San Marino marcia a fianco delle donne dell’Iran

San Marino marcia a fianco delle donne dell’Iran

Donna, Vita, Libertà. Il Titano marcia a fianco delle donne dell’Iran: “Le vogliamo sostenere qui, ora, anche noi. Vigileremo affinché il nostro Stato agisca adottando ogni azione contro ogni violazione della libertà delle iraniane”

È stata una marcia molto partecipata e, soprattutto, trasversalmente condivisa quella organizzata dall’Unione donne sammarinesi a sostegno delle donne iraniane nella protesta scoppiata dopo la morte di Mhasa Amini, la 22enne che era stata arrestata dalla polizia morale iraniana con l’accusa di indossare in maniera non corretta il velo. Da questa vicenda è partita la protesta che sta infiammano l’Iran e che è stata riassunta in tre parole anche nel corteo di ieri: Donna, Vita, Libertà.

Una marcia, dunque, sostenuta da enti statali e non, partiti e sindacati: l’ Università degli Studi della Repubblica di San Marino, l’ Authority per le Pari Opportunità, la Commissione per le Pari Opportunità, la Commissione per le Politiche Giovanili, La Società Femminile di Mutuo Soccorso, La Soroptimist, l’ Associazione Emma Rossi, L’Associazione Noi Ci Siamo, L’Associazione Rinascita Culturale, La Fondazione Oltre, I partiti e movimenti: Area Democratica, Domani Motus Liberi, Libera, Movimento Civico RETE, Partito Democratico Cristiano Sammarinese, Partito dei Socialisti e dei Democratici, Repubblica Futura, tutti i sindacati, la Confederazione Democratica dei Lavoratori Sammarinesi, la Confederazione Sammarinese del Lavoro, l’ Unione Sammarinese Lavoratori.

Il compito di accompagnare con le parole la manifestazione è stato affidato a Vanessa Muratori:

“Siamo qui, ad occupare lo spazio pubblico, per vicinanza e solidarietà alla popolazione iraniana vittima di una dura repressione e in particolare alle donne iraniane che nello spazio pubblico vogliono stare a capo scoperto, con pari dignità e diritti – ha detto – La loro rivolta è iniziata il 16 settembre, con le prime proteste nel curdistan iraniano per la morte della ventiduenne Masha Amini, una giovane donna appartenente alla minoranza curda che era agli arresti per aver indossato il velo in modo non conforme alla legge. Una giovane donna che in prigione è stata uccisa per qualche ciocca di capelli sottratta all’imposizione del velo”.

Quindi ha aggiunto il profondo significato della manifestazione e di una rivoluzione, perché di questo si tratta, apparentemente lontana, ma in realtà vicina: “Le iraniane ci ricordano come nessuna conquista sia purtroppo acquisita. Negli anni 70, durante gli anni della monarchia le avremmo potute tranquillamente vedere in minigonna nelle vie di Teheran. Con la Repubblica Islamica venne limitato lo sport femminile, abrogate le riforme paritarie del codice di famiglia, s’impedì l’accesso alle donne alla facoltà di giurisprudenza e tutte le giudici furono private del loro incarico. Tutte le donne avrebbero dovuto indossare il velo se avessero voluto lavorare o uscire di casa.

Il fondamentalismo religioso a qualunque latitudine marginalizza le donne, le riduce al ruolo riproduttivo, togliendo loro possibilità di scelta sulle loro vite e sottraendo spazi e opportunità e visibilità pubblica. Le donne iraniane non hanno mai accettato un ruolo subalterno anche per via della loro istruzione che, sebbene in un contesto di separazione tra i sessi, non ha cessato di crescere anche con gli islamisti al potere. Sappiamo che peggiore è la situazione in Afghanistan, dove gli integralisti religiosi impediscono alle donne l’istruzione superiore.

In Iran le studentesse organizzano la piazza, vanno contro la polizia, bruciano il velo. E sono sostenute dagli uomini, è questa la novità. In una società composta al 60% di persone con meno di 30 anni, abbiamo ora tantissimi ragazzi che guardano con ammirazione le ragazze che si tolgono il velo pubblicamente, le sostengono, fanno loro scudo con i propri corpi. (…) Nata per reazione all’odiosa polizia morale ora la protesta in corso ha per slogan “Donna, vita, libertà”. In curdo, Jin Jiyaz Azadi. A chiarire che le donne le vogliono vive, che la libertà deve essere libertà delle donne. Libertà di scelta sul proprio destino, sul proprio corpo, sul proprio abbigliamento.(…)

Alle grandi marce delle prime settimane – quando era la forza dei numeri a respingere camionette della polizia e agenti antisommossa – la mobilitazione ha ora sostituito azioni brevi, rapide, di piccoli gruppi che cercano così di evitare gli arresti di massa. Abbiamo visto i video delle studentesse senza velo che fanno il dito medio all’immagine di Kamenei. Una resistenza civile, fatta anche di gesti eclatanti come quello della scalatrice Elnaz Rekabi che durante i campionati asiatici di arrampicata in corso a Seul, ha infranto apertamente la legge islamica iraniana gareggiando senza indossare l’hijab, con i capelli raccolti in una lunga coda.

La rivolta iraniana ha assunto i chiari tratti di una mobilitazione femminista, intesa non solo come rivendicazione di giustizia di genere ma come spinta verso una cambiamento radicale dell’intero Paese tale da sovvertirne il sistema patriarcale di dominio. Nelle piazze ci sono uomini che affiancano e sostengono le donne in una comune richiesta libertaria.

E le vogliamo sostenere qui, ora, anche noi. Ammiriamo il loro coraggio e diciamo loro che non sono sole. Vigileremo affinché il nostro Stato, così come deliberato in Consiglio Grande e Generale, “agisca adottando ogni sforzo e ogni azione possibile in tutte le sedi internazionali per esprimere una posizione di ferma condanna per il mancato rispetto dei diritti umani e di ogni violazione della libertà individuale e per proteggere le donne iraniane” . E ci vogliamo ricordare, sempre, anche delle afghane tornate invisibili sotto i talebani, delle curde del Rojava che subiscono l’aggressione turca e siamo a fianco delle saudite, delle yemenite, delle ucraine, delle texane, delle polacche, delle maltesi, di tutte le donne che cercano di sottrarsi all’oppressione integralista, siamo ora – ed è bellissimo essere così in tanti e in tante- simbolicamente al fianco delle iraniane.

Sappiamo molto bene che le democrazie possono dirsi tali, a ogni latitudine, solo se hanno ben saldi i diritti delle donne intesi come diritti umani universali, sappiamo che tali diritti possono prosperare solo in presenza della laicità delle istituzioni.

Auguriamo a queste donne e a questi uomini dell’Iran di riuscire a cambiare il loro Paese, di liberarlo dall’oppressione teocratica e di costruirvi una società che metta al centro i diritti, la dignità e la libertà di ciascuna persona”, ha concluso Vanessa Muratori ringraziando tutti i partecipanti

 

Articolo tratto da L’Informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23

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