L’informazione di San Marino: “Beffa del patteggiamento che smonta i processi e ‘condanna’ le vittime”

L’informazione di San Marino: “Beffa del patteggiamento che smonta i processi e ‘condanna’ le vittime”

Ieri la prima, discussa, applicazione della nuova procedura penale: rinviato in istruttoria un processo che era già arrivato alle conclusioni.

ANTONIO FABBRI – Con la primissima applicazione della nuova procedura penale e della norma sul patteggiamento, pare da subito di trovarsi di fronte ad un “porcellum” giudiziario.

Il “porcellum” era la legge elettorale italiana che il suo stesso autore, l’ex ministro leghista Calderoli, aveva definito “una porcata”, da cui “porcellum”, a causa del suo malfunzionamento e delle distorsioni che portava con sé.

Mutatis mutandis, visti i dubbi che la nuova procedura penale, e in particolare il patteggiamento, ha fatto scattare fin dalla sua embrionale applicazione, potrebbe essere definita appunto un “porcellum”, per almeno un paio di motivi.

Il primo è che la norma entrata in vigore l’altro ieri, 17 marzo, non ha previsto delle disposizioni transitorie per i processi già iniziati, causando così una nebulosa e incerta procedura per i casi pendenti, come dimostrato dall’udienza di ieri.

Il secondo è che, anche a regime, in caso di patteggiamento ad essere “condannate” a più lunghe e costose cause civili, saranno le vittime.

Il caso discusso  La vicenda che ha visto per la prima volta l’applicazione della nuova legge sul patteggiamento è relativa ad un grave incidente stradale verificatosi il 26 ottobre 2020 in strada La Zanetta. Nella udienza precedente di febbraio erano stati già ascoltati i testimoni, gli agenti della Polizia civile che fecero all’epoca i rilievi e ricostruirono la dinamica. Ricostruzione ribadita durante il processo, nella fase dibattimentale già aperta, dunque, e anche conclusa. Lo scontro si verificò tra l’Audi A3 condotta da un sammarinese, all’epoca 21enne, e un 17enne a bordo di una Vespa. E’ emerso che il conducente dell’auto era in stato di alterazione psicofisica. Il 17enne rimase diversi giorni in prognosi riservata e ancora oggi sta subendo le conseguenze di quell’incidente. Per le lesioni riportate il perito ha infatti verificato una invalidità del 35% per la vittima, che non è stata ancora risarcita

Il primo caso di richiesta di patteggiamento Nell’ambito di questo processo per incidente stradale c’è stata la prima applicazione della nuova norma di procedura penale sul patteggiamento, fortemente voluta dal Dirigente Giovanni Canzio. Durante l’udienza di ieri, nella quale si sarebbe dovuto procedere alle conclusioni, l’avvocato Paride Bugli, difensore dell’imputato, ha chiesto di poter ottenere per il suo assistito il patteggiamento ai sensi del nuovo articolo 136bis del codice di procedura penale che prevede, appunto, la possibilità per l’imputato di patteggiare, accordandosi per una pena diminuita fino a un terzo. Ora, il comma 11 di questo articolo recita esplicitamente che “…l’imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può rinnovare la richiesta [di patteggiamento] e il Giudice, sentito il Procuratore del Fisco, se la ritiene fondata, pronuncia immediatamente sentenza di applicazione della pena”.

Sulla base di questo il procuratore del fisco, Roberto Cesarini, si è opposto al patteggiamento, evidenziando che il dibattimento era già iniziato e terminato. Patteggiamento quindi non possibile per la Procura fiscale non essendo stato previsto, in questo ambito, un regime transitorio. Quindi la norma sarebbe da applicare così come è scritta. Ad opporsi vigorosamente alla possibilità di patteggiamento anche l’avvocato di parte civile, Alessandro Amadei, che ha anche rilevato come, consentire in tale fase il patteggiamento, non rispecchierebbe la ratio della norma, considerato che questa mira all’economicità processuale e ad evitare il dibattimento, che nel caso specifico c’è già stato. Ha quindi chiesto con forza che la richiesta di patteggiamento venisse dichiarata fuori termine e di procedere alle conclusioni.

La decisione del Commissario della legge Il Commissario della legge Simon Luca Morsiani con un’ordinanza, per la verità ritenuta discutibile e molto contestata dalla Parte civile e anche dalla Procura fiscale, ha ritenuto, di fatto, di rimettere nei termini l’imputato, rinviando gli atti al giudice inquirente. A questo punto, però, non è chiaro come si procederà, perché non c’è nella procedura una norma che preveda questa sorta di remissione in termini una volta che la fase dibattimentale del processo sia già esaurita. L’ipotesi è che si riparta daccapo e l’inquirente, a questo punto, proceda a chiedere un parere al Pf sul patteggiamento. Parere che però lo stesso ha già espresso in senso negativo in udienza, ieri. In ogni caso – sia di parere negativo che favorevole del Pf al patteggiamento – si tornerà probabilmente in udienza davanti al Commissario Morsiani che ha già fissato una seduta per aprile. In quella sede deciderà se ritenere o meno fondata la richiesta di patteggiamento. In caso affermativo pronuncerà sentenza con lo sconto di pena. In caso negativo, presumibilmente si procederà con le conclusioni saltate ieri.

La “condanna” della vittima All’ordinanza di Morsiani di remissione degli atti in istruttoria si è fermamente opposto l’avvocato di parte civile, Alessandro Amadei, sostenendo anche che si stia creando un pericoloso precedente che inciderà, a questo punto, su tutti i processi pendenti e che hanno già superato la fase dibattimentale. In più è la stessa norma sul patteggiamento a creare una discutibile distorsione, finendo per “condannare” la vittima a intentare causa in sede civile, senza neppure poter contare su una pronuncia penale che valga come accertamento dei fatti e delle responsabilità anche nella causa civile e che possa, eventualmente, avere stabilito anche una provvisionale. La vittima danneggiata dal reato si trova dunque anche beffata, dovendo intentare una lunga e costosa causa civile nella quale dovrà dimostrare non solo il “quantum”, per avere il risarcimento dovuto, ma anche l’“an”, ovvero il “se” ciò che rivendica sia dovuto in funzione di fatti accertati dai quali il danno è derivato. Questo perché, cita l’articolo 136bis sul patteggia- mento al comma 9, “la sentenza di applicazione della pena [patteggiata], salve diverse disposizioni di legge, è equiparata a una pronuncia di condanna, ma non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi”. E’ evidente, allora, che a fronte di queste norme che palesemente penalizzano le vittime più che tutelarle, sostenere, come è stato fatto, che si sia “compiuto un passo in avanti” per la civiltà giuridica del Titano, appare un filino azzardato.

 

Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23

 

 

 

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