Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02842
Atto n. 3-02842 (in Commissione)
Pubblicato il 9 maggio 2012, nella seduta n. 720
LANNUTTI , MASCITELLI – Al Ministro dell’economia e delle finanze. –
Premesso che:
nei giorni scorsi, a causa di una cattiva gestione e di controlli
inadeguati, la Banca d’Italia ha commissariato la Tercas (Cassa di
Risparmio della Provincia di Teramo), che ha 165 sportelli, 1.200
dipendenti, un attivo di 5,3 miliardi di euro;
la Banca d’Italia – scrive Fabrizio Massaro sul “Corriere della Sera”
del 5 maggio – «ha commissariato ieri la Cassa di risparmio della
provincia di Teramo (Tercas) per “gravi irregolarità e violazioni
normative”. La decisione è stata presa dopo un’ispezione della Vigilanza
nell’istituto fino a ieri presieduto da Lino Nisii, scaturita anche “a
seguito del coinvolgimento di Tercas in un procedimento penale della
Procura di Roma relativo al fallimento di un gruppo immobiliare”, come
ha specificato Via Nazionale nel comunicato stampa. Dovrebbe trattarsi
del crac da 500 milioni di “buco” dell’immobiliarista Raffaele
Di Mario, patron della Di.Ma Costruzioni, noto per aver acquistato nel
2004 Palazzo Sturzo, già sede della Dc all’Eur a Roma. Sono una trentina
le società creditrici di Di Mario, tra banche e gruppi del leasing. Tra
i principali istituti che hanno affidato l’immobiliarista c’è Tercas,
esposta per 23 milioni, accanto a Unicredit (circa 100 milioni),
Italease (Banco Popolare), Unipol e Bnl. Il provvedimento – clamoroso
per un istituto regionale da 165 sportelli, 5,3 miliardi di attivo e
1.200 dipendenti quale è Tercas – è stato emesso il 30 aprile dal
ministero dell’Economia ma è stato reso noto ieri, nel giorno in cui il
commissario Riccardo Sora – che ha appena terminato il commissariamento
della Cassa di risparmio di Rimini (Carim) – si è insediato negli uffici
di Teramo della banca. Antonio Blandini, Silvano Corbella e Alessandro
Portolano sono i componenti del Comitato di sorveglianza. Non ci sono
comunque problemi di operatività: “La clientela può continuare a
rivolgersi agli sportelli della banca, che prosegue regolarmente la
propria attività”, è la rassicurazione di Palazzo Koch. E anche Nisii ha
voluto comunicare con una nota a “clienti e risparmiatori che
l’istituto è in assoluta sicurezza. Nulla, quindi, debbono temere”. Alla
guida dovrebbe restare il direttore generale arrivato da circa un anno,
Dario Pilla, proveniente dal gruppo Intesa Sanpaolo. L’ispezione della
Vigilanza del governatore Ignazio Visco aveva fatto emergere gravi
irregolarità evidenziate anche dai sindaci nella relazione al bilancio
2011, chiuso con 9,3 milioni di perdita. “Il sistema dei controlli
interni”, scrivono i sindaci, “non è apparso adeguato alla dimensione,
alla complessità della gestione aziendale e alle finalità indicate nel
piano strategico triennale, avendo risentito molto del peso
organizzativo e di riordino interno conseguente all’ingresso nel gruppo
di banca Caripe”, l’istituto pescarese acquisito nel 2010 per 228
milioni dal Banco Popolare. I presidi per i rischi, inoltre, secondo la
relazione dei sindaci, non erano “idonei ad allertare efficacemente e
tempestivamente i vertici aziendali”. Il collegio comunque non ha
riscontrato irregolarità, così come neanche il revisore Deloitte. A
livello patrimoniale però l’istituto è in sofferenza, tanto è vero che
lo scorso 27 aprile il consiglio di amministrazione ha varato la
proposta di un aumento di capitale da 60 milioni per riportare il
patrimonio dal 5,82% al 7,18% (dati a fine 2011)»;
sul giornale on line abruzzese, “Prima Da Noi”, Sebastiano
Calella, nell’articolo dal titolo: “Commissariamento Tercas, i revisori
‘controlli inadeguati’”, scrive: «Banca commissariata: sabato
tranquillo, aspettando l’apertura degli sportelli. Solite contrattazioni
annoiate su corso San Giorgio, tavolini affollati nei bar sotto i
portici, studenti che sciamavano all’uscita della scuola. In piazza,
nelle vicinanze del Comune, il sindaco Maurizio Brucchi “riceve” i
cittadini all’aperto. Ma l’impressione è che si parli d’altro, insomma
non c’è nessuna preoccupazione palpabile sulla sorte della locale Cassa
di risparmio. “Certo quello che è successo è abbastanza grave – commenta
il sindaco in una pausa – ma non suscita alcuna preoccupazione perché
la Tercas è una banca solida e quindi non si corre alcun rischio. Le
istituzioni debbono vigilare e su questo versante hanno sempre mostrato
grande responsabilità. I problemi da affrontare? Presto detto: tutelare
l’autonomia della banca, pilotare un cambiamento soft della governance,
evitare ogni inutile allarmismo”. E questa è un po’ la parola d’ordine
per tutti quelli che seguono la vicenda Tercas: la presenza in forze
della Banca d’Italia viene infatti sentita come una garanzia certificata
per risparmiatori e imprenditori, soprattutto dopo il coinvolgimento
dell’ex dg Antonio Di Matteo in un’inchiesta della Procura di Roma su un
costruttore fallito accusato di bancarotta preferenziale. In pratica,
da una parte le banche (Tercas compresa) hanno finanziato le società poi
fallite, quindi con il fallimento in arrivo hanno cercato di recuperare
i loro soldi prima degli altri creditori. Anche i sindacati hanno
assunto un profilo di assoluta responsabilità e preferiscono agire
unitariamente, senza dividersi in comunicati e contro comunicati. Hanno
solo chiesto un incontro urgente con il nuovo commissario straordinario.
Come precisa Mauro D’Ignazio, Fisac-Cgil, “non spetta certo al
sindacato dare il suo ok a Bankitalia, ma tutti siamo chiamati ad una
prova di responsabilità. Per questo abbiamo demandato alle strutture
sindacali regionali ogni commento ed ogni valutazione sulla situazione
che si è creata”. Bocche cucite invece alla Fondazione, che detiene il
65% del capitale Tercas, e che affida ad uno scarno comunicato la sua
“fiducia” nella solidità della Tercas. C’è solo qualche commento
meravigliato per la figura del presidente Lino Nisii che nessuno ritiene
coinvolto nei fatti contestati all’ex dg Antonio Di Matteo. Al massimo
si pensa che il sogno di creare un’unica grande Cassa regionale possa
aver distratto l’avvocato Nisii da un controllo più stretto sull’operato
del dg. Però viene escluso ogni suo possibile ostacolo all’accertamento
dei fatti da parte della Vigilanza. Certo è che questo esito della
lunga permanenza dell’ex dg Di Matteo – in Tercas dal giugno 2005 – era
prevedibile fin dallo scorso anno, dopo il suo allontanamento che in
effetti era dovuto all’inchiesta penale in corso a Roma, sulla quale
l’ex dg era stato ascoltato dalla Gdf di Teramo che agiva su delega, ma
che sembrò un licenziamento “per incompatibilità ambientale”. Sulla
stampa infatti aveva avuto una grossa eco il fallimento del costruttore
romano Raffaele Di Mario destinatario di mutui e prestiti da parte di un
pool di banche, Tercas compresa in una tranche da 100 milioni di mutuo.
Ma l’allarme era stato alto anche per un’altra indagine, questa volta
della Procura e della Gdf di Milano sulla fiduciaria Amphora, che aveva
portato alla scoperta di contatti con la Smi, la Banca di San Marino. Di
questi rapporti fiduciari con i proprietari di quella banca, forse Di
Matteo non aveva informato i vertici Tercas. Non si sa quanto queste
notizie di cronaca giudiziaria possano aver influito sul
commissariamento, ma il cuore del problema rilevato da Bankitalia è un
altro ed era stato ben chiarito anche dalla relazione dei Revisori dei
conti che accompagna l’ultimo bilancio. Si legge infatti che “il sistema
dei controlli non appare adeguato alla dimensione, alla complessità
della gestione aziendale e alle finalità indicate dal piano strategico
triennale, avendo risentito molto del peso organizzativo e di riordino
interno conseguente all’ingresso nel Gruppo di Banca Caripe SpA”.
Inoltre le somme e le procedure previste contro i rischi non erano tali
da allertare efficacemente e tempestivamente i vertici aziendali. “Però
il bilancio è corretto e veritiero” ha spiegato la società di revisione
che controlla i conti. In questo groviglio di inadempienze interne e di
rapporti esterni a rischio, Bankitalia ha tirato fuori il cartellino
rosso ed ha rimesso la palla al centro. L’ordine sembra quello di far
tornare la Tercas a fare la banca del territorio e basta, senza
incursioni nel mondo della grande finanza che spesso nasconde trappole
per i risparmiatori abruzzesi, come hanno insegnato altre vicende di
Carispaq e Carichieti. Chi – con l’aiuto di Bankitalia – è riuscito a
rompere l’accerchiamento e a tornare alla sua mission, naviga ora in
acque tranquille. Sabato la sede della Tercas assediata dalle bancarelle
del mercato rimandava ad un’immagine tradizionale della banca come
cassaforte dell’imprenditoria locale e non come trampolino di lancio per
le speculazioni a San Marino: da qui sembrano lontani i paradisi
fiscali o i magheggi di imprenditori rapaci e disinvolti. Poco lontano
il capo della segreteria di Gianni Chiodi, Giuseppe De Dominicis,
colloquiava tranquillamente con un collaboratore, mentre il segretario
del presidente commentava che “l’importante è non farsi prendere dal
panico, visto che non ce n’è motivo”. Oggi sarà decisivo valutare che
clima ci sarà alla riapertura degli sportelli»;
appare quindi evidente, dalle cronache, che la Tercas sia stata
commissariata dalla Banca d’Italia per rapporti pericolosi con alcuni
imprenditori, i cui affidamenti sembrano stati attivati al di fuori
delle norme prudenziali di gestione del credito e del risparmio e della
meritorietà del credito, oggetto di inchieste della magistratura sul
costruttore Di Mario, nonché di un’altra indagine, questa volta della
Procura e della Guardia di finanza di Milano, sulla fiduciaria Amphora,
che aveva portato alla scoperta di contatti con la Smi, la Banca di San
Marino, rapporti fiduciari con i proprietari di quella banca, dei quali
non sarebbero stati informati i vertici Tercas da parte dell’ex
direttore generale Antonio Di Matteo;
considerato che:
non si placa la crescita delle sofferenze bancarie. Secondo l’ultimo
rapporto mensile diffuso dall’Abi, a marzo 2012, le sofferenze nette
delle banche italiane hanno toccato quota 35,5 miliardi di euro, 12
miliardi in più rispetto allo stesso mese dello scorso anno (50,4 per
cento). Il rapporto tra le sofferenze nette e gli impieghi totali è
stato del 2 per cento contro l’1,36 per cento di un anno fa;
la questione dei disinvolti affidamenti da parte di banche più
blasonate, quali Intesa San Paolo, Unicredit, MPS, Banco Popolare,
Mediobanca ed altri Istituti di credito, agli “amici degli amici” come
Ligresti, Zunino, Zalesky, giustamente contestati dalla Banca d’Italia
alla Tercas, hanno portato le banche ad iscrivere nei bilanci oltre 100
miliardi di euro di sofferenza, senza che ciò abbia mai indotto
l’Istituto di Vigilanza della Banca d’Italia, diretto da Anna Maria
Tarantola, ad inviare ispezioni e paventare il commissariamento di
banche più blasonate;
gli istituti di credito registrano un aumento pari al 40 per cento, famiglie e imprese faticano a onorare i debiti.
famiglie, ma soprattutto imprese, sono sempre più in affanno nel
rimborsare i finanziamenti ottenuti dalla banche. Nell’ultimo anno,
infatti, le sofferenze bancarie (ovvero le somme non retribuite dai
clienti agli istituti di credito) sono aumentate del 40 per cento (39,9
per cento) passando dai 72,9 miliardi di euro di settembre 2010 a 102
miliardi di settembre 2011. I dati, segnalati dalla Banca d’Italia,
evidenziano come oltre la metà dei crediti non rimborsati alle banche
italiane siano a carico delle imprese (66,6 miliardi di euro, contro i
47,6 miliardi di euro del 2010), ma sono anche le famiglie consumatrici a
essere sempre più in evidente difficoltà, a partire dal pagamento dei
mutui e dalla tenuta del bilancio domestico (il debito è di 24 miliardi
rispetto ai 16,4 miliardi del 2010). L’ammontare del debito – sottolinea
la Banca d’Italia – si presenta di gran lunga superiore rispetto
all’inizio della crisi: nel 2008 le sofferenze attribuite a tali
famiglie erano pari a soli 9,1 miliardi; 12,8 miliardi nel 2009. Infine
ci sono le famiglie produttrici, quelle cioè che fanno capo a piccole
imprese, con 9,9 miliardi di debiti da saldare, rispetto ai 7,8 miliardi
di fine settembre 2010 (16,2 per cento). Sono prestiti, dunque, la cui
riscossione non è certa da parte della banca erogatrice. Quanto ai
prestiti erogati, sempre nello stesso periodo, il totale ammonta a 1.984
miliardi a fine settembre 2011, dai 1.914 miliardi di fine settembre
2010, che segna un timido aumento del 3,6 per cento, ma un netto scarto
rispetto al boom delle sofferenze;
quindi- a giudizio degli interroganti- non appare plausibile
l’esclusiva motivazione di incauti affidamenti a Di Mario e il fatto che
essi abbiano costituito la molla che ha portato all’amministrazione
controllata della Tercas. Si può leggere su “Libertas” nel link: https://www.libertas.sm/cont/news/colpa-di-san-marino-anche-il-commissariamento-della-tercas-teramo-
come-della-carim-rimini/61135/1.html; nell’articolo con il
titolo: “Colpa di San Marino anche il commissariamento della Tercas
(Teramo), come della Carim (Rimini)” pubblicato martedì 8 maggio 2012:
«Come già per la Carim, anche per la Tercas si tende ad attribuire la
causa del commissariamento, a collegamenti con la Repubblica di San
Marino. Nel primo caso, con il Credito Industriale Sammarinese (Cis).
Nel secondo caso (IlSole24Ore) con la San Marino International Bank
(Smib). La illazione si basa solo sul fatto che il commissariamento
della Tercas è stato affidato a uno dei due commissari della Carim
(Riccardo Sora) o su altro? Si legge su rete5.tv: a seguire la traccia
finanziaria teramana, si va a sbattere addirittura a San Marino, di cui
guarda caso il commissario Sora è sommo esperto. Scrive, fra l’altro,
Sebastiano Calella di primadanoi.it: Di fatto Bankitalia ha scoperto che
nel corso degli ultimi anni fiumi di denaro teramano prendevano
direzioni diverse da quelle del territorio di riferimento, dove la
Tercas – come ogni Cassa di risparmio – era tenuta ad investire. Vedi
l’inchiesta sul fallimento del costruttore romano Raffaele Di Mario, al
quale sono arrivati soldi Tercas, vedi l’altra grande indagine sulla
Smi, ex Banca del Titano, nella quale la Gdf ha trovata traccia di
rapporti con la Cassa di risparmio di Teramo. Forse è proprio questo
contagio sanmarinese il comune denominatore che ha determinato l’arrivo a
Teramo di Riccardo Sora, che era impegnato come commissario alla Cassa
di risparmio di Rimini anche lei coinvolta in diverse operazioni con le
banche di San Marino. E Sora, nominato in coppia con un altro
commissario, si è distinto proprio per la sua capacità di sbrogliare le
complicatissime operazioni che erano state messe in atto da chi aveva
utilizzato la banca per operazioni a rischio con San Marino. Questa sua
riconosciuta abilità gli è valsa la nomina: è stato preso di peso e
portato a Teramo, dove dovrà lavorare sullo stesso argomento e su altri
di questo tipo: sotto accusa e sotto la lente di ingrandimento di
Bankitalia e di diverse Procure ci sono fatti ormai di dominio pubblico:
averli ignorati o sottovalutati è costato l’azzeramento a CdA e
presidenza»,
si chiede di sapere:
se al Governo risultino le motivazioni, finora non conosciute dal
pubblico dei correntisti e risparmiatori, oltre ai rapporti con Di Mario
e San Marino ed il coinvolgimento dell’ex direttore generale Antonio Di
Matteo in un’inchiesta della Procura di Roma su un costruttore fallito
accusato di bancarotta preferenziale, che abbiano indotto la Banca
d’Italia a commissariare la Tercas, e come mai non siano stati attuati
analoghi provvedimenti per gli affidamenti incauti erogati ai Ligresti,
Zunino, Zalesky, miliardi di euro iscritti come sofferenza da parte di
banche più blasonate, ma socie di maggioranza nell’azionariato della
Bankitalia, quali Intesa San Paolo, MPS, Banco Popolare, Mediobanca che
secondo gli interroganti sembrano godere di rapporti privilegiati di
favore, anche negli accertamenti ispettivi;
se risulti quali siano stati i criteri adottati dalla Banca d’Italia
per nominare commissario Riccardo Sora, atteso che a giudizio degli
interroganti detta nomina potrebbe essere stata effettuata eventualmente
per occultare i collegamenti della Tercas con la Repubblica di San
Marino ed i fiumi di denaro teramano, che prendevano direzioni diverse
da quelle del territorio di riferimento, dove la Tercas – come ogni
Cassa di risparmio – era tenuta ad investire;
quali misure urgenti il Governo intenda adottare per restituire
trasparenza e rigore all’alta funzione di vigilanza purtroppo appannata
da comportamenti, spesso arbitrari ed incapaci, al fine di offrire
strumenti di prevenzione atti ad impedire gestioni
familistico-clientelari del credito e del risparmio.