Fuga dal pronto soccorso di Rimini: «Turni sfiancanti e insulti. Ecco perché sono andato a lavorare a San Marino»

Fuga dal pronto soccorso di Rimini: «Turni sfiancanti e insulti. Ecco perché sono andato a lavorare a San Marino»

Fuga dal Pronto soccorso: «Turni sfiancanti e insulti Ecco perché sono andato a lavorare a San Marino»
Gian Marco Pedrazzi per tredici anni è stato in prima linea all’Infermi «La situazione era diventata insostenibile, ho scelto la qualità di vita»

«Insulti, stress, salario, poche prospettive, perciò sono andato all’ospedale di San Marino». Parla Gian Marco Pedrazzi, per 13 anni medico in servizio al Pronto Soccorso di Rimini. «Il Pronto Soccorso è la porta d’ingresso della sanità italiana per i cittadini, per percepire una qualità migliore, bisogna investirci di più, partenendo dalle persone».

Pedrazzi, cosa l’ha spinto a lasciare il Pronto Soccorso di Rimini?

«Cercavo una qualità migliore della vita. Il carico di lavoro, dovuto ai tanti accessi in una città come la nostra, era sproporzionato e troppo stressante. All’Infermi c’è bisogno di un potenziamento. Personalmente non intravedevo né un futuro, né un miglioramento delle condizioni lavorative. E le notti, quelle, le passavo sempre in piedi.»

Ha mai subito un’aggressione la notte?

«Ne ho viste. Il personale infermieristico mi raccontava di persone che si rivolgevano loro in modo maleducato e aggressivo. Devono sentire anche gli insulti, soprattutto quando i tempi di attesa aumentano. Non sono tutelati, ma in trincea ci sono loro.»

C’è un presidio dell’autorità giudiziaria all’interno del Pronto Soccorso?

«Un po’ di sorveglianza sì, ai miei tempi c’era solo una guardia giurata che si faceva vedere ogni tanto.»

Ha vissuto circostanze estreme?

«Traumi della strada, violenze, ubriachi, infarti e ictus. In 13 anni ne ho viste davvero di ogni tipo».

Quando la situazione è diventata davvero ingestibile per il suo lavoro?

«Prima degli anni ’10 c’era un altro modo di lavorare e un altro clima fra noi. Poi è subentrato un peggioramento graduale». (…)

Articolo tratto da Resto del Carlino

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