In risposta ai Popolari sulla Banca del Titano

In risposta ai Popolari sulla Banca del Titano

I Popolari Sammarinesi hanno deciso di sferrare un duro attacco ad Alleanza Popolare sulla vicenda della Banca del Titano, senza rendersi conto che ancora una volta hanno sbagliato bersaglio. Prendendo a pretesto un nostro comunicato dell’Aprile 2006, con il quale sostenevamo che “la crisi di Banca del Titano è la manifestazione più evidente del fallimento di una classe politica”, ci accusano di incoerenza e di “omologazione al ribasso”.

Per quanto ci riguarda non abbiamo nulla da rinnegare di ciò che abbiamo affermato e tanto meno accettiamo che qualcuno ci accusi di non essere coerenti. Siamo ancora convinti che la brutta storia di Banca del Titano testimoni il fallimento di una classe politica, quella stessa classe politica di cui ha fatto parte Romeo Morri, l’unico Consigliere dei Popolari Sammarinesi, quella che alla fine degli anni novanta e nei primi anni del nuovo secolo ha distribuito banche e finanziarie agli amici, agli amici degli amici ed a faccendieri senza scrupoli che le hanno poste in vendita sul mercato italiano, quella stessa classe politica che, in violazione degli accordi sottoscritti con l’Italia ed all’insaputa del Consiglio Grande e Generale, ha acquistato ad una cifra spropositata una emittente televisiva in dissesto come Nuova Rete e l’ha poi fatta pagare a Banca del Titano, che si è trovata così, fin dal suo nascere, in forti difficoltà e quasi senza capitale sociale, dopo aver pagato, su richiesta del Governo di allora, una tangente di 12 miliardi di lire.

Chi ha fatto parte di questa classe politica dovrebbe almeno avere il pudore di stare zitto invece di lanciare accuse gratuite e strumentali.
Per quanto riguarda le decisioni di questi giorni, i Popolari Sammarinesi sanno bene che il denaro pubblico di cui parlano è stato versato nelle casse di Banca del Titano fin dal mese di Marzo 2006, a seguito di una delibera del Governo straordinario. L’unica alternativa che oggi il Governo aveva di fronte era se far chiudere la Banca e rinunciare ai 22 milioni di euro già versati o venderla, ad una nuova e più affidabile compagine, per rilanciarne l’attività e contenere così l’esborso dello Stato a 10,5 milioni. Il senso di responsabilità ci ha fatto ritenere che la seconda soluzione fosse più ragionevole e più corrispondente all’interesse dello Stato, in nome del quale abbiamo comunque deciso di promuovere tutte la azioni giudiziarie possibili per individuare le responsabilità e tentare di recuperare il denaro speso.

Se i Popolari Sammarinesi avevano altre soluzioni, potevano proporle al Consiglio Grande e Generale, dove invece abbiamo ascoltato solo demagogia e falsità, come quella che l’acquisto di Nuova Rete non avrebbe nulla a che fare con il dissesto di Banca del Titano. E’ proprio vero: la lingua batte dove il dente duole. Che tristezza.

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