già oppressati da’ loro reggitori, hanno creduto utile l’esuberanza, cioè di affermargli in scritture solenni. Nella costituzione sammarinese alcuni di questi diritti, come l’eguaglianza innanzi le leggi, la libertà di riunione e di parola, l’inviolabilità della persona, del domicilio, della proprietà, non sono in nessun modo categorico scritti; però talmente impliciti e sicuri, da non abbisognare di alcuna manifestazione ulteriore. Altri però manifestamente guarentisce, e in una guisa meglio evidente che nelle carte costituzionali moderne; tra quali il diritto di petizione (e inclusovi quello di popolare accusa e forse di popolare resistenza) trova nell’arringo, non solo un riconoscimento, ma un organo costituzionale.

Certamente – dice Ellero – una costituzione pensata a priori potrebb’essere meglio architettata di quelle, come la sammarinese, che sono prodotte dalla storia. La storia – si sa – non opera con la simmetria, colla eleganza d’un lavoro intellettuale e letterario. Però i suoi prodotti sono meglio efficaci e durevoli, perché alla realtà e possibilità delle cose meglio corrispondenti. Insomma, per Ellero, è basilare che la costituzione di un paese sia frutto della storia di quel paese: una costituzione, sia pur buona, se non ha radici presso il popolo cui si vuole applicare, o non alligna, o sì miseramente, che il primo soffio la atterra.

Ellero conclude: io auguro alla repubblica di San Marino che perfezioni sì, ma non cangi i suoi ordini; e … non si diparta dalla sua pratica tradizionale.

La Relazione  viene pubblicata, pochi mesi dopo la compilazione, nei primi numeri della rivista Archivio Giuridico, fondata dallo stesso Ellero.
Una rivista di grande prestigio, dal grande avvenire, subito balzata all’attenzione degli studiosi di diritto dell’Italia intera e anche d’oltralpe.

Non solo Ellero

A ‘laudare’ San Marino per la sua antica costituzione comunale non c’è solo Ellero. Pure Giosuè Carducci, ad esempio, ne è ammirato e ne tratta diffusamente nel suo celebre discorso sulla ‘libertà perpetua’ tenuto sul Titano proprio in occasione dell’inaugurazione del nuovo Palazzo Pubblico realizzato nello stile degli antichi edifici comunali. Francesco Paolo Cestaro, elogiato dallo stesso Carducci, dedica alla antica costituzione sammarinese dei lavori specifici.

Cestaro, come Ellero, come Carducci, sale sul Titano in un giorno d’ingresso dei nuovi Capitani Reggenti. E pure lui come tanti altri rimane colpito, preso dalla cerimonia, di cui si compiace di descrivere le fasi salienti attraverso brani tratti dallo Statuto, riportati in latino. Di fronte a quella cerimonia le cui regole, a fine Ottocento, sono ancora in latino, anche Cestaro finisce per porsi la solita domanda: donde tanta longevità?

Marino Fattori gli espone le cause che hanno conservata la Repubblica di San Marino. Cioè: fortezza del luogo…povertà del territorio … benevolenza dei principi… istruzione e moralità… partecipazione ai pubblici Consigli… brevità delle cariche … l’idea della libertà, annessa all’idea religiosa… credenza che il fondatore della Repubblica sia stato un Santo.

Cestaro ascolta. Le analizza una ad una, quelle cause indicate da Fattori. Le confuta una ad una. Per lui la ragione della longevità della Repubblica di San Marino è una sola ed altra: la costituzione. Tanto che afferma categorico: la costituzione salvò San Marino dalla sorte di tutti gli altri Comuni italiani, dal cadere, cioè, sotto il dominio d’una famiglia cittadina od estranea: ne salvò la libertà e l’indipendenza. Cos’ha di straordinario la costituzione sammarinese? E’ una pianta indigena, ultima rappresentante d’una grande flora italica distrutta, una pianta dal tronco robusto, cresciuta liberamente in condizioni di suolo e di clima propizie, senza innesti esotici, per opera di sole forze naturali.
Pianta spontanea, è venuta via via mettendo un tallo sul vecchio, e mantiene il rigoglio e il viluppo selvaggio de’ suoi rami. Si distingue nettamente in mezzo alle nuove piante da serra, dalla disposizione freddamente simmetrica, dalla vita stenta, dalla cultura artificiale.

La costituzione sammarinese è così originale e così diversa, che si trova difficoltà di riconoscerne l’intima natura e definirne la vera forma.

Cestaro non propone certo ai sammarinesi di adeguare la costituzione della loro Repubblica a quella degli altri Stati. Gli piacerebbe il contrario: peccato… che costituzioni come la sammarinese, richiedano, per formarsi, l’azione lenta e combinata della natura e della storia, e non possano essere create artificialmente, come le …costituzioni moderne, sulla base di sistemi dottrinali, fantastici, soggettivi.

L’ordinamento visto dall’interno

A partire dal 1880, però, la mitizzazione della Repubblica, come modello di antica democrazia italica, e, in particolare, come Stato dalla costituzione esemplare, comincia ad essere attaccata proprio dall’interno della Repubblica stessa. E per un aspetto essenziale: la democrazia. I membri del Consiglio sono nominati a vita e dagli stessi consiglieri in carica. Come si può parlare di democrazia?

Ci sono dei sammarinesi che affermano senza mezzi termini essere la loro Repubblica retta da un governo illiberale e oligarchico, contro cui si ritiene ormai  necessario lottare per la conquista della democrazia. Un piccolo gruppo di sammarinesi neolaureati… Annibale Crinelli, Antonio Bonelli, Valerio Martelli, Vincenzo Tonnini, Gemino Gozi, Domenico Gozi e Gaetano Belloni, chiedono che anche sul Titano si cominci a parlare di sovranità popolare, di suffragio universale, di comizi per eleggere i rappresentanti politici come in Italia ed in Francia. Insomma invocano la democrazia liberale. Reclamano il diritto di  vivere, dicono, nel presente, non nel medioevo.

Nel 1797 e nel 1848 furono avanzate sì richieste di riforme anche di qualche importanza, ma in linea con la costituzione vigente, definita democratica  o addirittura sacra dagli stessi proponenti. Questa volta i contestatori si dichiarano sì schiettamente repubblicani, ed orgogliosi delle … tradizioni, ma per essi il cambiamento della costituzione non è un tabù. Anzi lo chiedono quel cambiamento pubblicamente e con forza. Dalle pagine del loro giornale, Il Giovane Titano, i neodottori intimano ai consiglieri: dimettetivi, dimettetivi in massa, poiché innanzi alla storia rappresentate il passato, innanzi alla scienza le barbarie e l’oscurantismo, innanzi al paese il rovescio del sentimento popolare.

Oltre alla contestazione politica, Il Giovane Titano dà voce anche a quella sociale, guadagnando così la simpatia di larghi strati popolari. La forza dei numeri entra in risonanza con quella delle idee. Insomma ci sono le condizioni perché si crei una situazione di instabilità, che potrebbe sfociare in uno sconvolgimento socio-politico. In genere gli sconvolgimenti socio-politici si concludono con un nuovo assetto politico-istituzionale, sanzionato da un adeguato testo costituzionale. Anche a San Marino le cose potrebbero prendere questa piega.

Nel 1883 si comincia a rivendicare con forza e pubblicamente il suffragio universale. Si legge sui muri: Vogliamo il suffragio universale… Vogliamo il voto diretto.

Dal 1889 la rivendicazione del diritto di voto, in forza del quale la Sovranità Popolare – unica e legittima sovranità – si manifesta, è accompagnata da giudizi severi sulle istituzioni della Repubblica:  piaghe cancrenose che non corrispondono più alle esigenze dei tempi …, goffaggini medievali di uno Statuto il più barocco. Insomma, quelle della vecchia Repubblica, sono istituzioni che non si possono più sostenere di fronte ai nuovi orizzonti politici e di fronte ai principi ed alle idee moderne.

Le idee moderne frutto delle rivoluzioni borghese-liberali premono, dunque, dai confini della piccola Repubblica con una forza ben superiore a quella delle varie innovazioni politiche succedutesi nei secoli anche nell’immediato circondario. Le istituzioni comunali – nella forma antica, quella dei consoli – sono rimaste invariate sul Titano anche quando altrove si è passati al podestà e poi dal podestà al signore e poi dal signore al principe e al re. Questa volta? Questa volta è in ballo la democrazia rappresentativa, conquista delle rivoluzioni borghese-liberali esplose contro i re. L’antica Repubblica che non ha conosciuto re, non ha conosciuto nemmeno la rivoluzione borghese-liberale che, in genere, altrove, ha prodotto la democrazia rappresentativa. Si può arrivare alla democrazia rappresentativa per via diversa da quella borghese-liberale?

Resistenza a riformare

Ecco, in sintesi, la situazione politica a fine Ottocento. La Repubblica non conosce i moderni organismi a sistema rappresentativo. I Consiglieri non vengono eletti per suffragio di popolo, ma per surrogazione. … Il Consiglio quindi non è elettivo, né ereditario; è accessibile a tutti, ma per se stesso chiuso. Si rinnova da sé e per se stesso vive e governa.

Pietro Franciosi – una bugia a fin di bene? – racconta ai piccoli sammarinesi della scuola elementare che essi vivono in un paese retto da un Governo … di forma repubblicana democratica. Ma anche il leader dei conservatori, Marino Fattori, ammette di aver troppo dell’oligarchico il rinnovare il Consiglio Principe coi voti del Consiglio stesso e così privare il resto della cittadinanza del diritto di elettori e di eleggibili.

Fattori però osserva che a San Marino il numero dei consiglieri in rapporto a quello dei cittadini è molto elevato (uno su centocinquanta) e che i capaci hanno, praticamente tutti, la possibilità di accedere prima o poi al Consiglio o di trattare pubblici negozi. Il suffragio universale riuscirà a far meglio? Le larghe elezioni popolari possono dare frutti migliori che non le ristrette di un’assemblea, solo nel caso di una massa di cittadini elettori onesti e sennati, che non si lascino trascinare da amori e da odi, allucinare da arruffapopoli, corrompere da speranze, promesse e moneta. Egli conclude: pur vagheggiando il diritto di suffragio in tutto il popolo quel giorno che ne sarà degno, oggi crederei pericoloso modificar lo Statuto in una parte di tanta importanza, ed aspetterei che questo progresso di civiltà tanto ambito e desiderato ci fornisse elettori siffatti da non temere di mutare una parte di Costituzione che finora ha fatto prove non infelici.

Introducendo ex abrupto il suffragio universale in un paese così arretrato politicamente, potrebbero avvenire dei disordini. Ne potrebbe approfittare qualcuno all’interno per appropriarsi di tutto il potere. L’Italia, di cui San Marino è enclave, potrebbe cogliere l’occasione per intervenire e, forse, risolvere il caso sammarinese, lasciato in sospeso nel 1860, nel 1870 e ancora nel 1874.

Anche Ellero e Cestaro si schierano apertamente dalla parte dei conservatori temendo che la innovazione potrebbe creare una situazione pericolosa per la Repubblica.

A favore della grande riforma

Pietro Franciosi è un
ammiratore di Cestaro e soprattutto di Ellero. Ma non vede pericoli nella modernizzazione delle antiche istituzioni sammarinesi in senso democratico. Io non pavento possibili conquiste di barbari invasori, e nemmeno che qualche demagogo interno od esterno si adatti a tiranno.
Catilina non minaccia alle porte della città, e l’epoca delle signorie è da tempo tramontata perché i Faliero, i Doria, i Medici, i Borgia, i Farnese possano risuscitare
. Il cambiamento, secondo Franciosi, rafforzerà le istituzioni della Repubblica: noi con l’assicurare onestamente pane e lavoro alla maggioranza dei cittadini e col rendere eternamente stabile eternamente nostra la libertà comunale, possiamo benissimo sfidare qualsiasi portato delle libertà esotiche di tutti i governi borghesi del mondo.

È possibile, a suo dire, introdurre la democrazia rappresentativa, richiamandosi alla libertà propria dell’epoca comunale. Basta eliminare le sovrastrutture che attorno a quella antica libertà sono sorte nei secoli bui della regressione della democrazia, quelli dell’assolutismo.

Franciosi, in linea con la tradizione storica sammarinese, ritiene che in antico a San Marino fosse l’assemblea dei capifamiglia, Arengo, a nominare i consiglieri. E che per ragioni, diciamo così, di ordine pubblico, lo stesso Arengo abbia poi delegato il compito al Consiglio. Basta, a suo dire, che l’Arengo ritiri quella delega per fare della antica Repubblica una moderna democrazia. Senza cambiare l’ordinamento.

Franciosi è costretto a difendere questo suo progetto anche all’esterno essendo i conservatori ricorsi, con l’aiuto di Ellero, al parere di luminari del diritto e della politica, i quali paventano che la antica Repubblica non regga a cotanta innovazione. Confuta uno ad uno quegli esperti. E lo fa dalle pagine di una rivista prestigiosissima, Riforma sociale, che esce a Torino presso una casa editrice di grande fama (di cui pure Ellero talvolta si serve). Uno di questi esperti, Nino Tamassia, professore di diritto nell’università di Padova, replica. Puntuale arriva la controreplica di Franciosi.

Quanto ai suoi concittadini, Franciosi li assicura con l’esempio della Svizzera. Ci ammaestri il popolo della libera Elvezia che ha il passato storico non dissimile dal nostro nelle istituzioni medioevali, e che, non lasciatosi di troppo lusingare dagli effetti non tutti duraturi della Rivoluzione Francese, effetti sanzionati specialmente dalla formazione di governi parlamentari, mise in maggior evidenza la sua origine democratica, stabilendo per regola di rinnovare di quando in quando (ammessa pure la rielezione) i tre poteri ben retti e ben divisi.

Il 25 marzo 1906 l’Arengo, organo previsto dallo Statuto, modifica lo Statuto a proposito della nomina dei consiglieri: non più per cooptazione ma per elezione da parte dell’Arengo stesso; non più a vita ma per quattro anni.

Nasce così a San Marino la democrazia rappresentativa.

Franciosi difende la scelta

Il 1° ottobre 1907, nel discorso di ingresso dei nuovi Capitani Reggenti, Franciosi si vanta della strada che è stata seguita per introdurre la democrazia rappresentativa. E la difende. E la difende nuovamente anche all’esterno intervenendo ancora una volta su Riforma sociale e, questa volta, non per sostenere un progetto, ma per illustrare una realizzazione. Si vanta di essere cittadino di uno Stato che è passato dalla oligarchia alla democrazia rappresentativa senza uno sconvolgimento costituzionale, ma con una semplice riforma dell’antico Statuto. Una riforma – questo è il punto – attuata in base ad una norma dello Statuto stesso, la Rubrica n.62a del Libro I del patrio Statuto.

Quel passo dello Statuto – uno Statuto del 1600 – riportato in quell’articolo su quella rivista, sprizzante modernità, una rivista su cui scrivono capi di stato, ministri, luminari della cultura, italiani e d’oltralpe, pare una sfida alla modernità. Non così per Franciosi. La Repubblica, con quella conquista moderna avvenuta con la modalità di un ripristino, si presenta sulla scena italiana ed internazionale tutt’altro che come un’anticaglia che stenta a seguire il passo dei tempi. E’ uno Stato che, rimasto per un qualche accidente in arretrato in qualche settore, ha saputo trovare in sé la forza per rimettersi in moto ed ha saputo trovare nella propria storia la indicazione della strada da percorrere e, ora, ripartito, può seguire senza difficoltà il passo degli altri Stati. Anzi dimostrerà di poter andare più veloce.

Dopo l’Arengo del 1906, già l’anno successivo, in anticipo rispetto alla stessa Italia, San Marino estende l’elettorato a tutti i maschi maggiorenni. Poi è tutto un fiorire di innovazioni nei più svariati campi, con una particolare attenzione al sociale e alla istruzione. Innovazioni e modernizzazioni che si susseguono fino al sopraggiungere del fascismo.

Significative sotto l’aspetto istituzionale sono le riforme proposte nel 1917 dal Gruppo Consiliare Socialista, di cui è indiscusso leader Pietro Franciosi: elezione diretta dei Capitani Reggenti e articolazione del Congresso di Stato in dicasteri.

(tratto da M. CECCHETTI, Riforme secondo la storia, San Marino 2000, disponibile anche su www.libertas.sm)

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