San Marino. In 5 a processo per usurpazione del marchio Marlù e vendita dei monili taroccati

San Marino. In 5 a processo per usurpazione del marchio Marlù e vendita dei monili taroccati

Usurpazione del marchio Marlù e vendita dei monili “taroccati”, in 5 a giudizio

ANTONIO FABBRI – Cinque persone e una società, la Jewit srl, a giudizio con le accuse, a vario titolo, di usurpazione di beni immateriali e di messa in circolazione di prodotti e opere d’ingegno con segni atti a ingannare. Il processo aveva visto una udienza oltre un anno fa, ma era stato poi rimesso in istruttoria affinché l’inquirente specificasse meglio le accuse e, soprattutto, quali fossero gli oggetti contraffatti e messi in vendita.

I fatti e le imputazioni Secondo l’accusa tre dei cinque imputati che erano in passato collaboratori di Marlù spa, avevano costituito un’altra società, la Jewit srl. Attraverso questa società, commissionavano, distribuivano e commercializzavano, dei monili ai quali avevano dato il marchio Brand. Monili che però venivano realizzati riproducendo i gioielli che erano a catalogo di Marlù e “commissionandoli ai cinesi”, ha riferito in aula l’avvocato Stefano Pagliai legale di parte civile, assieme all’avvocato Monica Bernardi, della stessa Marlù Spa e delle tre socie della stessa. I monili riprodotti sono coperti da brevetto depositato in Italia e sono commercializzati sia a San Marino che all’estero.

Gli ex collaboratori della Marlù, costituendo la nuova società, secondo l’accusa avevano anche sfruttato le conoscenze in proprio possesso avvalendosi per le commissioni del marchio Brand dei medesimi fornitori cinesi di Marlù, in sostanza commissionando a tali fornitori la creazione di monili che riproducevano sostanzialmente le linee dei prodotti commercializzati, appunto, da Marlù. Di qui l’accusa di usurpazione di beni immateriali.

L’accusa di messa in circolazione e vendita dei monili così riprodotti, pende invece in capo a due commercianti del centro che avevano messo in vendita i monili con marchio Brand realizzati dalla Jewit, collocandoli però su espositori contrassegnati dal marchio Marlù. Di qui l’accusa ai due commercianti ai sensi dell’articolo 309 del codice penale.

L’udienza di ieri Nell’udienza di ieri il processo, dopo la prima udienza di remissione degli atti in istruttoria e il ritorno degli atti al giudice del dibattimento, ha visto dunque l’apertura del procedimento davanti al giudice Vico Valentini, che ha dapprima dato spazio al contraddittorio sulla richiesta di costituzione di parte civile richiesta da Marlù spa e dalle tre socie. Costituzione contestata, nei confronti dei propri assistiti, dai difensori dei commercianti, gli avvocati Gian Luigi Zanotti ed Elia Fabbri. I legali hanno sostenuto da un lato che il reato contestato ai propri assistiti vede l’offensività semmai verso i consumatori e non verso la Spa, e, inoltre, hanno sostenuto che la costituzione sia della società sia delle socie, causerebbe una duplicazione della richiesta di danno.  Il giudice Valentini, ammettendo la costituzione di parte civile verso tutti gli imputati, ha tuttavia specificato che la pretesa risarcitoria della società e delle socie dovrà effettivamente essere valutata e non potrà essere tale da creare una sovrapposizione o duplicazione della richiesta di danno.

Dopo la costituzione delle parti si è passati alle eccezioni preliminari. Le difese degli imputati hanno lamentato l’indeterminatezza del capo di imputazione, chiedendone di nuovo la remissione in istruttoria. Questa, tra le altre, la questione preliminare sollevata, oltre che dai difensori dei commercianti, anche dalle difese dei titolari della società e della Jewit stessa, rappresentati dagli avvocati Rossano Fabbri e Marino Federico Fattori, di San Marino, assieme agli avvocati Massimo Cerbari e Gabriele Bordoni.

Il giudice, però, ha rigettato le eccezioni preliminari ed ha dichiarato aperto il dibattimento con le richieste testimoniali. Numerosi i testi richiesti, alcuni non ammessi e altri sì. Tra le richieste ammesse, anche quella, formulata sia dal procuratore del fisco Roberto Cesarini, ma anche dai difensori, di incaricare ed ascoltare un perito relativamente all’usurpazione del bene immateriale. “Appare essenziale – ha scritto infatti il giudice Valentini nell’ordinanza letta in aula – scrutinare la validità, con l’ausilio di un tecnico esperto, dei diritti di privativa di cui si lamenta l’usurpazione”.

In sostanza, poiché il brevetto di Marlù è registrato in Italia, nel processo ne dovrà essere approfondita la validità anche a San Marino visto che qui venivano commissionati e commercializzati i monili “clonati”.

Il processo è stato aggiornato ad altra data per ascoltare i primi testimoni.

Articolo tratto da L’Informazione di San Marino pubblicato integralmente il giorno dopo

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