San Marino. Appropriazione indebita da mezzo milione di euro, condannato un ingegnere

San Marino. Appropriazione indebita da mezzo milione di euro, condannato un ingegnere

Appropriazione indebita da mezzo milione di euro, ingegnere condannato

ANTONIO FABBRI – Il caso è complesso e in ballo c’era un miliardo di vecchie lire. Imputato l’ex amministratore, l’ingegner Mario Zampa, della Camif, Società per azioni sammarinese. Questi era accusato di avere effettuato, poco tempo prima della sue dimissioni per pensionamento, nei primi mesi del 2018, una serie di prelievi di denaro in contanti per importi considerevoli. Una parte del denaro trasferito su un conto a lui intestato nella medesima banca, Banca Cis, e in parte investiti in una polizza alla Csa. L’ingegnere aveva prelevato le somme in funzione di un accordo, una scrittura privata datata 1995, secondo la quale l’amministratore delegato titolare dell’epoca della società, Domenico Lodovichi dell’omonimo gruppo, per fidelizzare la professionalità dell’ingegnere poi divenuto egli stesso amministratore, aveva firmato. Ebbene, in tale scrittura emergeva che la società si impegnava a liquidare all’ingegnere somme per oltre un miliardo di vecchie lire. Somme dovute, secondo l’ex amministratore. Non così per il nuovo amministratore e per i soci della Camif, che, per contro, hanno sporto denuncia per appropriazione indebita e truffa mancata. Da tale denuncia si è innescata una indagine e si è arrivati, dunque, al rinvio a giudizio. Ieri le dichiarazioni dell’imputato e, poi, le conclusioni delle parti.

La deposizione dell’imputato Ieri, prima delle conclusioni, l’imputato ha reso delle dichiarazioni spontanee, ripercorrendo la genesi della famigerata scrittura privata. E’ apparso provato dal procedimento e con voce affaticata ha detto: “Mi è stato imputato di avere scritto su fogli firmati in bianco da Lodovichi. Mai visti”. “Mi era parso – ha aggiunto – che ci fosse all’inizio la disponiblità da parte della società; sono rimasto molto sorpreso quando alla fine del 2018 è stata fatta questa querela nei miei confronti. Pensavo si potesse risolvere. In 27 anni ho portato avanti Camif in tutti i suoi aspetti raggiungendo un livello produttività alto”, ha detto in sostanza ribadendo la sua innocenza e buona fede.

La parte civile Non così per la parte civile, rappresentata dagli avvocati Emanuele Nicolini, Gian Nicola Berti e Gian Luca Micheloni. “I fatti sono chiari – ha detto l’avvocato Nicolini – l’imputato si è appropriato di una somma cospicua della società che amministrava. Riteniamo che l’appropriazione indebita si consumi perfettamente. Dal 1995 non ha mai informato nessuno dell’esistenza di questa scrittura. L’assemblea dei soci di Camif non ha mai deliberato dei compensi extra. Sono stati portati via soldi ad una società senza alcun titolo per farlo. Un silenzio di 23 anni è sintomatico dell’elemento psicologico. Lasciamo stare l’ex direttore di BancaCis Guidi, che ha autorizzato le operazioni e non lo abbiamo potuto sentire. I fatti sono molto chiari: manca il titolo e non c’è mai stato il deliberato assembleare”, ha detto l’avvocato Nicolini ritenendo integrato anche il secondo capo di imputazione, la truffa mancata. Ha quindi chiesto la condanna e il risarcimento del danno con la restituzione degli importi sottratti più gli interessi. Sulla stessa linea l’avvocato Berti e si è associato anche l’avvocato Micheloni.

La Procura fiscale Il Procuratore del fisco Roberto Cesarini è partito, anche lui, dalla scrittura del 1995, per poi passare alle modalità delle operazioni di trasferimento del denaro. “In un contesto ove Zampa ha sempre solo emesso, per il pagamento di tutte le attività, degli assegni circolari e mai si è fatto emettere assegni a proprio favore perché il suo rapporto con la società era già regolato, queste operazioni denotano una differenza. E mi chiedo come la banca possa avere autorizzato un prelevamento del genere”. Poi rileva che “l’appropriazione di queste somme è avvenuta prima della conclusione dell’incarico, quindi in un certo senso andando anche contro quanto stabilito dalla scrittura, che prevedeva la liquidazione al termine dell’incarico. Avrebbe dovuto quindi terminare l’incarico e poi rivendicare dalla società quanto dovuto”, ha detto il Pf.

Se da un lato il Pf ha riscontrato la sussistenza del reato di appropriazione indebita, non così per la truffa. “Avevo chiesto una perizia sulla scrittura, non certo per scopo dilatorio come è stato detto da qualcuno, quanto perché la Procura fiscale ha necessità di certezze per sostenere l’accusa”, e sul secondo capo di imputazione sono rimasti molti dubbi. Per la truffa il Pf ha chiesto dunque l’assoluzione e la condanna per l’appropriazione indebita.

La difesa Gli avvocati difensori hanno rigettato tutte le accuse. “L’ingegner Zampa era solo il dirigente o era molto di più? – ha chiesto l’avvocato Massimiliano Rosti – Noi riteniamo fosse molto di più… e per questo ruolo non ha percepito nulla. Lodovichi voleva premiare e fidelizzare i suoi dirigenti migliori”, e da questo, ha sostenuto la difesa, derivava la scrittura del 1995. L’avvocato Rosti ha quindi chiesto l’assoluzione piena “per entrambi i capi di imputazione e in subordine con formula dubitativa, in ulteriore subordine la prescrizione per il secondo capo. In estremo subordine la concessione di tutti i benefici di legge in caso di condanna”.

Ha ribadito la tesi difensiva l’avvocato Lorenzo Tizi del foro di Spoleto, ripercorrendo le deposizioni dei testimoni e sostenendo che dal processo sono emersi soltanto “sospetti, illazioni, congetture” ma nulla che si andato “oltre ogni ragionevole dubbio” “L’ingegner Zampa svolgeva una attività per la quale non percepiva nulla. Questa è la logica di questa scrittura, che nel processo non può che portarci all’assoluzione per la truffa”. Sull’appropriazione indebita “è dato pacifico, anche secondo il vostro codice, che non basta fare propria la cosa mobile altrui, ma è necessario che ciò avvenga indebitamente. Nell’imputazione c’è scritto che l’appropriazione sarebbe avvenuta ‘senza apparente’ giustificazione. Già questo ‘apparente’ mal si concilia con le certezze che devono esserci nel processo penale”. Giustificazione che la difesa indica proprio nella scrittura privata del 1995. Il legale ha a sua volta chiesto l’assoluzione, conclusione cui si è associato anche l’avvocato Filippo Tosti dello stesso collegio difensivo.

La sentenza Dopo la camera di consiglio il commissario della legge Simon Luca Morsiani ha condannato l’imputato a un anno di prigionia, 2.000 euro di multa e a 2 anni di interdizione. La pena è stata sospesa. Assolto dalla contestazione di truffa. Il giudice ha stabilito anche la condanna al risarcimento del danno da liquidare in sede civile, fissando una provvisionale di 10mila euro. Condanna anche al pagamento degli onorari di costituzione di parte civile. Ha inoltre disposto che le somme poste sotto sequestro, circa 456mila euro di cui 400mila in una polizza assicurativa, siano liberata e restituite alla parte lesa.

Possibile l’appello.

Articolo tratto da L’Informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 18

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