San Marino. “Politici più inclini a gestire il consenso momentaneo che a fare scelte per il futuro”

San Marino. “Politici più inclini a gestire il consenso momentaneo che a fare scelte per il futuro”

Rassegna Stampa – Intervista a Andrea Zafferani che pone come imprescindibili tre priorità da affrontare da subito e nella prossima legislatura

ANTONIO FABBRI. Anche nell’ultimo Consiglio grande e generale si è posto l’accento su problemi non più rimandabili, dal debito all’inverno demografico. A porre l’accento su questi argomenti da diverse sedute ormai, è tra gli altri Andrea Zafferani, consigliere di Repubblica futura. In una intervista propone priorità su cui sarà imprescindibile lavorare nei prossimi mesi e nella prossima legislatura.

“La Repubblica di San Marino – afferma Zafferani – è da almeno 15 anni alle prese con un problema di ‘auto negazione’: sa che il mondo attorno a lei è cambiato, sa che non ci sono più le entrate di un tempo, sa che servono scelte strategiche e difficili per affrontare il futuro con solidità, ma fa finta che questi problemi non ci siano, li rinvia, li mette in un cassetto e pensa di poter andare avanti come prima, con le stesse logiche, semplicemente facendo debiti”.

I rappresentanti politici sembrano più inclini a gestire il consenso momentaneo o a mantenere buoni rapporti e un buon clima sociale piuttosto che a fare scelte che guardino al futuro, ma questo deriva dalle “richieste” e dalla mentalità diffusa nella cittadinanza, abituata da 30 anni ad andare solo in meglio e a non porsi problemi sulla sostenibilità della nostra situazione. È evidente che con questo approccio il nostro Paese non può andare lontano, semplicemente perché non può reggersi permanentemente sui debiti e senza fare alcune scelte radicali per poter sopravvivere.

Mi auguro davvero che la prossima legislatura sia quella che potrà permettere a San Marino di incamminarsi verso la soluzione di queste problematiche. Ci sono 3 priorità, a mio parere”.

Quali sarebbero? “La prima: ridurre il debito al più presto.

Non possiamo continuare a vivere con un debito da rinnovare ogni 3 anni (o, peggio, con la necessità di aumentarlo perché continuiamo a produrre disavanzi): arriverà un momento in cui non riusciremo a rinnovarlo ed a quel punto finiremo in default, con quel che ne consegue. Il bilancio dello Stato va quindi portato in pareggio (o meglio, in leggero avanzo) in termini strutturali: non come è avvenuto in questi anni, dove le entrate sono aumentate principalmente grazie all’inflazione (che penalizza le famiglie ma aiuta molto i governi che devono fare quadrare i conti) o a situazioni straordinarie come le confische. In questa opera, sarebbe bello credere che basti “lo sviluppo”, come dice qualcuno, per sistemare i conti: non è così purtroppo, le grandezze in ballo e le cifre (decine di milioni di euro da recuperare) sono tali da rendere impensabile che “lo sviluppo” possa essere sufficiente (ammesso che si abbia idea di cosa sia lo “sviluppo’)”.

Quindi secondo lei parlare di sviluppo non basta? E perché? “Chi dice ‘sistemiamo i conti con lo sviluppo’, facendo intendere che sia sufficiente, sta solo vendendo fumo.

Lavorare sullo sviluppo è essenziale, ma purtroppo servono anche riforme, servono tagli alle spese e, se non bastano, nuove entrate, come avverrebbe in ogni famiglia alle prese con un calo delle entrate. Ma questi interventi sono molto impopolari, i governi preferiscono evitarli per ovvi motivi e quindi bisogna creare un quadro politico per tempi straordinari, che sia capace di reggerne la “botta” in termini di perdita di voti”.

Lei ogni volta che interviene in Consiglio e non solo tira fuori anche la questione demografica… “Infatti è proprio questa la seconda priorità: affrontare la questione demografica e riformare il welfare La creazione di un tavolo operativo tecnico- politico, che veda la presenza di tutte le forze politiche e di tecnici esperti della materia, dovrà essere uno dei primi atti della nuova legislatura”.

Sì, ma come? Non è che si possono costringere le coppie a fare figli. “Guardi, l’obiettivo è quello di arrivare a normative condivise da tutti in almeno 3 ambiti:

1) politiche per incentivare la natalità. Serve mettere in soffitta il modello attuale di sostegno alla genitorialità, che si basa solo su meri contributi economici e mette davanti ai genitori (più spesso, alle donne) l’unica alternativa di stare a casa (e perdere possibilità di carriera e crescita professionale) per accudire i propri figli o di basarsi sui nonni (se ci sono). Non serve rafforzare questo modello, serve invece prevedere una radicale ristrutturazione dei servizi pubblici, dei tempi della loro apertura, dei loro costi, della loro estensione, per consentire ai genitori di poter mettere al mondo dei figli senza dover rinunciare a lavorare;

2) una riforma del modello del welfare per la terza età. Con una popolazione anziana sempre più numerosa, ma sempre più povera, sia per la riduzione progressiva dei risparmi sia per il calo previsto degli assegni pensionistici, e con una sempre minore presenza dei figli ad aiutare gli anziani per la riduzione della natalità, in tempi brevi il sistema di ‘welfare familiare’ su cui oggi ci si basa può andare in crisi, e di certo potersi permettere badanti full time sarà sempre più complicato. Occorre investire su un maggiore numero di strutture residenziali per anziani, anche e soprattutto per quelli ancora autosufficienti, che consentano agli anziani di vivere in comunità, evitare la solitudine, mantenersi attivi e poter godere della presenza di medici e sanitari per fare fronte alle loro esigenze; il modello può essere quello degli asili nido, con investimenti sia pubblici che privati in convenzione con lo Stato.

3) riformare radicalmente il sistema previdenziale. La piramide demografica si sta completamente rovesciando, la maggior parte della popolazione oggi si trova tra i 45 e i 55 anni, fra 10 anni si troverà fra i 55 e i 65 anni, con una elevatissima presenza di persone oltre i 65 anni e sempre meno persone in età da lavoro: in questo quadro, un sistema a ripartizione come il nostro semplicemente non può reggere, perché non ci sono abbastanza lavoratori per pagare la pensione ai tantissimi pensionati. Quindi, a meno di risolvere il problema con massicci, ma totalmente irrealistici, aumenti di forza lavoro straniera a colpi di almeno 1.500 lavoratori in più all’anno (cosa sostanzialmente impensabile), se non si cambia il modello previdenziale si creerà in breve tempo un buco enorme fra entrate e uscite, che nessuno sarà in grado di coprire, tantomeno il bilancio dello Stato, sempre più indebitato. Serve prendere il coraggio a due mani, affrontare l’impopolarità e iniziare a immaginare la pensione pubblica come uno strumento di welfare di base, uguale per tutti (o con poche differenze) e che garantisca a tutti gli anziani una cifra sufficiente per vivere dignitosamente, senza le differenze di oggi; il resto, deve venire dal risparmio privato (sistema a capitalizzazione o fondi privati) nei quali è necessario che lo Stato spinga fortemente i cittadini a investire da subito, con varie forme di incentivo”.

E la terza priorità? Tendere all’autonomia energetica e idrica.

La crisi energetica del 2022 ci ha insegnato quanto sia importante essere autonomi energeticamente, non dipendere dall’esterno: si tratta di un elemento di sovranità assolutamente strategico. La stessa cosa, ovviamente, vale per l’acqua, che negli anni diventerà un bene sempre più essenziale ma sempre più scarso”.

Certo, è un tema che di quando in quando viene tirato fuori, ma finora si sono viste tante parole ma poca concretezza, non crede? “E’ per questo che la prossima legislatura dovrà essere quella in cui, su questi ambiti, bisognerà smettere di parlare ed iniziare a fare: gli investimenti, infatti, richiedono diversi anni prima di avere una efficacia concreta, e più tempo si perde e peggio è.

Occorre realizzare un tavolo di confronto tecnico-politico, con la presenza delle migliori professionalità sammarinesi e di qualche professionista straniero, per valutare la strada migliore per ottenere un maggiore approvigionamento idrico da fonti interne: un invaso, più invasi, verifica di cosa abbiamo nel sottosuolo, sistemi di recupero e depurazione delle acque di scarico, sono ipotesi da valutare assieme a sistemi di incentivazione del risparmio idrico e del recupero delle acque piovane a livello di singole abitazioni.

Sul fronte energetico, analogo tavolo tecnico-politico dovrebbe analizzare quali sono le tecnologie possibili, e applicabili ad un piccolo Stato come il nostro, per ottenere sufficiente energia per le nostre necessità, senza escludere termovalorizzatori di ultima generazione o gli SMR (Small Modular Reactors) una volta che entreranno in commercio; ciò, ovviamente, accanto all’incentivazione di altre forme di produzione di energia da fonti rinnovabili, a livello familiare e statale, consci che però queste ultime da sole non basteranno a rendere autonoma la Repubblica.

Si potrebbe anche pensare ad ottenere un surplus energetico, da rivendere all’estero ottenendo entrate”.

Certo l’elenco delle priorità è interessante, ma San Marino sarà in grado di affrontarle? “Non so se saremo in grado di fare questo salto di qualità culturale e di approccio, o se la politica continuerà a ragionare sempre nello stesso modo e con gli stessi approcci. So che senza affrontare questi 3 temi, non potremo avere alcun futuro e continueremo a dipendere da altri, che dovranno prestarci soldi, finché dura, e da cui dovremo comprare beni sempre più essenziali, ma potenzialmente sempre più scarsi. E non credo sia un approccio degno di un paese sovrano. Come partito proveremo a fare proposte su questi e altri temi, nelle prossime settimane, dando il nostro contributo per rimettere in carreggiata il Paese

Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente il giorno dopo

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