Riforma pensioni a San Marino, “è tempo di cambiare paradigma”

Riforma pensioni a San Marino, “è tempo di cambiare paradigma”

Riceviamo e pubblichiamo una lettera di Alessio Muccioli sulla riforma previdenziale sammarinese:

“È tempo di cambiare paradigma.

Il periodico dibattito sulla riforma pensionistica rischia un avvitamento su se stesso, che si materializza in una altrettanto periodica contrazione dei diritti di chi ha contribuito, per una vita, pensando di costruirsi una vecchiaia il più possibile serena, pensando ad un futuro dignitoso.

Di periodico, tuttavia c’è anche il dibattito che consegue alla presentazione di questi progetti di riforma, dibattiti sempre improntati all’aspetto ragionieristico del tema, come se questo non fosse legato ad altre politiche, sociali e del lavoro.

Continuare ad affrontare il tema seguendo lo stesso schema non risolverà una situazione sempre più drammatica, almeno per quel che riguarda i paesi a bassa, o a natalità 0.

Le proiezioni demografiche sono del resto impietose, la cifra antropologica dei paesi ne costruisce la sorte, e San Marino, seppur micro stato, non costituisce eccezione.

Non esiste dimensione più urgente della demografia, così, per evitare un declino già avviato da qualche decennio è urgente una politica (nel senso esteso del termine) che colga il segno del momento, che si adoperi per invertire questa tendenza.

I dati italiani, entro il cui alveo siamo immersi, non danno spazio ad interpretazioni ideologiche, tanta è la loro chiarezza. Dal 2014 la popolazione residente in Italia è passata da 60,3 milioni a 58,5 milioni. Nel 2021 le nascite sono scese ai minimi storici, 399400 nati l’1,3% in meno dell’anno precedente. Il 31% in meno del 2008. Come si diceva, San Marino segue il trend, anno 2014 nati circa 296, anno 2020 nati 232, con un fenomeno migratorio piuttosto stabile, di cui andrebbe però valutata l’effettività del requisito.

Al calo delle nascite contribuisce pesantemente il divario di genere nel mondo del lavoro dove il reddito medio complessivo delle donne è considerevolmente minore di quello degli uomini (per fortuna a San Marino la componente della Pa riequilibra in parte tale fenomeno). Come è altrettanto deleteria una mentalità patriarcale, ancora ben salda nella società, che spesso delega la donna a posizioni inferiori; spesso con la giustificazione della difficoltà del non sapere coniugare proficuamente il lavoro con la cura di casa e figli, impedendo, di fatto, la realizzazione professionale, limitando gli effetti a favore della natalità dati da una stabilità economica concessa a una famiglia con due fonti di reddito.

L’attuale paradigma che prevede a scadenze periodiche la contrazione dei diritti di chi andrà in pensione invece somiglia sempre di più alla nota storia della rana nell’acqua tiepida che diventa piano piano bollente. Ancora su dati a noi vicini, i novantenni nel giro di 20 anni sono destinati a raddoppiare, fra 30 anni poco più di una persona su due sarà in età di lavoro con il 52% delle persone tra i 20 e 66 anni, le persone sono i 20 anni il 16% , oltre i 66 circa il 32%, panorama molto simile a San Marino.

Per cercare di fronteggiare tale status di cose è impellente introdurre vere riforme, volte ad aiutare la stabilità della famiglia, misure sempre più estensive di supporto all’educazione, estensione dei congedi parentali, incentivazione del lavoro femminile abbattendo ogni disparità di genere e tutelando la conciliazione tra impegni domestici e di lavoro, favorire l’autonomia finanziaria dei giovani con progetti di supporto per anticiparne l’indipendenza.

Politiche che indubbiamente hanno bisogno di tempo per vederne realizzati gli obiettivi.

È proprio nel tema del confronto, con una vasta piattaforma di riforme sul tavolo che si può realizzare il cosiddetto ‘patto generazionale’, col solo scopo di finanziare un vero e proprio laboratorio di politiche intergenerazionali; soprattutto a patto che si preveda appunto un nuovo paradigma, che vada oltre un orizzonte di pochi anni poiché la risoluzione del tema, come è facile vedere non è  previsto di qui all’alba.

È difficile per chiunque, credo, qualificare come ultimo il periodico aggiustamento che viene proposto, perché è noto che non sarà così.

Andrebbe quindi stravolta l’intera impostazione degli ultimi anni di lavoro (10? 15?) che preveda sensibili riduzioni degli orari di lavoro (per tutte le categorie), adeguamenti dei mansionari, formazione e mobilità sulle posizioni, anche interaziendale.

Per non parlare della opportunità di prevedere una riforma del welfare indirizzata proprio alla fascia più anziana della popolazione dove prevedere la formazione e il reimpiego di lavoratori nell’ultima fase lavorativa in ambito sociale, comunitario. Approccio che, vedendo sviluppare un sistema sociale ricco di opportunità per gli anziani potrebbe anche favorire lo sviluppo di una economia di settore.

È un lavoro enorme, ma la realtà delle cose impone un cambio di passo, ancor più di mentalità, nessuna riforma pensionistica che risponda a criteri ragionieristici (con tutto il rispetto per la professione) adottati finora sarà in grado di cambiare le carte in tavola”.

Alessio Muccioli

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