San Marino. Don Mangiarotti, la riflessione: “Alla ricerca di ciò che è vivo dentro di noi”

San Marino. Don Mangiarotti, la riflessione: “Alla ricerca di ciò che è vivo dentro di noi”

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione a cura di Don Gabriele Mangiarotti.

Riflettere su quanto accade è sempre una risorsa interessante. E incontrare giudizi che tentano di comprendere le ragioni profonde di quanto si sperimenta apre sempre una strada di confronto e di compimento.
Così mi è capitato di leggere questo insegnamento: «Tutti sanno che la presentazione di un comportamento è essa stessa fattore del comportamento. Se si pubblicano i Rapporti Kinsey circa le perversioni sessuali, così facendo le si diffondono e le si autorizzano a essere. Le indagini sociologiche attivano quei comportamenti che affermano di volere solo descrivere. Questo è il tipico gioco delle descrizioni.
Lo stesso femminismo è stato creato descrivendolo, non perché ci fosse già. Pensate alla data. La data è all’incirca il 1972-1973. Il divorzio era passato [in Italia] nel 1970 e allora i mass media ci dicono che ci vogliono le femministe, che ci vuole l’aborto, che la donna deve essere libera dal maschio sultano. E allora si descrivevano le femministe, che in realtà non c’erano, se non in gruppi intellettuali elitari, per farle diventare un fenomeno di massa. Perché noi purtroppo viviamo in una società elettronica, in un villaggio tribalizzato. Siamo un pianeta, ma in realtà le nostre dimensioni sono quelle del villaggio, grazie ai mezzi elettronici. E purtroppo, chi non ha più dietro di sé la tradizione, che gli permette di capire le cose, è un tipico eterodiretto. Dice ciò che è scritto sulla stampa.» (E. Samek Lodovici, Una vita felice, p. 155)

Il punto capitale è che dobbiamo dare voce a una storia e ad esperienze che mostrano il volto vero dell’umano, della vita, della famiglia, della educazione, e che non ripetano slogans poi contraddetti dalla pratica e dalle proposte politiche e culturali, come mi è capitato di sentire recentemente. Non si può essere per «il diritto alla vita e alla libertà» e poi approvare leggi che tali diritti cancellano, come l’aborto e l’educazione sessuale di stato.

In questi giorni abbiamo letto di episodi contrastanti, segno di un certo degrado umano e educativo, ma che non sono il volto della nostra realtà. Sono campanelli d’allarme (sappiamo che fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce) che rendono però evidente che bisogna dare voce, e soprattutto sostegno, a tutto ciò che promuove il bene e la possibilità di costruire spazi di umanità libera e creativa.
Certo, per fare questo bisogna sconfiggere quella radicata mentalità statalista che non sa dare voce alle libere esperienze. Penso al mondo della comunicazione, così spesso ingessato, nel suo risvolto pubblico, rispetto a ciò che ha spessore istituzionale, piuttosto che comunicare ciò che nasce dalla società civile (e penso all’opera di un famoso pensatore e dissidente, Václav Bělohradský, nell’opera «Il mondo della vita: un problema politico», che così si esprimeva: «L’irriducibilità della coscienza alle istituzioni è minacciata nell’epoca dei mezzi di comunicazione di massa, degli Stati totalitari e della generale computerizzazione della società. Infatti, è molto facile per noi riuscire a immaginare istituzioni organizzate così perfettamente da imporre come legittima ogni loro azione. Basta disporre di una efficiente organizzazione per legittimare qualunque cosa.
Così potremmo sintetizzare l’essenza di ciò che ci minaccia: gli Stati si programmano i cittadini, le industrie i consumatori, le case editrici i lettori.
Tutta la società un po’ alla volta diviene qualcosa che lo Stato si produce.»).

È il tempo di creare spazi di libera iniziativa nel campo della educazione, di riconoscere l’impegno nella difesa della vita di associazioni come «Accoglienza della vita» o di informazione libera come «Uno di noi», di fare sì che le famiglie, riorganizzandosi, riprendano la responsabilità della educazione, anche nei confronti della scuola (e siamo in attesa che la promessa di una risposta sul «consenso informato» preventivo per quanto riguarda le iniziative scolastiche su temi “eticamente sensibili” diventi concreta possibilità educativa…).

Ci aspetta un’epoca in cui solo un rinnovato protagonismo sociale, culturale, politico potrà riaccendere la speranza di un bene comune condiviso, e in cui la libertà e il diritto alla vita e alla educazione ridiano voce e sostanza alla nostra cara «Antica terra della libertà», nella consapevole certezza che i semi di questa vita sono già presenti e diffusi, come la storia di accoglienza e di solidarietà sammarinese ci ricordano continuamente.

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