Marco Piazza, IlSole24Ore, Linea dura sui paradisi fiscali

Marco Piazza, IlSole24Ore, Linea dura sui paradisi fiscali

IlSole24Ore

Linea dura sui paradisi fiscali

Marco Piazza

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Black list. I questionari della Gdf per ottenere informazioni su cfc e sui clienti e fornitori oltreconfine

Occorre commisurare i carichi amministrativi ai benefici

Il questionario che la polizia tributaria sta inviando alle società di media e grande dimensione che hanno rapporti con i Paesi black list (si veda ‘Il Sole 24 Ore’ di venerdì) conferma che la strategia del Governo nei confronti dei paradisi fiscali si discosta notevolmente dalla linea “morbida” dell’Ocse. Non pare infatti che ci sia molta fiducia nel progetto di mantenere
questi Stati integrati nell’economia mondiale inducendoli, in cambio, ad essere collaborativi nello scambio d’informazione ed emerge, invece, una chiara tendenza a emarginarli dalla nostra economia. Del resto è significativo che l’Italia abbia ratificato con legge solo due accordi di scambio di informazione con i] nuovo modello Ocse (Malta e Cipro). Gli adempimenti, i carichi amministrativi, le probabilità di visite fiscali (con paralisi degli uffici e aumento delle spese legali), i rischi di sanzioni con l’impatto finanziario da stimare nei bilanci prima ancora che si possa aver accesso al primo grado di giudizio, lo spauracchio delle conseguenze penali e del sequestro preventivo dei beni dei vertici societari in vista della “confisca per equivalente” rendono evidente che i costi superano i benefici. Si è anche compreso che il livello qualitativo (e di specializzazione) e il morale dei nuclei addetti a questo tipo di verifiche sono saliti enormente di livello. Non solo: l’amministrazione ha dato chiari segnali di aver intenzione di cominciare a incrociare la gran mole di dati presente nell’Anagrafe tributaria e di intensificare la collaborazione più che con i Paesi black list, con quelli cosiddetti a “fiscalità avanzata” (cioè ad alta fiscalità). Si dovrebbe, però, tener presente che la stragrande maggioranza degli imprenditori è semplicemente obbligata a intrattenere rapporti con Paesi black list in quanto lì si trovano i loro clienti e fornitori. Il rischio, quindi, è che la lotta all’evasione finisca con ostacolare soprattutto gli imprenditori meno inclini all’evasione e più soggetti alla concorrenza. Inoltre, se – come spesso accade – si tratta di medie e piccole imprese è probabile che non abbiano le competenze e le strutture organizzative idonee a far fronte alla dilagante tendenza del fisco italiano ad invertire l’onere della prova riguardo alla genuinità di determinate transazioni. Sarebbe dunque auspicabile che il giusto obiettivo di contrastare l’evasione venisse perseguito senza perdere di vista in principio di ragionevolezza: occorre evitare che i costi per la pubblica amministrazione e per le imprese eccedano i benefici. Invece, la normativa in materia di comunicazione delle operazioni black list esige di comunicare anche operazioni già note al fisco (le importazioni), impone comunicazioni duplicate (black list e Intrastat) e comunicazioni non previste dalla legge (servizi fuori campo per extraterritorialità verso soggetti extraUe, dato che l’articolo 3 del Dm 5 agosto 2010 eccede i poteri conferiti al ministero dall’articolo 2, comma 2 del Dl 40/2010, in quanto non si può ritenere che queste operazioni siano relative a uno “specifico settore d’attività”).

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