Siamo di fronte a una “desertificazione di politici e di idee”.
Con meraviglia di chi ci guarda da oltre Dogana, qui comanda ancora la Democrazia Cristiana (Dc). La quale, addirittura, non ha altro partito – un vero partito – che le faccia concorrenza. Governa assieme a comitati elettorali composti assemblando in tutta fretta una pluralità di sigle alla vigilia delle ultime elezioni (per il noto ‘progetto giustizia’ con la ‘g’ molto minuscola, processo Conto Mazzini) e con movimenti di duri e puri rivelatisi, alla prova dei fatti, tutt’altro che risoluti nei loro propositi.
Comitati elettorali e movimenti che, trovatisi al governo, si sono buttati ben presto nella ricerca di consensi anche spiccioli.
Non avendo concorrenti sul terreno della politica con la P maiuscola, anche la Dc pare che si sia messa a inseguire facili consensi attraverso la gestione ordinaria del potere. Quasi, anch’essa, un comitato elettorale tout court? Di certo i suoi risultati, anche in proselitismo, potrebbero essere di gran lunga più consistenti di quelli dei comitati elettorali che non hanno dietro un partito vero e proprio, e anche di quelli dei movimenti che, al lato pratico, stanno mostrando – poteva essere diversamente? – una comprensibile inesperienza.
Il tutto in uno Stato sull’orlo del fallimento: debito pubblico, 1,5 mld di euro; deficit strutturale, 70 mln.
Dc, comitati elettorali e movimenti, tutti a mungere lo Stato.
Anche se la Dc ‘facesse 31’ – sarebbe la prima volta! – il Paese, purtroppo, continuerebbe a rimanere a rischio default. Mai, a Palazzo pubblico e nel Paese, si era vista una cotale desertificazione di politici e di idee. Abbondiamo di maneggioni che al più potrebbero concorrere a Scasazza (Frassica, Cacao meravigliao) e, invece, si autocelebrano come Premi Nobel.
Marino Cecchetti