Giorgio Cecchetti, Il Mattino di Padova: indagine Chalet a Roma. Baita preavvertito dell’arresto

Giorgio Cecchetti, Il Mattino di Padova: indagine Chalet a Roma. Baita preavvertito dell’arresto

 Il Mattino di Padova

Baita ebbe in anticipo l’ordine d’arresto



Fondi neri Mantovani, soldi a una rivista vicina ai servizi segreti: trovati la bozza del mandato e appunti sugli inquirenti

Giorgio Cecchetti

VENEZIA. Grazie ai suoi soldi, tanti, Piergiorgio Baita era riuscito a costruire una rete di «controspionaggio» talmente efficiente da aver ottenuto addirittura la bozza dell’ordinanza di custodia cautelare prima che gli venisse notificata il giorno del suo arresto e informazioni sul pubblico ministero Stefano Ancillotto, colui che coordinava le indagini della Guardia di finanza, e sul giudice Alberto Scaramuzza, colui che di lì a qualche giorno avrebbe firmato il provvedimento d’arresto. Tra le carte consegnate ieri dai pubblici ministero Stefano Ancillotto e Stefano Buccini ai giudici del Tribunale del riesame, che nel tardo pomeriggio di ieri hanno respinto il ricorso presentato dal ragioniere della Mantovani spa Nicolò Buson, ci sono anche il verbale d’interrogatorio dell’imprenditore di Polverara Mirco Voltazza e il verbale di perquisizione che le Fiamme gialle di Venezia hanno compiuto negli uffici di un giornale on line di Roma, «Il Punto», del suo direttore editoriale Alessandro Cicero e di un collaboratore.

 Lo scenario che ne risulta è simile a quello che, dieci anni fa, venne a galla quando gli investigatori mandati dalla Procura di Milano nell’ambito delle indagini sul rapimento da parte della Cia dell’imam Abu Omar scoprirono a Roma in via Nazionale 230 l’«ufficio riservato» gestito da Pio Pompa, uomo strettamente legato al direttore del Sismi di allora Nicolò Pollari. Gli investigatori mandati dalla Procura milanese trovarono decine di fascicoli intestati a numerosi magistrati, dentro informazioni sulla loro vita. E anche in quell’occasione c’era a disposizione un giornalista, Renato Farina, ingaggiato e retribuito dal Sismi per scrivere su «Libero».

Voltazza racconta al pubblico ministero veneziano che Baita, oltre al contratto con la sua società (l’Italia Service srl) che doveva «anticipare eventuali aggressioni da parte di forze dell’ordine e magistratura» per un compenso di un milione e 320 mila euro, avrebbe finanziato la rivista romana on line, che ha sede in via Nazionale 75, con 200 mila euro, una rivista – sempre stando a Voltazza – infiltrata da uomini dei servizi segreti che, in cambio di quel finanziamento, si sarebbero impegnati a raccogliere informazioni sull’andamento delle indagini grazie ai loro contatti con alti vertici della Guardia di finanza. L’imprenditore fa anche i nomi del direttore editoriale de «Il Punto» e di un collaboratore, ex carabiniere, tanto che il 28 febbraio scorso, il giorno degli arresti di Baita, di Claudia Minutillo, di William Colombelli e di Buson, i finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria lagunare perquisiscono Cicero e l’ex carabiniere e trovano la bozza dell’ordinanza di custodia cautelare, che neppure gli arrestati ancora avevano ufficialmente, e gli appunti sui due magistrati veneziani. Soldi spesi bene, dunque, visti i risultati. E Buson avrebbe consegnato una parte di quel denaro a Roma. Ieri, il suo difensore, l’avvocato Fulvia Fois, si è battuta per fare in modo che le nuove carte non venissero acquisite dal Tribunale perché presentate all’ultimo momento tanto che lei non avrebbe potuto predisporre una difesa efficace. Ha sostenuto anche che a Buson non si può contestare una condotta che abbia portato all’inquinamento delle prove. Ma il Tribunale le ha dato torto e ha ritenuto che il ragioniere della Mantovani debba rimanere nel carcere di Treviso.

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