La politica deve decidere fra riformatori e restauratori

La politica deve decidere fra riformatori e restauratori

RIFORMATORI V/S RESTAURATORI

A fronte della lunghissima lista di questioni che dimostrano in maniera inequivocabile la incapacità dell’esecutivo e dei suoi esponenti di maggiore responsabilità di affrontare con un approccio adeguato e risolvere i nodi cruciali che impediscono al Paese di superare l’estrema criticità che sta attraversando e ricominciare a funzionare,
nel momento in cui dobbiamo tristemente osservare che ancora, dopo un anno, a Meeting avvenuto, siamo alle stesse identiche dichiarazioni di “ottimismo in attesa del solito tavolo tecnico” già ascoltate e pateticamente ripetute un anno fa,
in attesa di verificare quale trasparenza vorranno assicurare le forze di maggioranza sulla preoccupante e tuttora oscura vicenda del “vertice di Palazzo Begni”, visto la antitetica posizione dei protagonisti, per la quale mentre uno propone il dibattito in Consiglio per fare chiarezza l’altra si affretta a dichiarare che fare chiarezza sarebbe “una perdita di tempo”,
nel momento in cui, pur a fronte di appelli alla aggregazione, si smontano pezzi di gruppi consiliari di maggioranza,
mentre la stesura dei provvedimenti della manovra straordinaria, quelli veri, quelli che costano, viene rimandata ripetutamente a causa dell’assenza di una sintesi politica forte e determinata,
il dibattito politico sta assumendo un profilo sospetto e singolare.

Da parte della maggioranza infatti, o meglio, da parte delle sue componenti più dogmatiche e ortodosse, si fa strada giorno per giorno l’idea che l’unica difesa possibile, la linea Maginot di questo governo sia convincere i sammarinesi che il dopo, visto che è evidente che in tanti stanno pensando al dopo, qualunque sia questo dopo, sarebbe comunque un passo indietro, un ritorno al dominio della vecchia politica e dei poteri forti, in sostanza la restaurazione e quindi tanto vale tenerci quello che abbiamo.

In prima battuta mi verrebbe da dire che se la difesa è rimasta questa, la salute della maggioranza e la consapevolezza della propria forza è davvero ai minimi termini.

In seconda battuta viene spontaneo osservare che queste parti della maggioranza che paventano il ritorno dei restauratori dovrebbero innanzitutto
guardarsi al loro fianco perché è lì che stanno, tutti, tuttora, insieme a loro, in quella maggioranza, gli esponenti autorevoli di quel vecchio, dei poteri forti e di una certa vecchia e insostenibile idea del sistema San Marino ormai superata inesorabilmente dalle cose.

Ma osservando ancora meglio l’intero scenario appare all’orizzonte a mio parere un rischio, il rischio che ancora una volta la politica e le forze che la compongono piuttosto che misurarsi sulle soluzioni e sulle migliori capacità per portarle avanti e realizzarle, per dare concreta attuazione ai progetti ed ai provvedimenti e per trovare ambiti di confronto vero e franco, si rifugi nel corpo a corpo della schermaglia quotidiana, nei duelli tra supposte e poco credibili bande degli onesti, e sugli effetti taumaturgici di un rinnovamento naif e quindi finto, che non comprenda anche le qualità e le capacità.

Non vorrei trovarmi, magari tra qualche settimana, magari in Consiglio Grande e Generale, di fronte alla scena che piuttosto che discutere, valutare, giudicare e decidere nel merito, sui dati e sui risultati, ognuno per il proprio ruolo e le proprie responsabilità politiche ed istituzionali, si preferisca, nella maggioranza ma non solo nella maggioranza, concentrarsi sui mali della restaurazione che non c’è piuttosto che del disastro che abbiamo davanti agli occhi.

Sarebbe uno strabismo interessato e di convenienza che ancora una volta metterebbe davanti ai problemi del Paese quelli della politica, dei politici e dei loro singoli destini individuali.

Sarebbe l’ennesima occasione persa per compiere quei passi avanti, per aprire quegli scenari di ripresa e di prospettiva che da troppo tempo mancano al Paese per la mancanza del coraggio delle scelte che troppi fin qui hanno dimostrato.

Resto fermamente convinto, e con me il mio partito, che questo momento abbia invece prioritariamente bisogno di una gara tra riformatori e un risveglio della voglia di cambiamento troppo spesso sopita.

Claudio Felici

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