Upr: risposta Interpellanza del Governo su Rothschild

Upr: risposta Interpellanza del Governo su Rothschild

In data 28 novembre u.s. il Congresso di Stato ha risposto all’interpellanza presentata dal nostro Gruppo per approfondire i dettagli connessi al contratto di consulenza per la società Rothschild e al lavoro da essa svolto. In merito alle domande sollevate dalla nostra interpellanza emergono dalle risposte “singolari” che meriteranno ulteriori approfondimenti.

In particolar modo:

1)    E’ curioso che il contratto non sia un atto pubblico e che, per la sua presa visione, occorrerà recarsi presso la Segreteria di Stato alle Finanze. Strano, si tratta di una consulenza pubblica;

2)    Altro fatto curioso è che, anche per visionare il documento delle cariche sociali di Rothschild, occorrerà recarsi alla segreteria alle Finanze;

3)    Le attività richieste vertevano su tre ambiti: opportunità strategiche per il sistema finanziario (individuazione di potenziali soggetti investitori), attività necessarie per l’individuazione di un partner industriale per CARISP e ricerca ed assistenza nella selezione di banche potenzialmente interessate a finanziare il debito pubblico. Peccato che, in oltre un anno, non sia stato raggiunto nessuno dei tre obiettivi indicati;

4)    Il Governo afferma che la consulenza è stata sottoscritta in un momento (giugno – luglio 2012) in cui era molto sentita l’esigenza di trovare finanziatori, sia per la carenza di liquidità nel sistema bancario sia a livello di finanza pubblica per sostenere possibili investimenti e politiche di sostegno allo sviluppo. Appena avviata la consulenza il governo, però è entrato in ordinaria amministrazione e con l’avvio della nuova legislatura anche le esigenze espresse hanno subito dei cambiamenti rendendo difficile anche a Rothschild interpretare le nostre aspettative. E’ stato, quindi, effettuato il pagamento della consulenza (250 mila euro) prima di ottenere una qualche minima prestazione professionale. Solitamente per ragioni garantiste, serietà vorrebbe veder anticipato un acconto per poi saldare a prestazione professionale conclusa. Lascia di stucco poi la risposta del Governo quando afferma che la società non è stata in grado di interpretare le nostre aspettative. Se un professionista non interpreta le ragioni del proprio committente, correttamente, dovrebbe lasciare l’incarico. Non il contrario.

E, secondo questa logica, il Governo avrebbe dovuto chiedere una restituzione della somma pagata.

Siamo di fronte ad una consulenza che mai è stata operativa. E’ lecito chiamarla come una consulenza a ”fondo perduto”?

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