San Marino. Carisp, le svalutazioni erano state indicate da anni dal Fondo Monetario

San Marino. Carisp, le svalutazioni erano state indicate da anni dal Fondo Monetario

Carisp, le svalutazioni erano state indicate da anni dal Fondo Monetario

Come anticipato nell’articolo pubblicato lo scorso lunedì, ci occupiamo di Cassa di Risparmio ed in particolare degli effetti negativi che il suo dissesto ha prodotto e produrrà sul quadro generale della finanza pubblica.

Non è un mistero, infatti, che la quota più consistente di debito pubblico (numeri alla mano circa il 50%) derivi proprio dallo sforzo che lo Stato sammarinese ha sostenuto nel recente passato (oltre 200 mln € di intervento pubblico per rafforzamento patrimoniale) e dovrà sostenere nel prossimo futuro (quasi ulteriori 500 mln € di intervento pubblico con l’emissione dei c.d. titoli irredimibili) per ripianare le perdite riportate dalla banca, di cui nel corso degli ultimi anni è diventato azionista unico.

Vista la straordinaria dimensione dei problemi emersi in Cassa di Risparmio di cui si dovrà inevitabilmente fare carico l’intera comunità sammarinese, è doveroso fornire una risposta chiara ed inequivocabile alla domanda più ricorrente tra tantissimi cittadini dell’antica terra della libertà che guardano con forte preoccupazione al futuro loro, dei loro figli e dei loro nipoti: è stato veramente il CdA “montepaschiano” presieduto da Nicolino Romito e nominato dalla coalizione di governo Adesso.sm, ad aver generato il buco di oltre 500 mln di euro, certificato con l’approvazione del bilancio 2016 avvenuta nell’ottobre 2017 da parte dell’assemblea dei soci?

La risposta è no, ed emerge dai documenti. “Nonostante quattro ricapitalizzazioni in gran parte ad opera dello Stato, Cassa di Risparmio si trova ancora in gravi difficoltà e non ha la capacità di tornare ad una condizione di sicurezza e solidità e di raggiungere una redditività sostenibile senza ulteriore assistenza. La qualità delle attività è estremamente scarsa, essendo il 79% dei crediti della banca dubbi. Inoltre solo il 23% dei crediti dubbi è coperto da riserve. Per via della natura, dell’età e dell’insolvenza dei crediti dubbi, non è per nulla certo che la perdita sia stata adeguatamente riconosciu- ta e che la banca sia solvibile. Una rigorosa revisione della qualità degli attivi è necessaria per trarre conclusioni sull’adeguatezza delle riserve e dei capitali”. Con queste parole l’esperto del Fondo monetario internazionale, John Quill, nell’aprile del 2016 – perciò diversi mesi prima dell’avvento in Carisp dei “montepaschiani”- “confuortiani” – descrisse nel dettaglio la situazione di Cassa di Risparmio dopo aver svolto una missione tecnica (dal 4 al 15 aprile 2016) su incarico del governo in carica in quel frangente (Segretario di Stato alle Finanze era Giancarlo Capicchioni).

Nell’ambito di questa relazione a più riprese viene evidenziato che il declino di Carisp ha inizio con la deliberazione di Banca d’Italia di commissariare e successivamente mettere in liquidazione il Gruppo Delta, che per Carisp rappresentava una significativa esposizione. E’ inquietante la fotografia scattata dai tecnici del FMI nell’aprile del 2016, in particolare per quanto riguarda la qualità delle attività della banca che viene definita senza giri di parola “pessima” e i relativi accantonamenti vengono giudicati “significativamente bassi”.

Ancor più drammatiche sono le valutazioni compiute da John Quill inerenti il portafoglio dei crediti al consumo ristrutturato di Delta – pari ad € 643 mln – per il quale, si riporta testualmente, “non vi è praticamente alcuna garanzia sfruttabile, e contiene crediti al consumo per cui le ultime istruzioni di pratiche di finanziamento risalgono ai primi mesi del 2010, e pertanto molti dei crediti hanno presumibilmente avuto origine prima del 2009. Tale portafoglio prevede accantonamenti per la copertura dei crediti pari al 5% che sembrerebbe essere estremamente bassa considerata l’età, la natura e il livello di insolvenza del portafoglio, nonché la mancanza di garanzie”.

Devastante poi è l’assunto con cui il tecnico di Washington, nel sottolineare la necessità di un particolare controllo sul portafoglio Delta, dipinge l’operato della Banca centrale in quel contesto: “l’autorità di vigilanza non ha svolto attività in loco per verificare l’adeguatezza dei crediti Delta a sostegno del valore contabile nel bilancio di Carisp”.

Questa relazione rimase chiusa nel cassetto fino alla fine del 2016, cioè fino a quando si insediò il governo espressione della coalizione Adesso.sm, divenuta maggioranza con le elezioni del 4 dicembre 2016. Quindi, il bilancio di Carisp redatto dal CdA sotto la presidenza di Nicolino Romito e approvato dal governo nell’ottobre del 2017 in assemblea dei Soci era, purtroppo, la rappresentazione veritiera della situazione economica e patrimoniale dell’istituto di credito e le svalutazioni non dipesero dall’adozione di standard contabili differenti ma da una politica di bilancio improntata a doverosa pruden- za, mantenendo comunque la coerenza con i principi contabili sammarinesi che stabiliscono che la valutazione deve essere eseguita secondo il presumibile valore di realizzo.

La principale svalutazione, pari al 91,8% di tutte le svalutazioni, ha riguardato l’esposizione nei confronti del gruppo Delta. Il principio adottato fu sempre il valore presumibile di realizzo che è stato determinato analizzando le attività sottostanti recuperabili desunte dagli attivi delle società ex Delta in liquidazione e che oggi porta a dover riconoscere la congruità della svalutazione eseguita, alla luce del prezzo con cui questi crediti successivamente sono stati ceduti.

Appare ormai evidente e difficilmente confutabile, quindi, che se di “svendita” di Cassa di Risparmio e del Paese si deve parlare, i responsabili vanno ricercati in epoche antecedenti alla scorsa legislatura.

Redazione Economica

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