San Marino. Luca Lazzari (Su) sulle discriminazioni in politica

San Marino. Luca Lazzari (Su) sulle discriminazioni in politica

Le recenti dimissioni di una Consigliera hanno riportato l’attenzione sulle discriminazioni in politica. Così ho pensato di raccogliere alcuni dati sulla composizione sociale del Consiglio. Lascio ai lettori ogni considerazione.

Dei 60 consiglieri un terzo pari a 19 sono dipendenti pubblici. Se poi a questi si aggiungono i dipendenti degli enti partecipati dallo Stato – 3 di banca centrale e 1 di San Marino RTV – diventano 23. A giugno 2012 il segretario Mussoni ha rilasciato un dato secondo il quale i dipendenti pubblici, compreso il pubblico allargato e gli enti partecipati, risultavano 4mila e 734. Proviamo a fare qualche percentuale: 4mila e 734 su 33mila e 106 – il numero degli iscritti al voto alle ultime elezioni –  è circa un 14%. Abbiamo detto che in Consiglio ne siedono 23 su 60, il 38%. Più del doppio. La seconda categoria più rappresentata è quella dei liberi professionisti. In particolar modo degli avvocati. Sono 8, ovvero il 13% del Consiglio (va specificato che 2 di loro in questo momento non esercitano la professione). Gli avvocati iscritti all’albo sono 117, ovvero appena lo 0,35% del corpo elettorale. A questi bisogna poi aggiungere 3 commercialisti, 1 ingegnere e 1 assicuratore. Per un totale di 13 liberi professionisti. In terza posizione ci sono i dipendenti privati. In consiglio ne siedono 12. Però bisogna specificare 5 di questi (fra i quali anche io) sono assunti da partiti o movimenti. Quindi di dipendenti privati in senso stretto ne rimangono 7, di cui un direttore di centro commerciale, 2 bancari, e i restanti 4 occupati in cooperative e aziende. A seguire c’è la categoria degli imprenditori, con 5 membri. Poi i lavoratori autonomi: sono 3. Infine si contano 3 pensionati e 1 studente. Un altro dato da marcare è la rappresentanza femminile che, nonostante le quote rosa, continua a rimanere fortemente negativa. In Consiglio le donne sono solo 11. Appena un 18%. Va sottolineato che il corpo elettorale non è diviso a metà tra maschi e femmine. Le femmine sono 4mila in più.

Sconfortante il paradosso tra la rappresentanza degli avvocati, 8 su 117, e quella delle donne, 11 su 18mila e 550.

I numeri quindi ci dicono che in Consiglio ci sono categorie sotto-rappresentate. Ci sono poi categorie che non sono rappresentate affatto. Pensiamo, per esempio, ai laureati che proseguono negli studi in attesa di un lavoro che probabilmente non arriverà mai, ai giovani in eterna formazione, agli operai, ai disoccupati.

Ci sarebbe poi da fare un discorso su alcuni sistemi di elezione, che pesano, e molto. Ci sono famiglie che hanno da sempre diritto di tribuna in Consiglio, padri che lasciano lo scranno ai figli, cooptazioni, cordate, catene di sant’Antonio, clientelismi, promesse elettorali, viaggi elettorali, ecc.

L’equità e la giustizia delle leggi che il consiglio approva, dipendono anche dalla diversità, dal pluralismo delle voci che lo compongo. La riforma fiscale ne è un esempio al negativo.

La democrazia rappresentativa, perché non sia solo rappresentazione ma reale rappresentanza, deve garantire a tutti i cittadini il diritto effettivo alla eleggibilità e all’esercizio dell’incarico istituzionale. La questione merita un serio approfondimento. La soluzione non è né facile né immediata. Ma va trovata. 

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