San Marino, Cis costerà … Governo a casa

San Marino, Cis costerà … Governo a casa

Cis costerà. Questo governo vada a casa

In un clima di concordia e armonia, nel tardo pomeriggio di martedì il Consiglio Grande e Generale ha approvato all’unanimità il piano di risoluzione di Banca Cis. Ci saranno modo e tempo per parlare dei responsabili e delle responsabilità del dissesto di questo istituto di credito, ma è sin troppo semplice e scontato condividere l’assunto.

Un assunto intriso di demagogia, giustizialismo e qualunquismo, con cui l’intera comunità politica e sociale sammarinese si è espressa in queste ultime settimane: chi ha sbagliato, deve pagare.

E’ vero, chi ha sbagliato deve pagare: è un principio giusto e sacrosanto, non ci sono dubbi. Si facciano perciò le azioni di responsabilità, guai se così non fosse. Ma si evitino condanne sommarie e approssimative, come peraltro sono sempre le condanne politiche e mediatiche, solo per il macabro gusto di far scorrere il sangue dell’odiato nemico con cui abbeverare i cittadini tentando di mitigarne la legittima e comprensibile incazzatura per la drammatica situazione economica e finanziaria in cui attualmente si trova il loro Paese.

Si lasci fare alla giustizia il proprio corso e alla fine si faranno i conti, come sta già avvenendo per Asset Banca e altre spinose vicende. Ma non si dia spazio ad una insalubre ondata di giustizialismo che ha lo scopo, a tratti banale e prevedibile, di marginalizzare e minimizzare gli enormi problemi derivanti da una assai discutibile gestione della crisi di Banca Cis e dal pessimo stato di salute del bilancio pubblico prossimo al fallimento.

Ci si sazi pure con il neo giustizialismo in salsa sammarinese. È doveroso e necessario colpire tutti (in Carisp, a parte l’ex Dg Luca Simoni, degli svariati ex amministratori e controllori del decennio 2006-2016 chi è stato sottoposto ad azioni di responsabilità? Nessuno, ndr) coloro i quali con i loro comportamenti hanno provocato dissesti bancari. È altresì fondamentale verificare se dal momento della sua nascita (correva l’anno 2003), la Banca Centrale ha vigilato correttamente sul sistema bancario nazionale, anche perché gli osannati vigilanti di oggi non sono affatto Carneadi o alieni provenienti da Marte, bensì sono profondi conoscitori della realtà locale e della sua storia.

Si faccia tutta la chiarezza necessaria, ma non si sconfini nella ipocrisia e non si finga di non sapere che la risoluzione di Banca Cis costerà alla collettività centinaia di milioni di euro con l’inevitabile conseguenza di inasprire notevolmente la pressione fiscale e di tagliare in maniera significativa la spesa sociale e sanitaria. Non si dica che tutti i risparmi sono stati salvaguardati quando i depositi oltre i 100 mila euro verranno “congelati” per almeno 7 anni (!!!) e trasformati in non meglio specificate obbligazioni dell’ente ponte (cioè dello Stato). Non si racconti la favola che tutti i posti di lavoro sono stati garantiti, quando decine di persone presto si ritroveranno disoccupate.

Alla fine della fiera chi paga? Ovvio, paga Pantalone, senza rendersi conto che ormai Pantalone non ha più un becco di un quattrino, come evidenziato da alcune risposte del governo ad interpellanze presentate da gruppi di opposizione.

Pagheranno lo Stato e i contribuenti. Con quali soldi, però, non è dato sapere.

Mentre il caos regna sovrano, il governo tace. Non pervenuto.

Nessun segnale di vita. Banca Centrale, la (sarebbe meglio dire, una parte della) maggioranza e l’intera opposizione hanno preso in mano la situazione e in nome della pacificazione nazionale hanno esautorato il governo da ogni funzione in ambito bancario e finanziario.

La verità è che sulla questione Banca Cis si sono costruite le alleanze per il governo della prossima legislatura: tutti insieme, appassionatamente, contro i poteri forti e soprattutto contro Repubblica Futura, trascurando il fatto che i poteri forti sono divenuti tali e hanno maramaldeggiato almeno a partire dagli inizi degli anni novanta con la compiacente sponda di partiti nei quali tanti moralisti dell’ultima ora hanno militato e hanno prestato il loro impegno civile.

Se non ci fosse il dramma di un Paese sull’orlo del precipizio, ci sarebbe persino da sbellicarsi dalle risate per la commedia cui stanno dando vita molti esponenti politici, giovani e meno giovani: stiamo uniti, perché l’unità fa la forza e uniti si sconfiggono i poteri forti (naturalmente quelli che fa comodo chiamare tali), però non diciamo a nessuno che il Paese è sostanzialmente fallito e che non c’è uno straccio di idea per risolvere le principali problematiche. Intanto godiamoci lo spettacolo delle liste di proscrizione in cui sono infilati politici ed ex politici, imprenditori, professionisti e addirittura magistrati. C’è un nemico da abbattere, lo si deve fare con ogni mezzo, più o meno lecito, ma soprattutto con lo sputtanamento ad opera di organi di (dis)informazione compiacenti, ingenerando sistematicamente il dubbio e il sospetto delle peggior cose, gettando fango e magari anche qualcosa di più maleodorante nei confronti di tutti quelli che la pensano diversamente.

L’auspicio è che questa pantomima finisca al più presto. Il governo vada a casa, perché ormai è evidente che alcune sue componenti abbiano fatto accordi con l’opposizione. Però ai protagonisti del nuovo corso ricordiamo che per salvare il paese non è sufficiente abbattere il nemico, occorrono idee, competenze e concretezza, e fino ad ora se ne sono visti ben pochi di questi ingredienti, in maggioranza e all’opposizione. Di slogan se ne sono sentiti tanti, ma di fatti ce ne sono stati davvero pochi.

Spiegateci come intendete risolvere i problemi di un paese che tra non troppo tempo avrà un debito pubblico che schizzerà oltre il miliardo di euro. Dateci elementi per convincerci che la strada intrapresa è quella giusta e che dietro a tanta aggressività e a tanto livore non vi sia il tentativo di realizzare una sofisticata restaurazione che porterà persino alla riabilitazione dei protagonisti del Conto Mazzini. Dimostrateci che ci stiamo sbagliando. Perché vorrebbe dire che il paese ha ancora una speranza di sopravvivere, nonostante tutto e nonostante tutti.

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