L’informazione di San Marino. Antonio Fabbri: Meravigliarsi dell’ovvio

L’informazione di San Marino. Antonio Fabbri: Meravigliarsi  dell’ovvio

ANTONIO FABBRI – L’INFORMAZIONE DI SAN MARINO

Ma Ciavatta, perché si era dimesso, già? Perché non lo ha mica mai detto chiaramente. E poi perché ha fatto rientrare le dimissioni dicendo che erano superate le criticità che non ha mai spiegato quali fossero? Insomma ci si trova di fronte a ignote criticità, chiarite non si sa come, in modo da ritenerle superate con un confronto su non si sa cosa.

Chiaro, no? No.

Ma non è mica colpa loro… siamo noi, noi cittadini che non capiamo; siamo noi giornalisti, cretini, che andiamo pure alle conferenze stampa per sentirci dare queste spiegazioni e alle domande sentirci rispondere: “Beh, lo abbiamo pur detto il perché”. No, a ben vedere, non lo avete proprio detto.

Avete premesso che le dimissioni dovevano rimanere riservate e quindi il perché proprio non lo avete detto. Eh, sai, le dimissioni di un ministro d’altra parte vanno tenute riservate, mica è una roba che deve interessare tutti i cittadini: le teniamo qui, le diamo solo alla Reggenza, ne parliamo noi dieci, ci facciamo un giro con i capigruppo di maggioranza magari senza spiegare neppure bene bene i motivi, e il perché non lo diciamo a nessuno.

Però, per non passare da cretini del tutto, due parole su questo modo di fare che tiene segreto ciò che deve essere pubblico, bisogna pur dirle. E perché, allora, le ragioni di quelle dimissioni devono essere pubbliche? Perché sul piatto di quei motivi di frizione potrebbe esserci di tutto.

Chi ce lo dice che in quella lettera Ciavatta non abbia fatto i capricci – non lo avrà fatto di certo, intendiamoci – perché vuole che si serva, a metà mattinata della riunione del Congresso di Stato, lo zucchero filato al posto delle brioches?

Chi ce lo dice che non abbia chiesto – non lo avrà fatto di certo, intendiamoci – una speciale indennità per il Segretario alla Sanità oberato di lavoro e responsabilità in questo particolare periodo?

Chi ce lo dice che il ministro non abbia voluto mettere pressione – non lo avrà fatto di certo, intendiamoci – per cambiare, tipo, l’arredamento del suo ufficio? La segretezza nella gestione della cosa pubblica non è un valore, come lo vorrebbero far passare i nostri edulcorandone il senso negativo servendosi del più ovattato vocabolo “riservatezza”. La segretezza nella gestione della cosa pubblica è un disvalore, se non addirittura un’offesa nei confronti della collettività, della sua intelligenza, del suo diritto di sapere come i cittadini sono guidati e amministrati. Diritto che viene calpestato, vilipeso, stracciato, deriso, come è accaduto e come accade troppo spesso in questa legislatura

Tenere nascosto l’operato pubblico è il viatico per alimentare i sospetti di accordi sottobanco, ricatti e controricatti politici, compromessi disonorevoli, scambio di favori per mantenere reciprocamente la poltrona. Altro che “doveva essere riservata per non alimentare gossip politico”. Siamo proprio al ribaltamento della realtà, dove la “res publica” viene snaturata in “res illis”; la “cosa pubblica”, cioè, diventa “cosa loro”, sulla quale i cittadini elettori non devono neppure sognarsi di mettere becco.

Ora, se si tace di fronte a questo deprecabile contegno, quando ai cittadini viene sottratto persino il diritto di discutere di un sindacato della Reggenza presentato per l’indegna porchettata in pieno lockdown o viene loro tolta la possibilità di proporre un referendum popolare sancito dalla legge in funzione di una discutibile interpretazione “ad usum Dephini”, rischia poi di diventare superfluo meravigliarsi dell’ovvio.

 

Articolo tratto da L’informazione di San Marino, pubblicato integralmente dopo le 22

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