L’obesità dello Stato sammarinese. Domenico Gasperoni

L’obesità dello Stato sammarinese. Domenico Gasperoni

L’obesità dello Stato sammarinese
Ho  avuto sotto mano l’O.d.G dell’ultima sessione consigliare del 16-16 gennaio u.s. Mi ha decisamente colpito l’interminabile elenco di  commissioni da nominare. Mi sono chiesto: non sono troppe? A cosa servono? La vita democratica della nostra comunità “che c’azzecca” con questa lenzuolata di commissioni?  Si ha l’impressione che  la res publica sconfini in un “commissionificio”. Da questi interrogativi è nata la riflessione di oggi.
Sono anni che correttamente ce la prendiamo con la Pubblica Amministrazione, che è ammalata. La sua più grave malattia,  io sono solito chiamarla obesità. E’ anche la malattia più comune delle società moderne. Dovremo far dimagrire la Pa. Diminuire il numero dei dipendenti, diminuire il costo del suo mantenimento. Liberarsi  di  funzioni  storiche superate. Dimagrire la burocrazia.    
Purtroppo ci siamo dimenticati che anche lo Stato soffre di obesità. Lo Stato sammarinese si è strutturalmente sviluppato forse più  per via di quantità che di qualità. Per ammasso alluvionale di organismi di democrazia rappresentativa. Provo a tracciare una mappa dell’obesità istituzionale.
L’evidenziatore rosso mi va a sottolineare due settori particolari: la struttura e l’organizzazione delle Segreterie di Stato e quel sottobosco istituzionale (non in senso dispregiativo) formato, appunto, dalle commissioni. La brevità di un articolo richiede di parlare solo delle commissioni. Rinvio ad un successivo intervento l’analisi della struttura governativa. Sovradimensionata. Con preannuncio di proposte non convenzionali!
Per capire il complesso mondo delle commissioni, va fatta una sottoclassificazione in tre gruppi, a seconda della  loro tipologia istituzionale e delle funzioni e compiti assegnati dalle normative.
Le più importanti sono le commissione parlamentari. Cinque organismi interni al Consiglio Grande e Generale, composti da soli Consiglieri. Hanno ormai vent’anni e li dimostrano tutti. Forse anche di più. Sarebbe ora che la politica facesse un bilancio. Come funzionario del Consiglio, ricordo ancora i dubbi e le perplessità sollevate da molti in aula, al momento della loro introduzione. Si temeva, da una parte, la parcellizzazione dell’azione legislativa e dall’altra, la cucitura di un abito legislativo extralarge, più adatto alle grandi forme dei Parlamenti che alla gracilità del nostro Consiglio. Con il rischio di condizionare la funzione del singolo consigliere e di impoverire il contributo dell’aula. Credo che le perplessità e i vecchi dubbi siano stati confermati negli anni. Chi ascolta i dibattiti consiliari d’oggi, non fa fatica a convincersi.
La seconda tipologia di commissioni è formata da quelle che hanno potere decisionale. Dovrebbero  essere abolite. Perché hanno due grandissimi difetti: prosperano, in qualche modo, nell’area del paternalismo e della discrezionalità e rubano il mestiere alla Pubblica Amministrazione. Faccio un esempio:  un cittadino presenta domanda per il prestito casa. Se ha i requisiti di legge, è sufficiente il giudizio dell’Ufficio competente. Se non li ha, che può fare la Commissione per  la Gestione dell’Edilizia Sovvenzionata? Forzare la legge? Fare un eccezione? Se poi le normative non sono chiare, spetterà al potere legislativo correggere e precisare! Da una parte, si vuole un’amministrazione moderna, professionale e responsabile, ma dall’altra, non ci si fida e non viene messa alla prova, dandole la piena gestione del rapporto cittadini-Stato! Se mi consentite un riferimento storico, questo tipo di commissioni nasceva per supplire l’Amministrazione, quando non era attrezzata.     
Una breve osservazione sulle commissioni di studio e di proposta. Sono utilissime. Ma ribalterei completamente le modalità di costituzione, perché la democrazia rappresentativa non coincide con la democrazia partecipativa. La qualità della politica e dell’amministrazione richiede il contributo dei cittadini più  competenti e più convincenti sul piano personale. Un obiettivo che si raggiunge più facilmente, se si privilegia la scelta più ampia fra la società civile. I limiti imposti dalla designazione proporzionale dei gruppi consiliari (e dei partiti) impoveriscono la qualità. Il nostro piccolo mercato dell’eccellenza, non sempre permette il binomio rappresentatività/competenza. Non essendo organismi legati a procedure formali, ma a  contenuti di conoscenza, la composizione potrebbe essere riservata alla Reggenza. Che autorevolmente sceglie le persone migliori a seconda dello specifico settore. Avviene già per qualche commissione. Io lascerei solo un esiguo numero di membri alla designazione politica.
Con  queste mie riflessioni, vorrei che si aprisse un dibattito fra le forze politiche sulla funzionalità del nostro Stato. Che va rinnovato. Non tanto per far felici i cultori della dottrina costituzionale. Ma per fare contenti i cittadini che hanno diritto ad uno Stato più leggero. Hanno capito che leggerezza istituzionale significa migliore democrazia.  Spero siano i movimenti presenti in Consiglio  ad assumere iniziative anche  per questa battaglia.  
                         Pubblicato su Tribuna- 24 gennaio 2012

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